Intelligenza conversazionale e NLP, come metterli al servizio del cliente

Saper ascoltare e personalizzare la customer experience in tempo reale, per dare priorità e contesto alle diversi fonti di dati e programmare una conversazione che accompagni l’utente passo passo alla soluzione del suo problema, siano semplici informazioni o l’acquisto di un prodotto. Ecco le diverse evoluzioni dell’NLP e del marketing conversazionale.

Pubblicato il 11 Ott 2021

Siamo tutti convinti che il marketing conversazionale, l’intelligenza artificiale e i modelli di NLP siano il futuro dell’interazione tra consumatore e azienda. Eppure, quando si prova a usarli, a volte possono risultare non proprio gradevoli. Perché? Oggi il cliente/consumatore vuole tutto e subito, vuole risposte pratiche ai suoi problemi. Non c’è più spazio per semplici interfacce, FAQ mascherate da intelligenza che non rispondono nel modo giusto. La vera intelligenza è saper ascoltare e personalizzare la customer experience in tempo reale, per dare priorità e contesto alle diverse fonti di dati e programmare una conversazione che accompagni l’utente passo passo alla soluzione del suo problema, siano semplici informazioni o l’acquisto di un prodotto. Ecco le diverse evoluzioni dell’NLP e del marketing conversazionale, cosa propone il mercato e per quale motivo i clienti sono stufi di aprire un widget di una chat.

FAQ bot

Si tratta dell’approccio più semplice, più comune e tristemente anche quello che più viene presentato come una soluzione di intelligenza artificiale quando di algoritmi di apprendimento non ce n’è nemmeno l’ombra. Dal termine inglese FAQ (frequently asked questions) o domande frequenti, si tratta semplicemente di creare un archivio con le richieste più comuni dei consumatori sulle quali viene scritta una risposta il più esaustiva possibile; l’accesso alle informazioni viene quindi regolato tramite un’interfaccia. Non è certo possibile fare domande aperte ma si è costretti a seguire una serie di “bottoni” che conducono la “conversazione” verso l’informazione desiderata. Molto spesso questi servizi vengono venduti come servizi intelligenti, creando una semplice interfaccia grafica e l’immagine più o meno realistica di un robot o un umanoide quando, di intelligenza non ce n’è nemmeno una traccia.

Questo non significa che siano servizi inutili, in molti casi è sufficiente aggiungere questo tipo di applicazione per raggiungere l’obiettivo di business che ci si prepone, come diminuire del 10% il volume delle chiamate di un call center. Sono proprio gli obiettivi di business, infatti, che devono guidare la tecnologia e non il contrario, per portare vera innovazione all’interno dei processi, giocando sempre sulla sottile linea tra automazione (e quindi efficienza di tempi e costi) e customer experience. Il problema è come vengono usati, quando sono installati negli e-commerce senza cognizione di causa, provocando nell’utente un senso di frustrazione.

marketing conversazionale

Intent based NLP bot

Una versione leggermente più sofisticata, ma che segue la struttura dell’esempio precedente è l’implementazione di algoritmi di Natural language understanding (NLU) nella fase di intent recognition, ovvero saper collegare una domanda aperta posta da un utente alla FAQ che meglio risponde alle sue richieste. Continua a esserci un percorso strutturato sulla base creata dalle liste di domande guida; tuttavia, anziché lasciare che sia l’utente ad attraversare le diverse domande tramite un albero ramificato sarà sufficiente digitare (o pronunciare in caso di AI voice) la domanda e in caso di matching con la risposta l’informazione verrà visualizzato in modo del tutto naturale. Da una parte è vero che nel caso la domanda sia presente viene fornito all’utente comunque un buon servizio, ma è anche vero che nella maggior parte dei casi una risposta non è presente e questo si traduce nella classica chabot che non è in grado di rispondere al consumatore: l’azienda lascia una percezione di sé distante dall’essere considerata digitalmente matura.

Di nuovo, si tratta di interfacce, di semplici domande programmate in precedenza e mascherate da qualche algoritmo e da una buona user experience. Con un consumatore che chiede tutto e subito, in contesto e personalizzato alle sue esigenze, presentarsi con delle domande non solo è inutile ma anche dannoso, perché rischia di inficiare in pochi secondi di navigazione l’impressione del brand che un utente si forma. Sono tante le aziende che offrono servizi di questo tipo, molte aziende, anche grandi brand, hanno ceduto alle loro offerte “self service”, dove è possibile costruire ‘in casa’ una conversazione per poi essere state deluse dall’esperienza finale ed essersi allontanate dal ‘futuro dell’interazione tra brand e consumatore’.

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Marketing conversazionale: data platform e sistemi informativi

Da questo punto in poi non si tratta più di semplici chatbot e interfacce, ma di vere e proprie piattaforme che, orchestrando diverse fonti di dati, possono davvero fornire un’esperienza personalizzata e degna di essere utilizzata da un’azienda per gestire il contatto con il consumatore, ovvero il marketing conversazionale. Non essendoci solo delle semplici domande dietro alla casella di chat ma le integrazioni con diverse fonti come il CRM, Knowledge Base, catalogo dell’e-commerce, fonti esterne, ERP etc… è possibile fornire informazioni facendo una data strategy sulle informazioni disponibili. Ad esempio, alla richiesta in chat di un consumatore di voler vedere i nuovi modelli di jeans di un particolare brand, facendo accesso a CRM, catalogo e cronologia acquisti sarà possibile consigliare immediatamente i prodotti più vicini al suo interesse e accompagnarlo all’acquisto. Se poi ci aggiungiamo che all’interno della chat è possibile scambiare media, come foto di documenti o QR code per attivazioni in negozio, sentiment analysis sulle risposte dell’utente per individuare rabbia e frustrazione e passare direttamente il contatto a un ‘collega umano’, ecco che ci troviamo su un altro livello dove tecnologia ed experience vanno a braccetto per dare risposte reali e in contesto nel momento del bisogno al consumatore.

La tecnologia non è più un individuare quale possa essere la FAQ più vicina alla richiesta dell’utente, ma creare una data strategy efficace e rilevante a ogni singola richiesta, sapendo interrogare i sistemi informativi al momento del bisogno e interpretare a seconda del contesto. L’utente non vede quanti sistemi ci possano essere dietro a una risposta, quante linee di codice o quanti ingegneri servono per creare una query soddisfacente, sa solo di avere una richiesta ben precisa e di voler dedicare appena qualche secondo per risolverla, prima di abbandonare quel brand. Forse per sempre.

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Marketing conversazionale: apprendimento human-in-the-loop

Ultimo passo in avanti nel marketing conversazionale è saper ascoltare il consumatore e adattarsi alle sue richieste apprendendo in tempo reale, tagliando l’expérience su misura a ogni singola interazione. La vera intelligenza è tale quando si sa adattare a ogni situazione, raccogliere informazioni e reagire in tempo reale. Già con il paragrafo precedente abbiamo visto quanto possa diventare efficace una chat collegata a una data strategy intelligente che sappia collegare le diverse fonti e metterle in contesto. Il vero problema è che il 95% dei visitatori sono anonimi, se ne andranno dal sito senza lasciare alcuna informazione. Il dilemma della personalizzazione è proprio questo: come tagliare un’esperienza su misura quando non ci sono informazioni, quando il contatto non è nel CRM e si interfaccia per la prima volta?

Qui entra in gioco il concetto di apprendimento human-in-the-loop. La personalizzazione deve avvenire in maniera istantanea, a ogni risposta, a ogni interazione, l’intelligenza dietro ai touchpoint deve saper continuare la conversazione per acquisire più dati possibile, catturare l’attenzione del consumatore e arricchire i sistemi informativi cui è collegata di tutti i dati di prima parte che l’utente comunica insieme alla volontà di accettare i termini di servizio perché favoriscono la sua navigazione e non le strategie commerciali dell’azienda. Ogni azienda, chatbot o interfaccia, deve non solo saper rispondere ma soprattutto ascoltare per poter fornire osservazioni più rilevanti, creare una migliore data strategy e saper dare priorità a quale informazione e in quale momento. Senza dimenticare che il consumatore vive e interagisce tra canali digitali multipli e mondo fisico (phygital).

Conclusioni

La vera sfida del marketing conversazionale sarà quella di rispondere in tempo reale su ogni singolo touchpoint, fornire informazioni concrete e in contesto organizzando le informazioni raccolte su ogni punto di contatto per dare quella sensazione di azienda matura che si muove in modo sincronizzato ovunque e comunque si interagisca con essa.

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