Chatbot, i giorni della rivoluzione: così trema il mercato tech

Microsoft con OpenAI, Google con Bard, il cinese Baidu con il suo Ernie Bot, Meta con BlenderBot, che però non è mai decollato. Secondo molti osservatori influenti siamo alla fase di start e tutti i competitor hanno ancora le stesse chance di riuscita

Pubblicato il 10 Feb 2023

Alessandro Longo

Direttore AI4business.it e Agenda Digitale

Immagine generata da DALL-E di OpenAI

Le intelligenze artificiali generative, in particolare quelle testuali – conversazionali, i chatbot, hanno scosso nel profondo il mondo del digitale e anche parti della società tutta.

Da sole cominciano già a trasformare ambiti diversi, dalla scuola, al marketing, al giornalismo. E a mettere in discussione equilibri consolidati da decenni, in particolare il super lucrativo business dei motori di ricerca, dominato (al 90%) da Google.

Com’è noto, ad avere dato il via a questa escalation nell’evoluzione dei motori di ricerca e browser Web è stata Microsoft con OpenAI e il suo acclamato ChatGPT, il chatbot in grado di scrivere testi in base a specifiche richieste.

Una funzionalità che, se abbinata alle query di ricerca, consente di ottenere risultati molti più accurati e completi rispetto a quanto è stato possibile finora. A soli due mesi dal suo lancio, ChatGPT è considerata l’app consumer in più rapida crescita mai apparsa (100 milioni di utenti) e può godere del generoso sostegno di Microsoft (che vi ha investito circa 13 miliardi di dollari), la quale ha da qualche giorno integrato la tecnologia (per giunta migliorata) nel suo motore di ricerca Bing e nel browser Edge.

Microsoft Bing Edge AI

La risposta di Google non si è fatta attendere. Lo scorso 7 febbraio l’amministratore delegato, Sundar Pichai, ha annunciato in un post sul suo blog che l’azienda sta per lanciare un nuovo servizio di intelligenza artificiale chiamato Apprentice Bard. Senza però fornire i tempi precisi. Ad oggi si sa che intende integrare il bot in modo diverso rispetto a Microsoft, nella ricerca, per salvaguardarne l’utilizzo standard, la sopravvivenza dei siti che vivono di risultati organici e il business pubblicitario della stessa Google. Microsoft, che da Bing guadagna molto di meno, ha quasi nulla da perdere, invece.

Google ha citato, per spiegare i propri indugi, anche il bisogno di testare meglio il prodotto contro il rischio di errori o utilizzi non etici. Microsoft invece ha preferito partire subito, anche se in modalità test per ora chiuso (e con una lista di attesa), con un disclaimer su possibili errori. Ha applicato inoltre diversi filtri etici, migliorando quelli già presenti in ChatGpt.

E si prepara anche Ernie Bot di Baidu, il gigante dei motori di ricerca cinese, che ha dichiarato di voler lanciare il proprio servizio “in stile ChatGPT” a marzo.

Basato su un modello linguistico sviluppato nel 2019, il progetto Ernie si è evoluto, consentendo agli utenti di scrivere poesie e articoli o utilizzare istruzioni di testo per generare automaticamente immagini; ora è al suo terzo aggiornamento. Secondo un portavoce di Baidu, i ricercatori “lavorano continuamente” per aggiornare la tecnologia e consentire al modello di apprendere più compiti come gli umani.

Ma in gioco non ci sono solo le grandi aziende, come evidenziato in una recente inchiesta dell’Economist. Start-up come Anthropic e Character AI hanno realizzato i propri modelli sfidanti di ChatGPT. Stability AI, una startup che ha riunito un consorzio di piccole imprese, università e organizzazioni non profit per mettere in comune le risorse informatiche, ha creato un popolare modello open source che converte il testo in immagini. In Cina, organizzazioni sostenute dal governo, come l’Accademia di Intelligenza Artificiale di Pechino (BAAI) sono in prima fila nella ricerca nel campo dell’AI.

ChatGPT

Perché ChatGPT ha bisogno di Microsoft per competere con Google

Partiamo subito dai numeri: ChatGPT ha più di 100 milioni di utenti, tanti se si pensa alla sua giovane età, ma Google ha un miliardo di utenti attivi ogni giorno. Bard di Google ha quindi una portata potenziale molto più grande e una quantità di feedback in tempo reale pressoché illimitata.

Non bisogna poi dimenticare che ChatGPT, nella versione beta attualmente disponibile, è ferma alle informazioni del 2021. Bard di Google non ha questo problema, vista la disponibilità immediata della mole di dati del motore di ricerca più usato al mondo.

ChatGPT parte quindi svantaggiato? Non proprio: il software sviluppato da OpenAI esiste già ed è stato utilizzato milioni di volte, mentre quello di Google è ancora in fase embrionale. Inoltre, la potenza economica di Microsoft potrebbe permettere a ChatGPT di colmare almeno in parte il gap di informazioni con Google.

ChatGPT business
Sundar Pichai, amministratore delegato di Google AI

In effetti, come emerso da numerose prove indipendenti del nuovo Bing, Microsoft ha utilizzato una API di ChatGPT per fare una indicizzazione dei risultati della ricerca. L’AI quindi sfrutta su Bing in modo complementare questi risultati, in aggiunta alla propria base di conoscenza, formata con l’addestramento precedente (lungo e costoso vari milioni di dollari).

Ogni volta che l’utente fa la domanda, l’AI impiega circa un minuto per elaborare i risultati di ricerca e fornire una risposta. Molto più lento rispetto alla fornitura di risultati nel vecchio modo; ma utile in modo complementare, appunto, per avere risposte pronte, che per altro possono essere anche fruite in modo conversazionale e interazionale. L’utente può insomma fare domande al chatbot integrato in Bing e avere altre informazioni, sia basate sui risultati sia che si avvalgono dell’addestramento precedente.

Meta

Due settimane prima che ChatGPT apparisse, Meta, proprietario di Facebook, WhatsApp e Instagram, aveva presentato un suo chatbot chiamato Galactica. Progettato per la ricerca scientifica, poteva scrivere istantaneamente articoli, risolvere problemi matematici, generare codice informatico e annotare immagini.

Come ChatGPT, anche Galactica ha giocato subito le sue carte, inventando prove matematiche, travisando date storiche e storie… Un utente ha convinto il chatbot a parlare della storia degli orsi nello spazio… E quando gli è stato chiesto chi gestisce la Silicon Valley, Galactica ha risposto: ”Steve Jobs”.

A differenza di OpenAI, Meta ha incontrato una valanga di lamentele sulle disavventure di Galactica. Quindi, dopo soli tre giorni, la società, già impegnata a difendersi dalle accuse di diffondere disinformazione e incitamento all’odio attraverso le sue app social network, ha rimosso Galactica da Internet.

Negli ultimi anni, Meta ha spostato la sua attenzione su un’altra area tecnologica: il mondo immersivo del cosiddetto Metaverso.

Meta, comunque, sta accelerando i suoi sforzi per mettere i prodotti basati sull’intelligenza artificiale nelle mani dei clienti, afferma Irina Kofman, direttore senior della gestione dei prodotti per l’intelligenza artificiale generativa che supervisiona XAI, un nuovo team che mira a contribuire alla creazione di prodotti di intelligenza artificiale. Zuckerberg è direttamente coinvolto nella guida delle iniziative, tenendo incontri settimanali con i leader di prodotto e i migliori ricercatori di intelligenza artificiale, ha affermato la Kofman.

In un incontro con gli investitori, Zuckerberg ha ripetutamente menzionato l’intelligenza artificiale. L’ha definita ”il fondamento del nostro motore di scoperta e della nostra attività pubblicitaria” e ha aggiunto che ”consentirebbe molti nuovi prodotti e trasformazioni aggiuntive all’interno delle nostre app”.

Durante una discussione online, nel mese di gennaio, LeCun ha descritto ChatGPT come ”non particolarmente innovativo” e ”niente di rivoluzionario” perché si basa su tecnologie già sviluppate e implementate da Meta, Google e altre società.

All’inizio del 2022, Meta ha rilasciato un chatbot, BlenderBot, allo “stato dell’arte”, secondo LeCun. Ma non ha mai preso piede, perché Meta vi aveva lavorato fortemente per garantire che non avrebbe prodotto materiale offensivo.

Chi è in testa alla gara dell’AI?

È un mondo in forte evoluzione. Un test dell’Economist su Bard (ancora non disponibile al pubblico) evidenzia che non se la cava né meglio né peggio di ChatGPT. In generale, in questo mercato secondo molti esperti nessuno può avere un vantaggio di più di 2-6 mesi di tempo, perché c’è una forte condivisione di saperi e riciclo di professionalità.

I ricercatori dei laboratori concorrenti “si frequentano tutti”; molti di loro si spostano tra le organizzazioni, portandosi dietro le competenze e l’esperienza (come accade con la start-up Anthropic, fondata da ex di OpenAI). Google ha reso pubblici i suoi progressi, tra cui il ”trasformatore” (transformer, la T che compone la sigla GPT), un elemento chiave nei modelli di intelligenza artificiale, dando ai suoi rivali un vantaggio. Come risultato di tutto questo, Yann LeCun, il principale guru di Meta per l’intelligenza artificiale, si dice convinto che ”nessuno è davanti a nessun altro da due a sei mesi”.

Questa è la situazione attuale, ma i laboratori di ricerca potrebbero non rimanere testa a testa ancora per molto. Una variabile che potrebbe fare la differenza nel determinare l’esito della gara è il modo in cui sono organizzati i laboratori. L’intelligenza artificiale “aperta”, una piccola azienda con pochi flussi di entrate da proteggere, potrebbe trovarsi con più libertà rispetto ai concorrenti per rilasciare prodotti al pubblico. Ciò a sua volta sta generando tonnellate di dati degli utenti che potrebbero migliorare i suoi modelli (”apprendimento per rinforzo dal feedback umano”) e quindi attirare più utenti.

Questo vantaggio della prima mossa potrebbe essere auto-rinforzante anche in un altro modo. Gli addetti ai lavori notano che i rapidi progressi di OpenAI negli ultimi anni le hanno permesso di accaparrarsi esperti da società rivali, tra cui DeepMind. Per tenere il passo, Alphabet, Amazon e Meta potrebbero aver bisogno di riscoprire la loro capacità di muoversi velocemente, compito delicato dato il pressante controllo normativo esercitato nei loro confronti dai governi di tutto il mondo.

Un altro fattore decisivo può essere il percorso di sviluppo tecnologico. Finora nell’AI generativa, più grande ha significato meglio. Ciò ha dato ai giganti della tecnologia, pieni di risorse economiche, un enorme vantaggio. Ma le dimensioni potrebbero non essere tutto in futuro. Per prima cosa, ci sono limiti a quanto possono essere grandi i modelli. Epoch, un istituto di ricerca senza scopo di lucro, stima che ai tassi attuali i grandi modelli linguistici esauriranno il testo di alta qualità su Internet entro il 2026 (anche se altri formati meno sfruttati, come i video, rimarranno abbondanti per un tempo maggiore).

Il capitale che fluisce nelle start-up di generative-AI, che l’anno scorso hanno raccolto collettivamente 2,7 miliardi di dollari in 110 operazioni, suggerisce che i venture capitalist stanno scommettendo sul fatto che non tutto il valore sarà catturato dai grandi colossi tecnologici. Naturalmente, Alphabet, Microsoft e il Partito Comunista Cinese cercheranno di dimostrare che questi investitori si sbagliano…

La gara, quindi, è iniziata e l’esito finale determinerà quanto velocemente nascerà l’era dell’intelligenza artificiale per gli utenti di computer di tutto il mondo e chi sarà a dominarla.

In palio non c’è solo il dominio sull’AI, ma – come oramai sembra evidente – su tutta una nuova era tecnologica.

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