Utilizzo di droni: le problematiche etico-giuridiche

È necessario fare una seria riflessione sull’uso e la sorveglianza condotta tramite droni, su come il loro impiego si ripercuota sui diritti dei cittadini e sulla loro efficacia nel contrastare fenomeni come la pandemia in atto

Pubblicato il 03 Set 2020

Luigi Mischitelli

Legal & Data Protection Specialist - Fondazione IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza.

Droni - concept

I droni sono spesso visti come un’arma, un dispositivo di spionaggio o solo come un nuovo strumento per consegnare generi di prima necessità, medicine e prodotti commerciali. Dall’inizio della pandemia Covid-19, però, i droni hanno acquisito un nuovo ruolo. Come abbiamo appurato, ora consegnano forniture mediche in comunità vulnerabili e spesso isolate in paesi come Ruanda, Ghana e Cile. In Cina, Brasile e India, i droni vengono utilizzati per disinfettare gli spazi pubblici, soprattutto nelle aree più disagiate.

Ma le capacità di sorveglianza di questa tecnologia sollevano lo spettro di una forma digitale di autoritarismo e di una corrispondente erosione dei nostri diritti umani.

Le ricadute sui diritti dei cittadini

Un tribunale di Parigi ha recentemente sospeso l’uso della sorveglianza del drone Covid-19 nella capitale francese fino a quando non saranno affrontati i problemi e gli obblighi in materia di privacy e protezione dei dati personali che, per via del GDPR, sono stringenti. Quando i governi iniziano a uscire dall’isolamento, è imperativo valutare le implicazioni a lungo termine dei droni sui diritti umani e la probabilità che il loro uso continui nel periodo post-pandemia. Come abbiamo visto, in molti paesi, i droni della polizia vengono utilizzati per monitorare il rispetto delle norme di isolamento e per incoraggiare o far rispettare la distanza sociale. Queste sono strategie centrali nella lotta contro il virus. Ma questo comporta la raccolta di un gran numero di dati personali, come i luoghi che tali dispositivi visitano e le motivazioni connesse. Ad esempio, la polizia inglese ha utilizzato i filmati dei droni per individuare le persone che hanno visitato un parco nazionale durante l’isolamento. Anche se la polizia che utilizza questa tecnologia non riconosce le persone in tali filmati, in teoria potrebbe aver accesso a reti di telecamere a circuito chiuso dotate di tecnologia di riconoscimento facciale e utilizzate per identificare gli individui. Questa è una preoccupazione particolare, perché le immagini del volto che vengono registrate per motivi di salute potrebbero essere “riadattate” dalle forze dell’ordine. Non bisogna mai dare per scontato che i dati raccolti per uno scopo non saranno utilizzati per un’altra finalità senza che la persona ne sia informata e abbia prestato il suo consenso. Ci sono già preoccupazioni per l’accesso ai dati sanitari (dati relativi alla salute) che alcune aziende private hanno avuto durante la pandemia. E si teme persino che i droni cinesi possano condividere i dati con il governo cinese.

Nel mondo si fa un gran parlare del termine “dato anonimo”, ossia quel dato non riconducibile a una persona identificata o identificabile. Anche gli utilizzatori dei droni usano tale termine, affermando che tali dati particolari acquisiti (es. relativi alla salute) rimarranno anonimi. Dichiarazioni che si scontrano con la realtà, in quanto l’utilizzo dei droni si configura come un trattamento di dati “in chiaro”. I sostenitori delle libertà civili negli Stati Uniti, così come i loro omologhi in Francia, hanno evidenziato una serie di preoccupazioni che i droni dotati di telecamere possano essere utilizzati per identificare gli individui con le loro informazioni in chiaro.

Accanto ai droni “con telecamera” vi sono i cosiddetti “droni urlanti”, ossia dotati di un altoparlante, che vengono utilizzati per diffondere messaggi di salute pubblica. Per esempio, le autorità locali su una spiaggia vicino ad Atene usano un drone per trasmettere “messaggi altisonanti” circa il distanziamento sociale. Ma i droni in altre località sono stati usati anche per emettere avvertimenti verbali e “far vergognare” pubblicamente le persone che violano le regole sociali sulla distanza o che sono all’esterno, in pubblico, senza indossare una mascherina. Questo uso dei droni è intimidatorio e viola la dignità delle persone a detta delle associazioni per le libertà civili americane.

I limiti all’utilizzo dei droni

Alcuni sostengono che l’uso di strumenti di sorveglianza come i droni ha un prezzo che vale la pena pagare se aiuta a controllare la diffusione delle infezioni. Ma i droni offrono una soluzione tecnologica semplicistica a una complessa crisi di salute pubblica. L’impiego troppo zelante dei droni di sorveglianza rischia di minare la fiducia dei cittadini nella polizia, negli enti pubblici e nelle misure di blocco e contenimento. Molti sono anche preoccupati che l’utilizzo di una crisi sanitaria per giustificare l’introduzione della sorveglianza pubblica permetta di estendere l’utilizzo di tale tecnologia per un tempo indefinito. Per evitare che questo scenario si verifichi, è necessario fare una seria riflessione sull’uso e la sorveglianza condotta tramite droni, su come il loro impiego si ripercuota sui diritti dei cittadini e sulla loro efficacia nel combattere la pandemia. Le azioni intraprese durante questa crisi sanitaria, e l’uso delle tecnologie che le implementano, devono essere legittime, necessarie, proporzionate e limitate nel tempo. L’uso della sorveglianza mediante droni deve essere attentamente bilanciato con la tutela dei diritti umani. Deve essere sottoposto a un’analisi etica solida e indipendente ed essere sottoposto a una valutazione d’impatto sui diritti e le libertà dei cittadini interessati. Senza questi prerequisiti, i droni potrebbero diventare un elemento chiave di un’architettura di sorveglianza che potrebbe durare nel tempo.[1]

Le misure adottate in Usa

Nel febbraio 2012 il Congresso degli Stati Uniti approvò il FAA Modernization & Reform Act, che creò una road map quadriennale per l’introduzione dei droni nello spazio aereo statunitense. Se, come abbiamo visto, tutti hanno familiarità con l’uso dei droni nella sorveglianza Covid-19 e nel delivery, pochi sembrano fermarsi a considerare le questioni legali ed etiche dell’uso dei droni nell’invasione della privacy dei cittadini. La preoccupazione per l’invasione della privacy, in particolare quando si tratta di proprietà private, è stata a lungo un problema legato alla raccolta di informazioni geografiche, siano esse ottenute via satellite o con aerei, sia che siano ottenute tramite droni. Per rispondere ad alcune di queste preoccupazioni etiche e legali, alcuni operatori di droni commerciali hanno adottato una dichiarazione di responsabilità e una dichiarazione etica sull’uso dei droni, impegnandosi a garantire che il servizio condotto mediante droni non violi la sicurezza e la privacy dei cittadini. Nel settembre del 2013 la FAA pubblicò un documento intitolato “Integration of Civil Unmanned Aircraft Systems (UAS) in the National Airspace System (NAS) Roadmap”.

Nel 2013 la FAA autorizzò le prime quattro società a far volare i loro droni commerciali negli Stati Uniti. Permettere l’uso commerciale dei droni ha sollevato diverse questioni etiche negli Usa, come il problema dei posti di lavoro. I droni creano più disoccupazione e sottoccupazione? Riducono i salari? Oppure, in generale, ci allontanano di un passo dall’essere una società che si prende cura di noi stessi? Forse è troppo presto per rispondere a queste domande. Ciò che è certo è che la meccanizzazione e la tecnologia hanno sicuramente i loro lati positivi, ma dato che tutti sono indissolubilmente legati ai propri dispositivi elettronici, con molte persone che li usano per tessere rapporti sociali, è probabile che l’uso dei droni per scopi commerciali esacerberà ulteriormente il contatto umano. È facile dare la colpa al drone per una mancata consegna, poiché – per ora! – non può ancora rispondere alle lamentele. È molto più umano discutere la questione con la persona che ha la responsabilità delle consegne e raggiungere una soluzione del problema. È necessario stilare delle linee guida etiche per stabilire dei limiti sull’uso corretto e improprio dei droni. La domanda è: chi lo farà? I droni possono essere utilizzati per le fotografie aeree, anche se tali dispositivi non sono affatto limitati a questa funzione. Ad esempio, la capacità di scattare fotografie dal cielo rende i droni un potente strumento nelle mani di un giornalista. Ma il punto di osservazione offre anche la possibilità di abusi, soprattutto in termini di privacy e sicurezza. Come per la maggior parte dei progressi tecnologici, le leggi non hanno tenuto il passo con l’uso avanzato di tale tecnologia. Ci vorrà molto tempo per sviluppare standard etici per l’uso commerciale dei droni, pacifico che è necessario iniziare sin da ora a proteggere gli interessi della società e creare un ambiente per un’azione responsabile.[2]

Droni e altre tecnologie per il delivery

Se c’è un posto al mondo che si è preparato al meglio (e senza saperlo!) per la quarantena, quel posto è la città britannica di Milton Keynes. Due anni prima della pandemia, una start-up chiamata Starship Technologies dispiegò una flotta di robot per il delivery nella comunità sita a nord-ovest di Londra. I robot a sei ruote utilizzati fecero la spola tra la spesa e gli ordini per i pranzi e cene a domicilio, presso abitazioni private e uffici. Mentre il Covid-19 si diffondeva, Starship ha posto la sua intera flotta al servizio dei cittadini in quarantena, permettendo acquisti senza alcun contatto umano. Questa improvvisa utilità dei robot per il delivery è solo l’antipasto di quello che un giorno potrebbe realizzarsi in più parti del mondo. Milton Keynes, con una popolazione di 270mila abitanti e una vasta rete di piste ciclabili, è perfettamente adatta ai robot su ruote. La domanda di consegne a domicilio è stata così alta nelle ultime settimane, che alcuni residenti hanno passato giorni a cercare di programmare una consegna.

Negli ultimi anni, aziende dalla Silicon Valley a Somerville, Massachusetts, hanno investito miliardi di dollari nello sviluppo di diverse tecnologie, dalle auto a guida autonoma ai robot da magazzino. La tecnologia sta migliorando rapidamente. I robot possono aiutare con le consegne, il trasporto e la produzione. Una residente di Milton Keynes utilizza robot di consegna per alcuni dei suoi prodotti alimentari. Ma anche compiti semplici come la consegna robotizzata devono ancora affrontare una miriade di ostacoli tecnici e logistici. I robot di Milton Keynes, ad esempio, possono trasportare non più di due sacchi di generi alimentari per volta. Una pandemia può aumentare la domanda, ma non cambia ciò che si può mettere in atto. Infatti vi è un limite a ciò che un “delivery bot” può portare al domicilio di una persona. E questo i “veterani” dell’industria lo sanno bene. La già esaminata azienda Zippy, di San Francisco, si è rapidamente trovata di fronte a delle sfide fin dalla sua fondazione. I suoi robot potevano muoversi solo al ritmo “da marciapiede”, ossia a circa 2 km/h. Questo rappresentava un forte limite, in particolare per il trasporto di cibi caldi, che arrivavano freddi, e di surgelati che arrivavano scongelati. Talché la soluzione dovette traslare sulle strade, portando il robot per le consegne a velocità più sostenute.

Starship Technologies, con sede a San Francisco, ha implementato la maggior parte dei suoi robot nei campus universitari degli Stati Uniti. Dotati di telecamere, radar e altri sensori, i robot navigano facendo corrispondere l’ambiente circostante alle mappe digitali costruite dall’azienda in ogni nuova località. L’azienda ha scelto la città di Milton Keynes per una più ampia diffusione, anche perché, per come era costruita la città, i robot potevano circolare con relativa facilità. Costruita dopo la Seconda Guerra Mondiale, la città è stata pianificata con cura, con la maggior parte delle strade disposte a griglia e le piste ciclabili e pedonali – chiamate “redways” – che la costeggiano.

Quando i robot della Starship arrivarono a Milton Keynes, una delle città in più rapida crescita della Gran Bretagna, la cittadina Liss Page pensò che fossero inutili, per poi ricredersi. Infatti all’inizio di aprile 2020, la signora Page aprì una lettera del Servizio Sanitario Nazionale che le consigliava di non uscire di casa perché l’asma e altre condizioni la rendevano particolarmente vulnerabile al Covid-19. Nelle settimane successive, i robot fornirono una connessione con il mondo esterno. Tuttavia, come i furgoni della drogheria che consegnano ordini in tutta la città, i robot Starship sono alla fine limitati da quello che c’è sugli scaffali. I residenti di Milton Keynes impostano le consegne attraverso un’App per smartphone. Di solito pagano una sterlina (1,11 euro) per ogni consegna, ma la Starship ha recentemente aumentato il prezzo fino a 2 sterline poiché questo sono periodi di maggiore affluenza. Tuttavia, i robot consegnano gratuitamente la spesa a medici, infermieri e altri dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale britannico. La flotta di 80 robot si espanderà presto a 100 unità. Anche se questo potrebbe essere il più esteso dispiegamento di robot di consegna al mondo, ne stanno spuntando altri in diversi paesi.

A Milton Keynes, Starship ha gradualmente ampliato la portata del suo servizio, raddoppiando la sua flotta e collaborando con diversi nuovi negozi di alimentari. Recentemente ha avviato un servizio a Chevy Chase, Maryland, non lontano da Washington D.C. L’azienda è in grado di creare mappe digitali per i robot in pochi giorni. Ma per quanto la pandemia abbia sollevato e fatto crescere startup come Starship, ha comportato anche aspetti negativi. Molti dei campus universitari in cui Starship ha dispiegato i suoi robot sono stati chiusi. Sebbene l’azienda abbia lavorato per spostare quei robot in località vicine, è stata costretta a licenziare dipendenti e appaltatori. Janel Steinberg, una portavoce dell’azienda, ha affermato che i tagli consistevano principalmente nel riequilibrare la forza lavoro dell’azienda per adattarsi alla domanda in diverse località.

Nuro, una start-up nella Silicon Valley, ha promesso da tempo robot più grandi che possono essere dispiegati sulle strade pubbliche. Ma non ha ancora implementato questi robot, e come la maggior parte delle aziende automobilistiche, Nuro è stata costretta a limitare i suoi test. Piuttosto che fare consegne, i suoi robot fanno la spola tra un vecchio stadio di basket di Sacramento che è stato convertito in un ospedale temporaneo e l’azienda stessa.

Al termine della disamina però, vi è da dire che sia robot da delivery che i droni commerciali richiedono l’aiuto umano. Le aziende devono monitorare il progresso di ogni robot da lontano e, se qualcosa va storto, gli operatori – da remoto – intervengono. Con il distanziamento sociale, questo è diventato più difficile. Gli operatori che lavorano da remoto, che una volta lavoravano nei call center delle aziende, continuano a lavorare da casa. Con tutti i pro e i contro che questa soluzione comporta.[3]

  1. Coronavirus: drones used to enforce lockdown pose a real threat to our civil liberties. The Conversation Trust. https://theconversation.com/coronavirus-drones-used-to-enforce-lockdown-pose-a-real-threat-to-our-civil-liberties-138058
  2. Legal and Ethical Concerns of Commercial Drone Use. Workplace Ethics Advice. https://www.workplaceethicsadvice.com/2016/04/legal-and-ethical-concerns-of-commercial-using-drones.html
  3. A city locks down to fight coronavirus, but robots come and go. New York Times.

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