AI e chirurgia: verso i robot che operano in autonomia

Sfruttando le competenze acquisite con le auto a guida autonoma, i droni autonomi e i robot di magazzino, e utilizzando molte delle stesse tecnologie, i ricercatori stanno lavorando per rendere più intelligenti anche i robot chirurgici

Pubblicato il 09 Lug 2021

Andrea Benedetti

Data strategist, Microsoft Italia

Ai robot

Molto probabilmente, l’immagine di un chirurgo seduto davanti a un monitor di un pc che opera muovendo due maniglie non è nuova. In molti hanno già visto, oppure letto, della capacità di istruire e far eseguire dei comandi a un robot, tramite il movimento che il medico applica a due manopole. Con tecnologie come queste, i chirurghi possono effettuare da tempo operazioni, poco invasive, mentre sono seduti davanti a un computer. Analizziamo qual è lo stato dell’arte della robotica e dell’intelligenza artificiale applicate alla chirurgia.

Esercitazioni con i robot

ai chirurgia
Danyal Fer

La vera novità è arrivata quando, durante una dimostrazione, il dottor Danyal Fer, lasciando le sue manopole, ha consentito a un computer di procedere in autonomia con l’operazione in corso. Il dottor Fer, chirurgo presso l’Università della California – San Francisco East Bay e capitano della United States Air Force, è attualmente Surgical Translational Research Lead in Applied Research presso la Johnson and Johnson Medical Device. Il suo ambito principale è occuparsi di ricerca relativa all’azione chirurgica utilizzando la robotica e l’intelligenza artificiale.

Proprio con questa dimostrazione si è evidenziata la direzione degli attuali sviluppi, e come si spera, di far progredire lo stato dell’intelligenza artificiale applicata alla chirurgia: quando il dottor Fer ha lasciato andare le maniglie, mentre lui e gli altri ricercatori presenti assistevano, il robot ha iniziato a muoversi in completa autonomia. Con un piccolo braccio, la macchina ha sollevato un minuscolo anello di plastica da un altrettanto minuscolo piolo sul tavolo, ha passato l’anello da un braccio a un altro, lo ha spostato sul tavolo e lo ha attaccato con cautela a un nuovo piolo (video). Il robot ha continuato a fare le stesse operazioni con molti altri anelli, completando il compito con la stessa rapidità e precisione con cui era stato guidato fino a poco prima dal dottor Fer.

Questo esercizio è stato originariamente pensato proprio per gli esseri umani: spostare gli anelli da un piolo all’altro è il modo in cui i chirurghi imparano a far funzionare robot come quello utilizzato nella dimostrazione. Oggi, invece, il test eseguito da un robot intelligente ha dimostrato che una macchina può essere in grado di eseguire il test, eguagliando o addirittura superando un essere umano in destrezza, precisione e velocità di esecuzione.

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AI e chirurgia, la ricerca fa progressi

Questo progetto, in realtà, fa parte di una ricerca e di uno sforzo molto più ampi per portare l’intelligenza artificiale in sala operatoria: sfruttando le competenze acquisite e utilizzando molte delle stesse tecnologie alla base delle auto a guida autonoma, dei droni autonomi e dei robot di magazzino, i ricercatori stanno lavorando per rendere più intelligenti anche i robot chirurgici.

Siamo ancora ancora lontani dall’uso quotidiano, ma i progressi stanno accelerando e le evoluzioni sono molto interessanti.

Come ha affermato Russell Taylor, professore alla Johns Hopkins University ed ex ricercatore IBM, noto nel mondo accademico come il padre della chirurgia robotica, “è un momento emozionante, siamo dove speravo che saremmo stati 20 anni fa.”

L’obiettivo, naturalmente, non è quello di allontanare o rimuovere i chirurghi dalle sale operatorie, ma di alleggerire il loro carico, affiancarli in attività che possano essere svolte, con velocità e precisione, “senza fatica”, automatizzando particolari fasi dell’intervento, dalle macchine e – forse – anche aumentare la qualità e, in generale, il tasso di successo.

È utile notare come le macchine possano già superare la precisione umana in alcune attività chirurgiche, come inserire uno spillo in un osso (un compito particolarmente rischioso durante le operazioni a ginocchio e anca). Oggi, gli sforzi e le ricerche si stanno concentrando in aree dove l’intelligenza artificiale possa portare una maggiore precisione e qualità del risultato come, ad esempio, incisioni o suture.

I medici, in quanto esseri umani, non sono perfetti: anche se conoscono bene un protocollo chirurgico, possono facilmente stancarsi durante lunghi interventi chirurgici e diventare più inclini all’errore. L’idea di base di queste ricerche, quindi, è come poter amplificare le capacità dei medici semplificando la loro vita e migliorando i risultati medici.

AI e chirurgia: robot che suturano e operano

Per molti ricercatori, l’automazione chirurgica sta vivendo un progresso molto simile a quello che stiamo vedendo con le capacità di guida autonoma delle autovetture: auto in grado di guidare da sole, mentre – comunque – chi si trova al posto di guida può tenere le mani sul volante per poter intervenire in qualsiasi momento.

Per molti è impossibile pensare di automatizzare l’intero processo, almeno non senza la supervisione umana, ma è possibile iniziare a costruire strumenti di automazione che semplifichino un po’ la vita di un chirurgo.

Già cinque anni fa, i ricercatori del Children’s National Health System di Washington DC, hanno progettato un robot in grado di suturare in maniera autonoma l’intestino di un maiale durante un intervento chirurgico: certamente un interessante passo avanti verso il tipo di futuro che si sta immaginando. A onor del vero, in quella occasione, i ricercatori avevano impiantato minuscoli marcatori nell’intestino del maiale in grado di emettere una luce infrarossa per aiutare a guidare i movimenti del robot.

Questo metodo, tutt’altro che pratico, è stato rimosso nel tempo grazie agli incredibili miglioramenti che, negli anni, si sono raggiunti in merito alla visione artificiale, ovverosia a tutto quello che riguarda il riconoscimento automatico.

Il grande cambiamento è guidato dal deep learning, le reti neurali: sistemi matematici che possono apprendere abilità analizzando grandi quantità di dati.

Per semplificare: analizzando migliaia di foto di gatti, ad esempio, una rete neurale può imparare a riconoscere un gatto. Allo stesso modo, quindi, una rete neurale può imparare dalle immagini catturate dai robot chirurgici.

I robot chirurgici sono dotati di telecamere che registrano video tridimensionali di ogni operazione. Il video, durante l’operazione, viene visto anche dai chirurghi che sono così in grado di guardare dallo stesso punto di vista del robot e sono in grado di intervenire in qualsiasi momento.

Poi, in seguito, queste riprese mostrano come vengono eseguiti gli interventi chirurgici potendo:

  • aiutare i nuovi chirurghi a capire come utilizzare questi robot
  • aiutare ad addestrare i robot a gestire le attività da soli.

Allo stesso modo, analizzando le immagini che mostrano come un chirurgo guida il robot, una rete neurale può apprendere le stesse abilità.

Grazie a questi studi e a queste tecniche, i ricercatori hanno lavorato per automatizzare il loro robot: una macchina a due bracci che aiuta i chirurghi a eseguire più di un milione di procedure all’anno.

Il dottor Fer e i suoi colleghi hanno raccolto le immagini del robot che muoveva gli anelli di plastica mentre era sotto il controllo umano. Quindi hanno fatto in modo che il loro sistema imparasse da queste immagini, individuando i modi migliori per afferrare gli anelli, passarli tra i bracci e spostarli su nuovi pioli.

Anche i robot possono avere dei problemi

Anche questo processo ha avuto delle problematiche: quando il sistema diceva al robot dove muoversi, il robot spesso mancava il punto per pochi millimetri. Questo perché, in anni di utilizzo, i numerosi cavi metallici all’interno dei bracci del robot si sono piegati e sono stati mossi in tanti piccoli modi. Questo ha fatto si che i suoi movimenti non fossero assolutamente precisi come avrebbero dovuto essere.

È interessante notare come i chirurghi, gli operatori umani, sarebbero stati in grado di compensare questo spostamento, inconsciamente. Ma il sistema di intelligenza artificiale, in autonomia, non poteva. Il team dei ricercatori, quindi, ha deciso di costruire una nuova rete neurale in grado di analizzare gli errori del robot e fosse così in grado di imparare quanta precisione perdeva ogni giorno che passava.

In sostanza, il sistema diventa così in grado di imparare come le articolazioni del robot si evolvono nel tempo così che, una volta che il sistema automatizzato potrebbe tenere conto di questo cambiamento, il robot potrebbe affrontare il suo compito, adeguandosi alle prestazioni degli operatori umani. Naturalmente, la strada è ancora lunga e piena di ostacoli: una cosa è spostare anelli di plastica, un’altra è tagliare e suturare.

Quello che ci si immagina è che, per il prossimo futuro, l’intelligenza artificiale sarà qualcosa che affiancherà i chirurghi piuttosto che sostituirli. Questo potrebbe avere effetti molto interessanti: i medici, ad esempio, potrebbero eseguire interventi chirurgici su distanze molto grandi, come essere in grado di aiutare i soldati feriti su campi di battaglia lontani.

Oggi, il ritardo del segnale è troppo grande per renderlo realmente possibile. Ma se un robot potesse gestire almeno alcuni dei compiti da solo, la chirurgia a lunga distanza potrebbe diventare praticabile.

Alcuni ricercatori si spingono oltre: “Quando inizieremo a operare le persone sulla Luna, i chirurghi avranno bisogno di strumenti completamente nuovi”…

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