L’Intelligenza Artificiale aiuta a riorganizzare il business e il lavoro: lo dicono le aziende

Pubblicato il 13 Set 2017

intelligenza artificiale

Arriva un’altra conferma sul valore e l’impatto (positivo!) dell’Intelligenza Artificiale nelle aziende. Dopo i risultati dell’estesa indagine condotta da Capgemini, un recente report di The Boston Consulting Group e MIT Sloan Management Review dimostra che la riduzione della forza lavoro è temuta solo da meno della metà dei manager (47%), convinti invece delle potenzialità (l’85% degli interpellati pensa che permetterà alle aziende di guadagnare e mantenere un vantaggio competitivo).

IA Intelligenza Artificiale – Aspettative altissime

Le aziende sono ancora agli albori sia nella conoscenza sia nell’applicazione dell’Intelligenza Artificiale ma le aspettative sono decisamente elevate. La conferma arriva dal report realizzato da The Boston Consulting Group e MIT Sloan Management Review (Reshaping business with artificial intelligence), risultato di una indagine globale che ha coinvolto 3mila manager e analisti di 21 diversi settori intervistati in 112 Paesi.

I numeri parlano chiaro: più di tre quarti si aspetta che l’Intelligenza Artificiale possa contribuire alla creazione di nuove linee di business se non addirittura (per quasi l’85% dei manager interpellati) di guadagnare o mantenere un vantaggio competitivo.

L’80% dei manager vede infatti l’AI – Artificial Intelligence come un’opportunità, mentre solo il 40% pensa che possa essere anche un rischio.

Entrando nel dettaglio delle opportunità previste, sei manager su dieci si aspettano grandi impatti sulle proprie organizzazioni (già entro i prossimi cinque anni), in particolare sull’Information Technology, sulle Operations & Manufacturing, sulla gestione della Supply Chain e sulle attività di rapporto con i clienti (Marketing, Customer Journey, Customer Experience, Customer Satifaction, ecc.).

Gli impatti dell’Intelligenza Artificiale – Serve adeguarsi

Nonostante le attese siano molto elevate, quanto emerge dai risultati dell’indagine dimostra che le aziende non sono ancora del tutto pronte per affrontare la grande rivoluzione che porterà l’Intelligenza Artificiale.

Sembra infatti che solo un’organizzazione su venti abbia sviluppato processi o offerte in maniera estensiva (quelle che la stanno adottando in maniera limitata sono una su cinque) e che meno del 40% delle società abbia una strategia relativa all’Artificial Intelligence. Tra le stesse grandi imprese, quelle con più di 100mila dipendenti, solo la metà ha una strategia definita.

Il quadro è però di luci e ombre, dato che di aziende pioniere che stanno investendo e si sono attivate sul fronte dell’Intelligenza Artificiale ce ne sono (il 19% non è un dato da leggere in chiave negativa, considerando che stiamo parlando di una tendenza evolutiva in continuo divenire) e stanno lasciando dietro di sé quelle aziende “passive” che hanno deciso di rimanere a guardare cosa succederà.

Dalla ricerca emerge infatti che si sta allargando la distanza tra chi sta investendo sull’AI e chi no: tra le organizzazioni intervistate c’è un 19% di pionieri, ossia di società che non solo adottato alcune forme di Intelligenza Artificiale ma hanno anche capito quali siano i passi necessari per implementarla e renderla efficace per il business; all’estremo opposto ci sono i “passivi” (36%), che non hanno né soluzioni né comprensione del fenomeno.

Analizzando i pionieri, confrontando poi le aspettative ed anche i timori delle aziende più “statiche”, appare evidente che per affrontare al meglio un percorso progettuale per l’adozione dell’Intelligenza Artificiale serve attrezzarsi su vari fronti:

– innanzitutto, bisogna capire come sfruttare adeguatamente i potenziali di business;

– è necessario comprendere come organizzare la forza lavoro integrando le persone e i sistemi automatizzati; – vanno rispettati i contesti regolatori (soprattutto di fronte ad aspetti come la tutela della privacy);

– punto di vista tecnico, è fondamentale predisporre una struttura di dati efficace, che consenta agli algoritmi di essere “addestrati”, cioè di imparare dalle esperienze precedenti;

– infine, è anche necessario dotarsi di database integrati e delle corrette infrastrutture di supporto (per capire quali leggi “Network, computing e storage: perché le infrastrutture per abilitare l’Intelligenza Artificiale devono evolvere”).

L’Intelligenza Artificiale non fa paura e non ruba posti di lavoro

Dopo le rilevanti evidenze emerse dall’estesa analisi di Capgemini (di cui potete trovare tutti i dettagli in questo articolo: “Report Capgemini: l’Intelligenza Artificiale crea nuovi posti di lavoro, lo pensano 4 aziende su 5”), anche l’indagine di The Boston Consulting Group e MIT Sloan Management Review ridimensiona le preoccupazioni sulla perdita di posti di lavoro dovuta all’AI Artificial Intelligence. Nonostante gli allarmi diffusi nel dibattito pubblico, meno della metà dei partecipanti (47%) si aspetta che la forza lavoro delle proprie società si riduca nei prossimi 5 anni. Quasi l’80% crede che le attuali competenze dei dipendenti saranno persino aumentate e meno di un terzo dei manager teme che l’Intelligenza Artificiale porterà via alcune delle loro funzioni attuali.

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