Scenari

Come le AI conversazionali cambieranno il mondo della software automation

La software automation aumenta le proprie possibilità con le intelligenze artificiali conversazionali ma catastrofisti e possibilisti, per il momento, hanno entrambi torto (o entrambi ragione) a meno che non siano in grado di prevedere il futuro

Pubblicato il 21 Mar 2023

software automation

La software automation esiste ormai da anni ed è innegabile che le AI conversazionali metteranno il turbo alle loro potenzialità. Ciò che accadrà all’economia e all’impiego è certamente legato all’evoluzione delle AI ma, al momento attuale, gli osservatori interessati dovranno spostare altrove le rispettive vocazioni ottimistiche o pessimistiche. Quello che accadrà, infatti, non lo sa nessuno, ciò che sappiamo è che l’economia è scienza sociale le cui ricadute riverberano su tutta la società, abile per definizione ad attutire qualsiasi tipo di contraccolpo.

Il concetto spurio di automation

Alessandro Piva

Per approfondire l’argomento abbiamo chiesto il supporto di Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano che spiega: “Il tema dell’automazione di processo interessa le aziende ormai da anni, laddove per automazione di processo intendiamo l’andare ad agire in situazioni caratterizzate dall’essere azioni ripetitive, oppure con passaggi ben dettagliati e documentati e in contesti già digitalizzati nei quali, i dati utilizzati, siano ben strutturati e di qualità”.

Quindi, lo scenario dell’automazione è fatto di tanti dati, regole chiare e processi bene definiti. E questo vale nel primario, nel secondario, nel terziario e a prescindere dal processo di automatizzare, sia questo l’irrigazione del terreno, lo spostamento di materiali pesanti o l’assistenza fornita da un chatbot a un uomo. L’obiettivo ultimo è migliorare le condizioni di lavoro oppure aumentare l’esperienza del cliente, come spiega Piva: “Questo è in generale ciò che si intende per automazione di processo, che permette di risparmiare impiegando meno tempo a svolgere le attività a cui è deputato, di migliorare la qualità del prodotto o del servizio offerto, aumentando così la soddisfazione del cliente”.

L’apporto delle AI all’automazione

L’automazione di un processo e quindi di un’attività fisica o soft può essere fatta in modo meccanicistico oppure – e qui si arriva agli strumenti più recenti come ChatGPT – con le AI intese nel loro senso più ampio. “Nel primo caso si parla di Robotic Process Automation (Rpa) e, quando subentra l’AI, si parla di Intelligent Robotic process automation (iRpa)”, spiega Piva, “Alcuni strumenti dell’Ai possono essere applicati all’automazione dei processi. Tra questi, per esempio, l’elaborazione del linguaggio naturale (i chatbot) oppure l’analisi di documenti e quindi la computer vision“.

L’automazione di processi comincia ad arricchirsi di strumenti AI suddivisi su più livelli. Al livello di AI-assisted dove, accanto all’automazione di processi, si aggiungono elementi gestiti da un’AI. Per esempio, a un certo punto del processo automatizzato, interviene un algoritmo ad aggiungere informazioni. Al livello di logiche guidate dalle AI, si parla in questo caso del livello AI-driven, le AI entrano in modo più preponderante nel processo automatizzato. Dovendo smistare, per esempio, una serie di richieste di assistenza o di reclamo, l’AI entra in una fase non semplice di un processo che può essere il capire cosa c’è scritto in una richiesta e smistare su cinque uffici diversi quelle che non può gestire in autonomia in base alle risposte predefinite che è in grado di elaborare.

”In questo caso ci si trova in un contesto più complesso in cui l’AI entra davvero a ridisegnare i processi aziendali e ci troviamo in un momento storico in cui, cadute una serie di rigidità culturali, la loro introduzione in azienda diventa possibile”.

software automation

Un esempio di conversazione con ChatGPT

Software automation, esempi di applicazione

Partendo dal settore primario, l’Agricoltura 4.0 – scrive l’Osservatorio Agrifood – è cresciuta a doppia cifra tra il 2020 e il 2021 e, in quest’ambito, la software automation ha da tempo sposato le AI, per esempio, automatizzando i processi di rilevazione dello stato del terreno o delle colture intervenendo poi con l’irrorazione delle sostanze più opportune nelle quantità necessarie.

Nel secondario, quindi nel settore dedito alla trasformazione delle materie prime, la software vision gioca un ruolo fondamentale nel permettere a robot di muoversi o selezionare materiali da produzione da scartare perché imperfetti.

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L’unione tra Rpa e AI nel terziario è meritevole di apprendimento, perché è in questo settore che le AI generazionali scaricheranno gran parte del proprio potenziale, come illustra Piva: “Restando confinati al terziario, si può ragionare sui processi di back office che sono affini a seconda del settore commerciale. Per esempio, pensando alla gestione finanziaria, c’è la generazione autonoma di fatture, l’incrocio tra fatture e ordini, l’alimentazione automatica di anagrafiche oppure il tenere traccia di dati specifici e inviare notifiche automatiche ai clienti in prossimità di determinate scadenze. Se si parla di customer service si possono raccogliere informazioni in automatico da diversi canali, offrire assistenza ai clienti 24/7 con i chatbot, sollecitare i clienti se occorre rinnovare contratti in scadenza o informarli dell’esistenza di nuovi servizi di loro interesse. L’automazione può coprire molti aspetti e ambiti”.

Il contesto economico e occupazionale

Le AI ribalteranno il contesto economico e occupazionale? La risposta più sincera è “probabilmente”. Sapere in che modo e con quale profondità è però un’incognita a cui nessuno può rispondere usando il pensiero scientifico che, peraltro, è l’unico che vale. Non c’è spazio per emozioni, sensazioni ed è da scartare anche il pensiero economico secondo il quale, in un sistema economico perfetto, l’automazione crea impiego perché, potendo produrre meglio, più in fretta e a costi minori si dovrebbero conquistare maggiori quote di mercato che spingono ad aumentare i cicli produttivi e quindi a impiegare più personale.

Non si può sapere cosa accadrà, perché non si è in grado di dire quale AI riuscirà con certezza a sostituire l’uomo (e in che modo) e quale invece lo affiancherà.

Sostituzione o collaborazione?

La domanda è ormai banale: l’automazione di processi cancellerà posti di lavoro? Ovvero, faciliterà l’uomo affiancandolo oppure lo sostituirà completamente? “Ci sono studi che vertono in entrambe le direzioni. La nostra tesi è che l’automazione non sia un problema per l’impiego e che, anzi, sia un’opportunità per andare a valorizzare le competenze delle persone. È chiaro che, come in tutti i processi in cui è richiesto un cambiamento, è importante il modo in cui le aziende gestiranno il cambiamento stesso”, illustra Piva.

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La situazione in Italia

I comparti più votati all’uso delle AI nella gestione dei flussi non destano sorpresa, come spiega Piva, senza citare il nome di aziende specifiche, da noi le aziende più virtuose in campo Rpa e iRpa sono quelle del comparto bancario e assicurativo, aziende in cui i compiti ripetitivi non sono rari e sono dotate di una certa capacità di spesa. Negli ultimi decenni sono state oggetto di fusioni e acquisizioni, attività queste che obbligano a mettere mano ai processi.

Il fornitore di elettronica per l’automazione, la misurazione e la manutenzione Distrelec ha redatto un report relativo alle ricadute della software automation in Europa, prevedendo uno scenario nel quale sarà possibile registrare una diminuzione degli impieghi ovunque. Un male necessario perché le aziende che non automatizzano sono destinate a scomparire, creando ancora maggiori scompensi dal punto di vista occupazionale.

Fonte: Flourish

Altri studi sostengono il contrario, ragionando sul fatto che nasceranno nuove professioni capaci di creare un numero di impieghi maggiore di quelli che l’automazione mieterà.

Una ricerca italiana si situa nel mezzo: l’automazione creerà tanti impieghi quanti ne distruggerà, presentando un conto con saldo nullo. È possibile che tre voci esperte e scientifiche esprimano pareri tanto diversi? Qualcuno deve avere torto e, perché no, potrebbero averne tutte.

A fare la differenza saranno gli obiettivi di ogni singola impresa. Un esempio arriva direttamente dagli Stati Uniti.

La filosofia “digital human equivalent”

L’impresa farmaceutica Eli Lilly & Co, gigante americano con una cifra d’affari di 28,5 miliardi di dollari e 39mila dipendenti nel mondo (dati 2022) applica alle risorse umane un principio di costo industriale. Il fine ultimo della strategia di automazione adottata e attualmente in fase di dispiego è, citiamo testualmente, “guidare la crescita dell’azienda senza aumentare il monte stipendi”.

Cambiando obiettivo finale e, per esempio, puntando a mercati più ampi grazie alla maggiore capacità produttiva e alla competitività, l’impiego dovrebbe giovarne. Più dipendenti, più specialisti per lo sviluppo e la manutenzione dei processi automatizzati, con saldo più che sensibilmente positivo per l’occupazione.

Conclusioni

La conclusione la affidiamo a Piva: “Come in altri elementi dell’innovazione digitale, non si può fare finta che questi temi non esistano, fermarsi e non affrontare queste sfide che possono portare con loro timori. Non affrontarle significa perdere vantaggio competitivo oggi e perdere parti di mercato domani. Non sappiamo con certezza quanto l’automazione dei processi possa impattare sul numero di impieghi, è però certo l’impatto che ha sull’impiego un’azienda che perde clienti o commesse”.

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