L’enorme crescita, o forse sarebbe meglio dire esplosione, della quantità di dati è un fenomeno che sta sicuramente cambiando il panorama IT tradizionale. Una crescita indotta dal netto arricchimento della varietà delle fonti di provenienza degli stessi, a partire dal cloud e dall’Internet of Things. La sfida che tutte le organizzazioni oggi si trovano davanti è rendere questa distesa di dati, di primo acchito difficile soltanto da gestire, una risorsa primaria per la definizione delle strategie aziendali. In questo senso la strada maestra è affidarsi ai moderni sistemi di cognitive computing: questi ultimi valorizzano l’abbondante disponibilità di dati digitali per la comprensione del mercato e dei clienti e per influenzare la creazione o l’evoluzione degli stessi modelli di business.
Vero e proprio simbolo dell’ascesa di questa tecnologia è il sistema informatico cognitivo di IBM, Watson, che ha permesso a Big Blue di rilanciarsi grazie a una serie di soluzioni e servizi.
La crescita del cognitive computing nel prossimo futuro
Secondo IDC le principali tecnologie identificate come disruptive – tra le quali blockchain, cognitive computing e software robot – saranno infatti in uso presso il 50% delle banche di tutto il mondo, accelerando il processo di trasformazione digitale di questi innovatori del 30%. Il 95% delle banche mondiali ha già in atto una strategia di digital transformation. Sempre secondo IDC, la spesa mondiale per i sistemi cognitivi e di intelligenza artificiale dovrebbe raggiungere i 79,2 miliardi di dollari nel 2022.

Come funzionano i sistemi cognitive
La grande differenza rispetto ai classici big data e analytics o, meglio, il passaggio in più è che con il termine cognitive computing si intendono tutti quegli strumenti che consentono di riprodurre a grandi linee il funzionamento del cervello umano, riuscendo ad apprendere e interagire naturalmente con chi li usa. In questo modo riescono a fornire degli elementi significativi per prendere decisioni di fronte ad una elevatissima quantità ed eterogeneità di dati e di variabili. Anzi è possibile dire che più dati hanno a disposizione, più questi sistemi sono in grado di apprendere e fornire risposte “migliori”. Più tecnicamente, stiamo parlando di piattaforme tecnologiche in grado di apprendere autonomamente, ragionare, comprendere, elaborare e utilizzare il linguaggio naturale dell’uomo, comprese le capacità visive e dialettiche (NLP – Natural Language Processing), per contestualizzare le informazioni e fornire degli “insight” anche estremamente dettagliati. In buona sostanza con l’informatica di tipo cognitivo, si esce dalla tipica modalità binaria del “sì o no”: ciò che viene predetto non è un risultato certo, ma un’indicazione basata su punteggi e correlazioni.

Le applicazioni del cognitive computing
Questa particolare caratteristica del cognitive produce dei vantaggi evidenti in tutti quei campi dove è necessario elaborare grandi quantità di dati, spesso disponibili anche in formati non omogenei tra loro e dunque difficilmente “digeribili” dalle applicazioni informatiche tradizionali. Ad esempio il cognitive computing consente di automatizzare alcune azioni altrimenti complesse, grazie alla capacità di imparare dai dati, elaborarli e restituire indicazioni e raccomandazioni. Tutto questo rende possibile ridurre il tempo e le risorse necessarie per risolvere le problematiche dei clienti. Basti pensare a un comparto come la supply chain, in cui una maggiore velocità ed efficienza può assicurare un grande vantaggio competitivo. Una lezione che è stata fatta propria da un colosso come Amazon, che da tempo è su questa strada, ma anche da tanti piccoli e grandi retailer, che proprio grazie all’utilizzo di strumenti di cognitive computing sono riusciti a efficientare al massimo il proprio funzionamento, riuscendo così a minimizzare i costi legati alla logistica e a migliorare i margini.
Un altro ambito molto interessante per i sistemi cognitivi è senza dubbio la manutenzione predittiva, perché strumenti di questo tipo sono in grado di suggerire le aree di potenziale miglioramento o quelle nelle quali esistono maggiori probabilità che si verifichino anomalie, riducendo così al minimo i fermi impianto. Non meno importanti sono le potenzialità del cognitive nel mondo del customer care, considerato che oggi le aziende sono in grado di accumulare ampie quantità di informazioni sui propri clienti da fonti più disparate, che però raramente vengono sfruttate in maniera adeguata, nonostante la forte domanda dei consumatori di risposte rapide e un’esperienza personalizzata. Le soluzioni cognitive vengono in soccorso, consentendo di individuare rapidamente le preferenze di spesa degli individui, analizzando in modo autonomo dati provenienti da fonti eterogenee (acquisti, comportamenti sui social media, variabili demografiche ed economiche, ecc). In questo modo è possibile impostare il rapporto con il cliente in maniera più diretta e naturale, con proposte e messaggi confezionati sulla base dei gusti e delle aspettative reali di ciascun consumatore.

I risvolti del cognitive per il sociale
Più in generale, secondo un recente studio di SB Italia, il cognitive computing può fornire risposte concrete alle più importanti necessità odierne delle aziende. In questo modo, un’impresa commerciale può avvalersi di un sistema cognitivo per standardizzare le modalità di comportamento della clientela, elaborare proposte e offerte personalizzate sulla base dei gusti dei consumatori, simulare l’andamento delle vendite per ottimizzare i flussi di magazzino, fare di un customer care a misura di singolo utente una leva commerciale. Allo stesso modo, un’azienda di produzione può fare manutenzione predittiva sui propri impianti, iniettare intelligenza nella supply chain prevenendo le inefficienze, concretizzare i propri desideri di time-to-market potendo prendere decisioni basate su maggiori elementi di certezza. Oltre alle aziende, i sistemi di cognitive computing potrebbero avere un impatto importante in ambito socio-sanitario: più che sostituire i medici, queste soluzioni possono già oggi rivelarsi come un supporto preziosissimo per prendere la migliore decisione possibile sulla base dello specifico quadro sanitario di ogni paziente.
Non possono invece essere classificati come veri e propri sistemi di cognitive computing gli assistenti digitali personali che abbiamo sui nostri telefoni e computer (in primis Siri): si tratta fondamentalmente di software che hanno un set di risposte pre-programmato e possono rispondere soltanto a un numero predefinito di richieste. Ma nel prossimo futuro questi sistemi (chissà a bordo di quali dispositivi) saranno in grado di apprendere e fornire risposte realmente intelligenti, evolvendosi in direzione del cognitive.