AIxIA e l’intelligenza artificiale che verrà

Dalle tecnologie più mature a quelle che verranno, fino alle considerazioni più vicine all’etica dell’intelligenza artificiale. In questa intervista a Piero Poccianti, Presidente dell’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale, cerchiamo di capire come sta evolvendo l’intelligenza artificiale e qual è il ruolo che ricopre oggi una realtà come AIxIA, presente in Italia dal 1988.

Pubblicato il 27 Feb 2019

Intelligenza artificiale - DeepBlue IBM
Piero Poccianti

L’intelligenza artificiale rappresenta uno strumento (o meglio, un insieme di strumenti) molto potente che sarà in grado di trasformare nel profondo la società in cui viviamo. Che tipo di evoluzioni tecnologiche ci aspettano? E quali saranno gli impatti? Lo abbiamo chiesto a Piero Poccianti, Presidente di AIxIA, l’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale.

AI4Business: Dal punto di vista tecnologico, quali sono a suo avviso le tecnologie della branca dell’AI che vedremo maturare nel breve periodo? Quali invece quelle per le quali i tempi di adozione saranno più lunghi?

Poccianti: Da un punto di vista di ricerca quello che sta emergendo oggi, dal 2006, è un “revival” del deep neural network e questo ha attinenza con tutti i problemi legati alla “percezione”. In passato abbiamo affrontato (e avuto grandi successi) problemi legati alla logica e sviluppato sistemi intelligenti deputati al ragionamento, ma avevamo delle grosse criticità nell’affrontare i problemi di percezione (per esempio nel riconoscimento del linguaggio naturale, nella sintesi vocale, nel riconoscimento delle immagini, ecc.).

DeepBlue, il computer di IBM, che ha battuto il campione mondiale di gioco di scacchi, Garri Kasparov, è un esempio di sistema logico: è una macchina che fa planning, ragiona prendendo in considerazione la scacchiera, ogni singolo “pezzo” della scacchiera, ogni singolo movimento. DeepBlue ragiona e applica la logica, Kasparov non vede la scacchiera come la vede la macchina, la percepisce (capisce che una determinata situazione ha un certo valore). Anche Kasparov ragiona, ma lo fa in un secondo momento, prima percepisce la situazione.

AlphaGo, software per il gioco del Go sviluppato da Google DeepMind, ha fatto un enorme balzo in avanti rispetto a DeepBlue perché il sistema percepisce (in modo molto più simile all’essere umano) la situazione di gioco prima di compiere un ragionamento sulle azioni da svolgere.

In questo campo, a mio avviso ci saranno ancora molti successi e qualcosa lo stiamo vedendo già oggi: ci sono sistemi in grado di vedere (percepire!) un tumore dove ancora l’occhio (e il ragionamento) dell’oncologo non arriva. Le abilità percettive dei sistemi intelligenti potranno essere usate a breve anche nell’ambito dei processi di business, non tanto per misurarne l’efficienza ma per valutarne l’efficacia.

Dal punto di vista della ricerca, quello che si sta cercando di fare è mettere insieme i risultati raggiunti nell’ambito della logica con quelli che si stanno avendo sul fronte della percezione.

Da un punto di vista applicativo, vedremo prima applicazioni che non hanno bisogno di hardware dedicato (chatbot e assistenti virtuali, sistemi con task in ambito finanziario, cybersecurity, …); dovremo attendere invece un po’ di più per vedere concretamente applicazioni che hanno bisogno di generare nuovo hardware per poter funzionare: alcuni ambiti della robotica, così come quello delle auto a guida autonoma, solo per citare due esempi, matureranno con più lentezza e dovremo attendere ancora molti anni prima di poterne vedere i frutti (semplicemente per il fatto che dovremo creare del nuovo hardware e delle nuove infrastrutture).

Qualcosa di un po’ più “semplice” si inizia a vedere con l’impiego di droni nell’agricoltura, ma anche in questo caso lo sviluppo hardware necessita di tempi di maturazione più lunghi rispetto ai task software.

Da questo punto di vista, l’Italia potrebbe ritrovare uno slancio a livello internazionale non banale. L’Italia ha una lunga tradizione (e forti competenze) nell’ambito della robotica, ma anche dell’ingegneria meccanica ed elettronica. La combinazione di queste competenze con l’informatica, cammino ormai iniziato da tempo, può consentire anche ad un paese come il nostro, in grandissima crisi (economica prima di tutto ma anche di identità), di ritrovare spazi di crescita anche attraverso il nostro tradizionale tessuto industriale costituito da PMI (per esempio sfruttando nuovi modelli di “making” con stampa 3D e piattaforme come Arduino e Raspberry per creare sensori e oggetti intelligenti). La mentalità italiane “del fare”, di farsi le cose un po’ da sé, non va trascurata.

AI4Business: Come vede l’enorme boom mediatico che, di fatto, porta i temi dell’intelligenza artificiale ad un pubblico più vasto e meno esperto?

Poccianti: Le rispondo con una citazione. Albert Einstein diceva che le cose vanno rese il più semplice possibile, ma non oltre.

AI4Business: E allora, per rendere semplici i temi legati all’AI senza banalizzarli, cosa fa AIxIA e quali gli impegni dell’associazione per il 2019?

Poccianti: L’Associazione è nata nel 1988 ed è una realtà senza fini di lucro che oggi conta più di un migliaio di iscritti (i soci attivi sono circa la metà), il 40% di questi sono soci industriali, mentre il restante 60% è rappresentato da soggetti accademici. La fetta più rilevante di accademici si spiega con le “primavere” dell’AI: dopo gli anni ’80-’90 che hanno visto il boom dei sistemi esperti (con il coinvolgimento quindi dell’industria), l’attenzione dell’industria verso l’intelligenza artificiale è un po’ calata. Sta ripartendo ora con le reti neurali profonde.

L’Associazione promuove degli eventi, ha una serie di gruppi di lavoro (che si occupano sia di temi applicativi sia di ricerca che hanno un interesse particolare in Italia), promuove delle borse di studio e assegna premi (alla migliore tesi, al miglior lavoro di dottorato, al miglior ricercatore). Dall’anno scorso abbiamo istituito un premio anche alla divulgazione rivolto ai ragazzi che vengono chiamati a raccontare, attraverso dei video, degli aspetti di intelligenza artificiale anche ai non “addetti ai lavori”.

Da cinque anni abbiamo iniziato a lavorare a stretto contatto con le scuole (Università ma anche Scuole Superiori) con l’obiettivo di estendere la discussione sull’intelligenza artificiale ai non esperti e alle nuove generazioni per iniziare a ragionare sugli impatti sociali dell’AI. Abbiamo un progetto che stiamo sottoponendo al MIUR che va proprio in questa direzione e abbiamo attivato con un Liceo di Firenze un progetto che si chiama “Peer Learning”: gli studenti imparano da soli e poi riversano su altri studenti e persone la loro conoscenza. Due i temi attivi in questo momento con il progetto “Peer Learning”:

1) la differenza di genere: il numero di ricercatrici in ambiti scientifici (in generale, non solo sull’intelligenza artificiale) è di gran lunga inferiore rispetto al numero di ricercatori ma la visione femminile (logica, ragionamento, percezione) può – e deve – dare un contributo più esteso alla scienza.

2) l’etica dell’intelligenza artificiale: un tema che non possiamo per nulla trascurare e che dobbiamo affrontare con le nuove generazioni.

Abbiamo diversi problemi da superare: da un punto di vista politico stiamo assistendo ad una perdita di fiducia nella democrazia; da un punto di vista economico si sta verificando un enorme aumento delle diseguaglianze e una iniqua distribuzione delle risorse; da un punto di vista ambientale stiamo assistendo a cambiamenti climatici che avranno un impatto pericoloso sull’essere umano e l’ecosistema in cui vive.

Se introduciamo l’intelligenza artificiale dentro un modello politico, economico, sociale e ambientale che ha delle “storture”, l’effetto sarà di amplificazione di quelle storture. Dobbiamo allora ragionare su come sfruttare l’intelligenza artificiale per cambiare il modello.

In ultimo, da quest’anno dedicheremo anche un evento alle aziende. Si chiama AI Forum e si terrà il 12 aprile presso Palazzo Mezzanotte a Milano. L’obiettivo è iniziare a “passare conoscenze” accademiche e di ricerca alle aziende che vogliono non solo capirne di più ma anche iniziare a portare l’AI all’interno delle proprie organizzazioni. Noi non vogliamo fare progetti, ma come Associazione vogliamo espandere la cultura dell’AI e far capire alle aziende quali sono le potenzialità, cosa si può fare e cosa no e, quindi, anche quali sono i limiti.

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