HyperAutomation, cosa è e quali sono i benefici dell’automazione pervasiva

L’HyperAutomation rappresenta la nuova frontiera della Digital Transformation e grazie all’artificial intelligence rende sempre più efficace il percorso delle aziende moderne verso la “Fully Automated Enterprise”. La possibilità di potenziare attraverso algoritmi e automazione le capacità umane offre alle aziende un boost strategico rilevante. Federico Baffetti, fondatore e CEO di Cloudif.ai, ci spiega qual è il vero valore di questo approccio, che guadagna consensi crescenti

Pubblicato il 14 Lug 2021

Annalisa Casali

giornalista

HyperAutomation

L’HyperAutomation guadagna il podio dei tech trend nel 2021. Molti analisti, infatti, concordano sul fatto che il futuro dell’artificial intelligence sarà improntato al massimo livello di automazione: processi e flussi di lavoro interconnessi, continuamente monitorati e migliorati con l’aiuto di algoritmi matematici e statistici, orchestrati attraverso una pluralità di tecnologie diverse. In una sola parola: iperautomazione. Le aziende nei prossimi mesi non potranno farne a meno, come confermano le stime di Gartner, che ipotizza una crescita decisa di questo business: il giro d’affari globale passerà infatti dai 482 miliardi di dollari registrati a fine 2020 a 532 miliardi quest’anno, per sfiorare i 597 miliardi nel 2022.

Cos’è l’HyperAutomation

L’HyperAutomation rappresenta la nuova frontiera dell’intelligenza artificiale, un approccio in cui la maggior parte dei processi aziendali e dei flussi di lavoro è automatizzata e gestita attraverso uno strato tecnologico iperconnesso e intelligente. Metodologie e pratiche che massimizzano l’efficienza operativa, replicando e potenziando le capacità degli operatori umani, e sostengono in modo più efficace i processi decisionali.

Gli algoritmi vengono impiegati sempre più spesso in sostituzione o in affiancamento alle persone nello svolgimento delle loro mansioni. «Siamo all’alba di questo fenomeno – sostiene Federico Baffetti, fondatore e CEO di Cloudif.ai –. Tuttavia, la pandemia ha impresso una forte accelerazione. Numerosi processi sono stati automatizzati rapidamente per rispondere alle esigenze del momento: basta pensare allo smart working e alla gestione dei rapporti di filiera, e oggi ci troviamo in una condizione in cui l’artificial intelligence è utilizzata in modo esteso in moltissimi processi. In poco più di un anno abbiamo fatto un salto avanti di cinque anni e raggiunto un livello di pervasività dell’AI a cui saremmo arrivati probabilmente non prima del 2025 se non ci fosse stata l’emergenza sanitaria». Ora, il cammino che si spalanca alle aziende è quello che le vede inizialmente evolvere verso un modello di Automated Company in cui alcuni processi sono parzialmente automatizzati. Il passo successivo è rappresentato dal modello della Data Driven Company, una realtà in cui i processi e le decisioni sono letteralmente guidate dai dati. L’approdo di questa evoluzione è la Fully Automated Enterprise, ossia un’azienda in cui la maggior parte dei processi e dei workflow è gestita da robot software e algoritmi in modo fortemente interconnesso e articolato».

Quali sono i benefici dell’HyperAutomation

Nel suo “Gartner Top Strategic Tech Trends for 2021”, l’analista evidenzia come l’HyperAutomation rappresenti oggi la strada privilegiata per ottenere quella resilienza e quell’efficienza operativa che sono fondamentali per competere nel mercato moderno. I benefici più facilmente misurabili dell’iperautomazione sono legati all’esecuzione di compiti ripetitivi, routinari o pericolosi, con la possibilità di eliminare le sacche di inefficienza e migliorare la sicurezza degli ambienti di lavoro. Ma anche attività come l’estrazione, l’analisi, la correlazione e la classificazione dei dati possono essere ottimizzate con l’HyperAutomation, con il risultato che qualità e sostenibilità della produzione aumentano di diversi ordini di grandezza. «Il dipendente, liberato dai compiti più noiosi, può dedicare più tempo alle attività a maggior valore, attraverso un upskilling progressivo che ha inoltre il vantaggio di migliorare la qualità del clima aziendale, l’attrattività del brand e la retention dei talenti», sottolinea Baffetti. Alla riduzione dei costi e alla miglior accuratezza dei processi si accompagna anche il vantaggio di processi decisionali più efficaci e, in generale, un’accelerazione nel go-to-market. Senza contare che i vantaggi principali sono quelli che si palesano a livello strategico, grazie al fatto che l’azienda è in grado di liberare tutto il potenziale dell’intelligenza e della creatività umana per produrre più innovazione, espandersi in nuovi mercati e geografie. Se con l’automazione le aziende sono in grado di accelerare e rendere più accurati i processi operativi, con l’iperautomazione sono in grado di portare avanti un numero decisamente superiore di task parallelamente, operando sempre in modo ottimale. «Pensiamo alle numerosissime richieste che arrivano simultaneamente a un contact center, e che vanno gestite in real time, e possiamo facilmente comprendere i benefici dell’HyperAutomation», commenta Baffetti.

Si parte dalle persone, non dagli algoritmi

«Oggi i processi e i workflow automatizzati attraverso strumenti digitali, applicazioni web e mobile sono davvero numerosi. In questi processi prevalgono le decisioni prese o agevolate dai dati, o come sentiamo dire spesso, “data driven”. Molte attività ripetitive sono già state sostituite in azienda da strumenti di Robotic Process Automation, che di fatto sono uno dei componenti dell’HyperAutomation», spiega Baffetti. Le organizzazioni che imboccano la strada dell’HyperAutomation devono essere in grado di armonizzare processi, persone e tecnologie facendosi supportare da partner con una adeguata padronanza delle soluzioni digitali più innovative: dall’Internet of Things al Machine Learning, dal riconoscimento del linguaggio naturale al riconoscimento ottico dei caratteri, dal Process Mining al task mining, alla Robotic Process Automation. Si tratta di un know-how molto vasto e specialistico, ed è impensabile che possa trovare la giusta massa critica all’interno dell’azienda. «Prima di mettere in pratica i benefici che l’AI pervasiva promette, bisogna riuscire a definire bene metodologie, competenze e processi e favorire l’engagement delle persone – sottolinea Baffetti –. Il punto di partenza infatti sono le persone, la cultura aziendale e i workflow; solo dopo arrivano gli algoritmi. Per poter applicare con successo l’AI ai processi aziendali, non solo quelli operativi ma anche quelli creativi, occorre creare una solida cultura del dato e dell’automazione in azienda. Una data driven company è quella che è in grado di implementare la tecnologia nel modo più  trasparente e invisibile possibile».

Quello che conta in questi processi, che hanno un impatto di change management molto forte, è una regia illuminata da un lato, un forte coinvolgimento degli utenti dall’altro. «Come Cloudif.ai, e all’interno del gruppo Altea Federation, accompagniamo le aziende che abbracciano i modelli di HyperAutomation lungo tutto il loro percorso di innovazione. L’intelligenza artificiale è nel nostro DNA, ma fin dagli esordi il punto forte della nostra proposizione non è stata la tecnologia, piuttosto la capacità di comprendere il cliente e le sue esigenze strategiche profonde. La nostra forza è l’approccio consulenziale, che parte dall’ascolto delle necessità e dei requisiti dell’impresa e dall’interpretazione dei bisogni di tutti gli utenti. La nostra metodologia, infatti, si basa su strumenti che permettono di coinvolgere rapidamente tutti i livelli dell’azienda attraverso la creazione di community in cui tutti possono portare il loro contributo, suggerendo i processi su cui varrebbe la pena di intervenire e indicando gli obiettivi attesi. Si tratta di un’ottica di crowdsourcing estremamente ingaggiante e soprattutto molto efficace», conclude Baffetti. Il passo successivo è la definizione di un piano di transizione a tappe in cui si automatizzano i primi processi, si misurano velocemente i risultati ottenuti e si rivalutano le iniziative, in un’ottica di miglioramento continuo.

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