L’utilizzo degli androidi nello scenario globale post-pandemico

I robot dotati di intelligenza artificiale sono già utilizzati in diversi campi, dall’industria alla sanità al retail. La loro diffusione viene da un lato salutata come una rivoluzione positiva, dall’altro temuta per i suoi risvolti etici e sociali. Ecco un’analisi del fenomeno.

Pubblicato il 20 Mag 2021

CHS

La situazione emergenziale pandemica dovuta al Covid-19 ha sdoganato l’utilizzo dell’AI e della robotica negli ospedali, nei supermercati e in tutti quei contesti ambientali in cui l’uomo sarebbe a rischio di contagio. Superando la diffidenza sociale per l’automazione di servizi forniti da macchine, spesso rappresentate da androidi, anziché persone, sicuramente la loro diffusione sarà facilitata dal senso di gratitudine verso la loro qualità di preservare l’uomo da possibili rischi dovuti al contagio. In tal senso, ad esempio, è possibile continuare le produzioni industriali anche in regime di lockdown, senza esporre i propri dipendenti a rischi inutili. Quindi l’automazione industriale permette di ridurre il numero di addetti senza intaccare la produttività, garantendo anche il necessario distanziamento tra gli operatori, qualora si producano presidi essenziali per la salute.

Un esempio virtuoso di produzione anche in regime di lockdown, che combatte in prima linea il Covid-19, è il caso di un’industria trentina “RK Macchine”, che tramite una linea automatizzata e assistita da remoto dal Polo Meccatronica di Rovereto permette una produzione in piena sicurezza di garze sterili anche in piena emergenza Coronavirus.

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Tramite esoscheletri, le azioni umane saranno agevolate anche all’interno di una faticosa filiera produttiva, andando ad alleggerire e affiancare il lavoro umano, ossia l’automazione non sarà semplicemente un sottrarre lavoro al genere umano, ma supportarlo e aiutarlo a elevare la qualità del lavoro fornito dalle persone stesse.

Una delle ultime milestone legate alla robotica è il conio del vocabolo che rappresenta l’unione tra robot e collaboratore: cobot. Il cobot è un robot collaborativo, che lavora a stretto contatto con l’uomo. Dotando il cobot di AI, esso può apprendere e imparare dai gesti umani, osservando il lavoro dell’uomo, creando un archivio dei processi appresi, quindi si tratta di un’applicazione pratica di machine learning. I robot, lavorando in affiancamento con i colleghi umani possono creare ambienti di lavoro altamente produttivi, ad esempio automatizzando e velocizzando la produzione oppure la movimentazione dei materiali.

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Come tutte le innovazioni tecnologiche di forte impatto sul sociale, l’AI in combinazione con la robotica crea una certa diffidenza e preoccupazione per gli utilizzi più invasivi, che potrebbero essere sviluppati nel futuro, soprattutto in ambito lavorativo, dove si allunga un’ombra ambigua e sospetta, che anima l’idea che sia possibile che i robot dotati di AI potranno togliere lavoro all’uomo. La motivazione principale, che porta la parte più consistente della società alla diffidenza e all’ostilità per l’AI, è il fattore economico. Come ha sapientemente analizzato l’economista Carl Benedikt Frey, direttore del progetto “Future of Work” presso l’università di Oxford, nel suo ultimo libro “The Technology Trap: Capital, Labor, and Power in the Age of Automation”, tale sentimento sociale di idiosincrasia deriva dal timore di perdere il proprio lavoro; tale spaccato sociale ricorre in tutti i periodi storici in cui si è avuta una forte innovazione tecnologica, ad esempio l’epoca dell’industrializzazione o della macchina a vapore.

Ogni nuova tecnologia va utilizzata eticamente e responsabilmente per essere di ausilio e migliorare la vita. Nel caso specifico della logistica, l’AI rappresenta solo una singola tessera di un mosaico ben più grande, poiché la robotica e l’automazione tramite l’utilizzo dell’intelligenza artificiale andranno a sostituire la figura umana nelle sue mansioni più elementari, al medesimo tempo ciò consentirà ai lavoratori di svolgere compiti di maggior valore sociale e intellettuale.

Quale etica negli algoritmi di deep learning che animeranno gli androidi

Introducendo alcuni accenni al quadro normativo per l’AI in Europa, l’intelligenza artificiale costituisce uno strumento di trasformazione della realtà circostante e, più in generale, della nostra società. Il fatto che ci possano essere degli algoritmi in grado di prendere delle decisioni introduce molte questioni in ambito etico e legale. Tali questioni non possono non trovare uno spazio di riflessione e una soluzione in ambito europeo, considerando un mercato unico e un mondo digitale privi di confini fisici. A tal proposito, il Parlamento europeo nell’ottobre 2020 ha inviato alla Commissione europea una proposta di risoluzione recante raccomandazioni e bozza di Regolamento concernenti il regime di responsabilità civile per l’intelligenza artificiale e in egual misura una proposta di risoluzione recante raccomandazioni e bozza di Regolamento concernenti il quadro relativo agli aspetti etici dell’Intelligenza Artificiale, della robotica e delle tecnologie correlate.

Il “Regolamento sui principi etici per lo sviluppo, la diffusione e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, della robotica e delle tecnologie correlate” si basa sui seguenti principi:

  • un’intelligenza artificiale, una robotica e tecnologie correlate antropocentriche, realizzate e controllate dall’uomo;
  • una valutazione obbligatoria della conformità dell’intelligenza artificiale, della robotica e delle tecnologie correlate ad alto rischio;
  • sicurezza, trasparenza e responsabilità;
  • garanzie e mezzi di ricorso contro le distorsioni e le discriminazioni;
  • il diritto di ricorso;
  • la responsabilità sociale e la parità di genere nell’ambito dell’intelligenza artificiale, della robotica e delle tecnologie correlate;
  • un’intelligenza artificiale, una robotica e tecnologie correlate sostenibili sul piano ambientale;
  • il rispetto della vita privata e restrizioni all’utilizzo del riconoscimento biometrico;
  • una buona governance in materia di intelligenza artificiale, robotica e tecnologie correlate, inclusi i dati utilizzati o prodotti da tali tecnologie.

Questi sono i principi che saranno contenuti nel quadro normativo di riferimento, il cui compito sarà quello di infondere fiducia, sicurezza, equità e trasparenza con la forte raccomandazione per gli operatori e stakeholder che l’intelligenza artificiale sia sempre incentrata sull’etica e non solo sul profitto economico e che la tecnologia sia sempre al servizio dell’uomo.

I bias algoritmici

Altro tema fondamentale che si aggira nel campo degli algoritmi legati all’AI è lo spettro dei cosiddetti bias algoritmici, che sono pregiudizi cognitivi, i quali caratterizzano la fragile conoscenza umana e potrebbero distorcere gli algoritmi sino al punto di creare discriminazioni inaccettabili. Ad esempio, Amazon nel 2018 per selezionare curricula dei candidati più idonei a essere assunti in azienda ha progettato un algoritmo nutrendolo con i dati degli ultimi 10 anni, che si riferivano principalmente a candidati uomini, la conseguenza inevitabile è stata sviluppare un bias che ha portato l’algoritmo a sottostimare il valore di un profilo femminile. L’eliminazione di tali bias frutto dell’elaborazione dei dati è pressoché impossibile, per cui si deve comprendere il salto logico e strutturale dai nostri bias ai bias algoritmici, rendendo possibile il fatto che la ricerca scientifica abbia sempre un occhio di riguardo per il pensiero critico, che valuta il risultato finale del procedimento. Citando Aurélie Jean, autrice del libro “Nel paese degli algoritmi”, si deve capovolgere l’antico pregiudizio che vuole i filosofi riflettere su un mondo che gli sfugge e gli scienziati costruire un mondo su cui non riflettono.

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L’aspetto etico delle tecnologie

Riprendendo i campi di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia, fondato da Roberto Cingolani, ossia la fisica, la spettroscopia di semiconduttori, le nanotecnologie e gli effetti quantistici nelle strutture a bassa dimensionalità, la scienza dei materiali e la robotica, si deve sempre avere come fil rouge l’aspetto sociale ed etico di tali attività, come lo stesso Cingolani, attualmente ministro del Ministero della Transizione Ecologica, aveva dichiarato nel 2019 a Forbes. Lui stesso si considera un umanista, nonostante gli studi fatti. Infatti, egli è uno scienziato, che ha ben presente cosa sia l’etica, proprio per questo in passato ha dichiarato che è “meglio una vita spesa nell’umiltà dello studio che nell’arroganza di diventare ricchi e forti”. Da queste asserzioni nasce l’idea di una società della conoscenza, che ha più probabilità di creare buone persone, transitando da una società animale “non sapiens” a una società “sapiens”, che è in grado di capire quello che succede e di valutare che ogni azione ha una conseguenza. Da questi ragionamenti discende che non si tratta solo di principi fisici, ma prima di tutto sono principi etici.

Già negli anni ’90, Vasco Santi, docente di Chimica e Biologia diceva ai suoi studenti: “voi dovete essere onorati di portare sulle spalle il fardello prezioso dei secoli di storia dei vostri antenati, che continuano a vivere attraverso di voi, per cui loro siete voi e voi siete loro, in un unicum temporale attraverso i secoli”. Detto ciò, potranno essere gli algoritmi di intelligenza artificiale a replicare e approfondire l’apprendimento relativo alla cultura umana?

Con molta umiltà si ritiene che l’integrazione della tecnologia robotica con l’AI potrà essere un ausilio, ma non potrà mai sostituire l’unicum umano, che si tramanda e si arricchisce attraverso i secoli.

Per cui essendo tutti consci del fardello storico e sociale che portiamo sulle nostre spalle, dovremmo provare a percorre la strada che ci separa dalla fine del tunnel pandemico ripetendo i due mantra di matrice del presidente del Consiglio Mario Draghi: Whatever it takes e Nevergiveup, essendo oramai consapevoli che tra meno di una decade gli androidi robotici dotati di AI saranno i nostri più preziosi collaboratori.

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