La strategia italiana sulla AI: cosa fare e come farlo

Il documento italiano, pubblicato lo scorso 2 luglio, è strategico ma anche operativo: oltre agli obiettivi da raggiungere definisce tre pilastri su cui costruire lo sviluppo delle tecnologie di AI per creare una nuova “RenaAIssance”: AI per l’essere umano, AI per un ecosistema digitale affidabile, produttivo e sostenibile, AI per lo sviluppo sostenibile

Pubblicato il 15 Lug 2020

Emanuela Girardi

membro direttivo AIxIA e founder di Pop AI

Piero Poccianti

Ex presidente Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA)

intelligenza artificiale italia

Il 2 luglio 2020 è stata finalmente pubblicata la Strategia italiana per l’intelligenza artificiale, un documento redatto da 30 esperti nominati dal MiSE a fine 2018. Il documento era pronto a metà 2019, in linea con le scadenze richieste dalla Commissione Europea ma varie vicissitudini tra cui il cambio di governo e l’emergenza COVID-19 ne hanno ritardato la pubblicazione. Essendo stato redatto prima dell’emergenza sanitaria, sono stati necessari più aggiornamenti, l’ultimo dei quali successivo alla pubblicazione del Libro bianco sull’intelligenza artificiale e della Strategia europea per l’economia dei dati pubblicati avvenuta lo scorso febbraio da parte della Commissione Europea.

La strategia italiana è coerente con la strategia europea che propone lo sviluppo di tecnologie per l’intelligenza artificiale affidabili e al servizio dell’uomo, ma allo stesso tempo è molto innovativa perché promuove l’utilizzo di queste tecnologie per raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite e creare una società più sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale.

Il documento italiano è strategico ma anche molto operativo: definisce tre pilastri su cui costruire lo sviluppo delle tecnologie di AI per creare una nuova “RenaAIssance” e definisce gli obiettivi da raggiungere. Partendo poi dalle specificità e dalle problematiche del nostro Paese individua sei verticali che caratterizzano il nostro tessuto economico, culturale e industriale su cui focalizzare gli investimenti, delineando alcuni fattori abilitanti che devono essere sviluppati insieme alle tecnologie AI per la realizzazione del piano strategico. Infine la strategia propone 82 raccomandazioni e una prima bozza di budget per partire subito con l’esecuzione del piano e non perdere le grandi opportunità offerte da questa nuova rivoluzione industriale e culturale.

I tre pilastri della Strategia italiana

La Strategia italiana definisce correttamente cos’è l’AI, mettendo in luce i vari paradigmi che compongono la disciplina, promuove una maggiore integrazione tra i vari metodi per superare i limiti tuttora presenti e utilizzare l’AI per raggiungere il benessere dell’umanità e del pianeta. Ecco i tre pilastri identificati dal documento sui quali costruire lo sviluppo delle tecnologie e delle politiche di AI:

  • AI per l’essere umano
  • AI per un ecosistema digitale affidabile, produttivo e sostenibile
  • AI per lo sviluppo sostenibile

Visione sinottica della strategia italiana di AI

AI per l’essere umano

Il primo pilastro è coerente con la strategia europea. Dobbiamo adottare strumenti normativi, culturali e di indirizzo che da un lato evitino effetti negativi sugli esseri umani come l’incremento di diseguaglianze, disoccupazione e controllo sociale, e dall’altro incrementino il benessere attraverso un uso consapevole e trasparente della tecnologia. La strategia punta ad educare individui, cittadini, utenti, consumatori e lavoratori affinché siano consapevoli delle opportunità e dei rischi dell’AI e acquisiscano le competenze necessarie per partecipare attivamente alla nuova società digitale.

AI per un ecosistema digitale affidabile, produttivo e sostenibile

Anche il secondo pilastro richiama la strategia europea che propone di costruire un ecosistema di eccellenza e di fiducia con Università, centri di ricerca, imprese, pubblica amministrazione e cittadini. È necessario porre maggiore enfasi sulla ricerca di base e su quella applicata, la prima per sviluppare tecnologie di AI affidabili che rispettino i principi etici e le leggi europee, ma siano anche capaci di adattarsi a contesti non previsti (cosa che per ora le macchine non sanno fare) e necessitino di minori risorse elaborative ed energetiche per funzionare; la seconda per realizzare il trasferimento tecnologico nella pubblica amministrazione e nelle aziende italiane per migliorare l’efficienza del sistema pubblico e la competitività del sistema economico. In particolare la strategia pone grande enfasi sulla promozione dell’economia dei dati e su come sia possibile aiutare le aziende, in particolare le SME, a raccogliere, analizzare e condividere i dati per beneficiare delle opportunità offerte da queste tecnologie preservando i propri vantaggi competitivi.

AI per lo sviluppo sostenibile

Il terzo pilastro è molto innovativo. Dichiara che l’AI deve essere diretta verso obiettivi condivisi e importanti che vengono identificati nei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite e dichiara la volontà di usare l’AI come aiuto per conseguirli. In particolare in Italia le tecnologie di AI possono essere utilizzate per monitorare i rischi idro-geologici, per ottimizzare la gestione delle zone sismiche e per monitorare le infrastrutture (siti archeologici, ponti, dighe, gallerie, reti di trasporto, reti di distribuzione di energia). Infine le tecnologie di AI possono dare un grande contributo nel migliorare l’accessibilità degli individui con disabilità e l’inclusione sociale realizzando l’obiettivo ultimo della strategia europea e mondiale di non lasciare indietro nessuno (leave no one behind).

Gli obiettivi sono fondamentali

I primi due pilastri dicono che l’AI è potente, offre grandi opportunità ma dobbiamo stare attenti a come la utilizziamo per non farci del male, mentre il terzo sottintende che non è colpa dell’AI se le cose stanno andando male, ma degli obiettivi sbagliati che ci stiamo ponendo.

L’intelligenza artificiale è infatti composta da molte tecnologie diverse e, a differenza di quanto accade nell’informatica tradizionale, si tratta di tecnologie dichiarative. Un programmatore tradizionale descrive un algoritmo che la macchina eseguirà per conseguire un obiettivo, mentre nel mondo dell’intelligenza artificiale il programmatore descrive il contesto, gli strumenti a disposizione, i vincoli e gli obiettivi. È la macchina che crea l’algoritmo.

Facciamo un esempio: se vogliamo che un robot vada a prendere il giornale che sta su un tavolo e ce lo porti, dobbiamo descrivere l’ambiente (o far sì che il robot riesca a vederlo), compresi ostacoli, porte, eccetera. Il robot creerà in modo autonomo un piano per spostarsi dalla posizione in cui si trova a quella dove è disponibile il giornale e poi alla posizione in cui deve portarlo raggiungendo l’obiettivo dichiarato dall’essere umano.

Non dovremo descrivere passo per passo le azioni da compiere. Sarà il robot a individuarle. Se mettiamo un ostacolo in più lungo il cammino il robot riformulerà il piano tenendo conto di questo nuovo elemento ed evitandolo.

Siamo abituati a dire che vogliamo far crescere il PIL, il profitto, che vogliamo ridurre i costi. In realtà questi sono mezzi con cui vogliamo raggiungere un fine: il benessere.

Usando l’AI diventa fondamentale descrivere in modo efficace l’obiettivo. Se scambiamo il mezzo per il fine, la macchina farà altrettanto e, spesso, porterà a effetti distopici.

I 17 obiettivi dell’ONU sono sufficientemente dichiarativi da costituire una sfida priva di ambiguità. Sono quindi obiettivi adatti all’AI.

Sei aree di investimento

L’intelligenza artificiale, più di altre tecnologie, richiede grandi investimenti per poter avere un impatto significativo nella ricerca e nell’economia. Non a caso gli attori principali della rivoluzione dell’AI sono le grandi aziende americane o cinesi del digitale che investono centinaia di miliardi rafforzando sempre più la loro posizione dominante nel mercato globale. Un investimento distribuito e non coordinato rischia di rimanere “sotto soglia” e dunque di non contribuire in modo significativo alla crescita economica, sociale, umana del nostro Paese, la strategia italiana ha quindi identificato sei aree sulle quali focalizzare gli investimenti nella ricerca, sviluppo e adozione delle tecnologie di AI:

  • IOT, manifattura e robotica

L’Italia presenta una forte specializzazione nella combinazione dell’AI con sistemi fisici (embedded) che includono sensori, oggetti intelligenti, robot, impianti di automazione. L’embedded AI è certamente un fattore distintivo del know-how italiano che combina la tecnologia col design e il Made in Italy e che promuove modelli di elaborazione delle informazioni diversi dal tradizionale cloud. L’intelligenza dei sistemi IoT o embedded opera sul “campo” dove vengono generati i dati e in prossimità degli oggetti connessi utilizzando l’edge computing, una tecnologia che avvicina la capacità di elaborazione al luogo in cui i dati sono generati per applicazioni in cui il tempo di latenza, sicurezza ed efficienza energetica sono fattori determinanti. La strategia europea sui dati stima che oggi l’utilizzo del cloud verso l’edge sia di 80/20 mentre nel 2025 sarà probabilmente invertita con una ratio di 20/80. Con adeguati investimenti l’Italia può diventare leader europeo nell’edge computing.

  • Servizi (finanza, istruzione e sanità)

L’emergenza del COVID-19 ha mostrato come le tecnologie AI possono essere molto utili in campo sanitario, ma è necessario investire nella raccolta e nella condivisione dei dati per poter dare un contributo maggiore in aree come la diagnostica e la bioinformatica. È inoltre importante creare gruppi di lavoro interdisciplinari con esperti di vari domini e promuovere dei percorsi di conoscenze di base di AI a medici, biologi, epidemiologi per promuovere l’innovazione in ambito sanitario.

Si auspica quindi un’educazione bilingue che preveda l’insegnamento dell’AI accanto agli studi scelti; magari utilizzando l’AI stessa per personalizzare i metodi di insegnamento e apprendimento e innovando il nostro sistema scolastico grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie.

Anche nella finanza l’AI può dare un grande contributo attraverso lo sviluppo di tecnologie finanziarie (fintech) maggiormente inclusive e personalizzabili e offrendo maggiore trasparenza ai consumatori.

  • Trasporti, agroalimentare e energia

L’agrifood è uno dei settori strategici dove l’Italia vanta una qualità elevatissima e dove l’AI può avere un impatto su tutta la filiera, dal coltivatore al consumatore. Grazie all’elaborazione dei dati provenienti da sensori sul campo e dai macchinari è possibile migliorare la produzione riducendo gli scarti e l’impatto ambientale. Inoltre combinando le tecnologie di AI con la blockchain è possibile tracciare i prodotti e creare le “etichette intelligenti” che forniscono maggiore trasparenza e garanzie sulla qualità dei prodotti ai consumatori.

Le soluzioni di AI possono anche migliorare le nostre città e il modo in cui ci spostiamo. Grazie ad algoritmi predittivi di pianificazione e di ottimizzazione del traffico, di persone, di merci e di cose si possono infatti pianificare le “smart cities”, città più sostenibili che offrono maggiore qualità di vita ai propri abitanti: trasporti efficienti, aree verdi, aria pulita, servizi più a misura d’uomo.

Anche nell’ambito dell’energia l’AI può trasformare i processi di generazione, trasmissione, distribuzione e vendita di energia creando le “smart grid” reti intelligenti che utilizzano l’AI per gestire e monitorare in tempo reale la produzione e distribuzione dell’energia elettrica.

  • Aerospazio e difesa

Il settore aerospaziale è un’eccellenza italiana che ci vede ai primi posti in Europa e nel mondo e che genera un indotto costituito per oltre l’80% da piccole e medie imprese e che occupa in totale più di 200.000 addetti qualificati producendo un fatturato medio annuo di oltre 15 miliardi di euro, dei quali quasi 6 miliardi sono destinati all’export. Le tecnologie AI possono contribuire a raggiungere nuovi traguardi nei campi dell’efficienza energetica grazie all’impiego di algoritmi intelligenti nella progettazione dei nuovi velivoli e sistemi aerospaziali, nella scelta di nuovi materiali e nel supporto durante le fasi di volo scegliendo la rotta che comporta il miglior impiego delle risorse energetiche.

Anche nel settore della difesa e dell’ordine pubblico, l’impiego dell’intelligenza artificiale può essere molto utile per permettere l’identificazione tempestiva di eventuali minacce e comportamenti sospetti. Inoltre grazie ai sensori intelligenti le forze dell’ordine e di pronto intervento potrebbero individuare più velocemente vittime di terremoti, valanghe o dispersi in mare.

  • Pubblica amministrazione

Affinché l’ecosistema nazionale dell’AI si sviluppi e generi valore è necessario che la PA attraversi una fase di profondo ammodernamento, centrata attorno all’utilizzo dei dati e alle iniziative di smart government. Nel documento sono state individuate diverse iniziative concrete che vanno dall’utilizzo della PNDD (Piattaforma nazionale digitale dati), dove dovrebbero confluire tutti i dati della PA, all’utilizzo di nuove forme di smart government per governare la tecnologia attraverso la tecnologia. Alcune di queste iniziative sono i sandbox, i patti per l’innovazione, l’horizon scanning.

  • Cultura digitale e humanities

Il patrimonio culturale italiano non conosce eguali nel mondo, le tecnologie AI possono dare un grande contributo nella preservazione del patrimonio artistico e nella sua valorizzazione rendendo unica e maggiormente inclusiva l’esperienza culturale e turistica del visitatore.

Per ognuno dei settori vengono indicate linee guida e strategie coerenti con le specificità sui singoli settori che caratterizzano il nostro Paese. Soprattutto viene indicata la strategia di ricreare una catena del valore e di intercomunicazione fra il mondo della ricerca e le imprese, che spesso, in Italia, non comunicano. Uno degli strumenti chiave è costituito dal dottorato di ricerca svolto nelle aziende in modo da creare osmosi fra la conoscenza di base e applicativa e le esigenze aziendali.

Infine viene posto l’accento sulla realizzazione di tale strategia su un terreno di PMI e micro aziende, utilizzando e rilanciando i distretti industriali e le associazioni di categoria con azioni capillari sul territorio e interventi culturali, consulenziali e progettuali. La priorità di portare le tecnologie di AI alle SME è definita anche dalla strategia europea dei dati che identifica come una delle maggiori sfide e opportunità il coinvolgimento delle SME in questa nuova rivoluzione industriale.

Fattori abilitanti

L’intelligenza artificiale, per poter esplicitare al massimo il proprio potenziale deve essere coniugata con altre tecnologie: Internet of Things, blockchain, reti distribuite, cloud, big data.

Dati

Il principale fattore abilitante delle tecnologie di AI sono le grandi moli di dati. Oggi i maggiori detentori di questi dati sono le grandi multinazionali americane, ma l’Europa ha recentemente dichiarato di voler diventare leader mondiale nell’economia dei dati promuovendo cioè un libero mercato dei dati nel rispetto delle normative europee sulla privacy, la concorrenza a i diritti dei consumatori.

Infrastrutture

La necessità di grandi moli di dati e grandi potenze elaborative, ci spinge a creare infrastrutture europee disegnate e costruite in base ai principi di rispetto dell’individuo e a disposizione del mondo della ricerca e delle aziende. Un progetto interessante è GAIA-X, un cloud europeo che si pone l’obiettivo di realizzare l’indipendenza tecnologica europea. La strategia italiana propone anche la realizzazione di infrastrutture alternative come il fog e l’edge computing utilizzando in modo sinergico infrastrutture accentrate e decentrate a seconda delle necessità della singola realizzazione. Questa visione innovativa è coerente con il tessuto industriale italiano ed europeo.

Altre tecnologie

Per dispiegare la potenzialità dell’AI abbiamo bisogno di integrare i suoi paradigmi con altre tecnologie. Ad esempio l’IOT è funzionale a raccogliere e mettere a disposizione dati che possono costituire la base di apprendimento e funzionamento di sistemi di AI in moltissimi campi, come per esempio la domotica o l’auto autonoma.

La blockchain promette di costituire la base di una infrastruttura di AI distribuita come quella sopra descritta e di poter condividere in modo più trasparente e più sicuro i dati. La cybersecurity può avvantaggiarsi di metodi di AI, ma anche costituire la base per realizzare sistemi più difficilmente attaccabili.

La formazione

L’educazione, la formazione e le competenze dei cittadini italiani e delle aziende è uno dei punti centrali della strategia italiana per poter realizzare l’obiettivo di portare i benefici dell’AI a tutta la società, riducendo i rischi a essa connessi.

Purtroppo oggi l’Italia occupa le ultime posizioni di quasi tutte le classifiche europee sulle competenze digitali europee e anche per il numero di corsi di AI a livello universitario siamo tra gli ultimi in Europa. In Italia l’anno scorso avevamo solo 5 corsi di laurea in AI (ora stanno aumentando di qualche unità) contro gli 80 in corso di realizzazione in Germania e in Francia che ha l’obiettivo di superare i tedeschi. Senza il capitale umano specializzato in STEM e AI non possiamo portare le competenze nelle aziende italiane e innescare il circolo virtuoso dell’innovazione digitale.

I corsi sono monitorati dall’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale che mantiene una mappa aggiornata con tutti i corsi di AI nelle università italiane. Come si vede i corsi nei quali si insegnano elementi di intelligenza artificiale sono numerosi. Quando parliamo di corsi di laurea però, parliamo di una formazione completa su questa materia e in questo caso siamo ancora in difetto, come sopra già descritto.

La strategia italiana punta a rinforzare questo obiettivo evidenziando il fatto che la ricerca in AI nel nostro Paese presenta ancora punte di eccellenza. Se non si interviene in modo strategico la situazione, però, è destinata a declinare velocemente, perché gli studenti e i ricercatori troveranno sempre più terreno fertile per lo studio e per l’impiego in altri Paesi rendendo vani gli investimenti in formazione.

Per portare la cultura dell’AI e le sue competenze nelle aziende sono necessarie operazioni mirate sul territorio rivolte alle PMI tramite le associazioni di categoria.

Una significativa opportunità in tal senso viene individuata nei dottorati di ricerca in azienda. È una modalità di trasferimento tecnologico molto usata nei Paesi a livello mondiale e anche europeo, ma è praticamente sconosciuta in Italia. Un dottorato ha un costo limitato, e porta in azienda competenze scientifiche che possono essere applicate a progetti significativi con ritorni in termini applicativi e formativi.

Infine viene descritta una strategia per diffondere cultura sull’intelligenza artificiale ai cittadini in modo da renderli consapevoli delle trasformazioni in atto e renderli protagonisti del futuro. È una strategia su cui punta tutta l’Europa, anche per contrastare paure, usi distorti, distopie e far capire, nello stesso tempo, usi e applicazioni per il benessere della popolazione nel rispetto della sostenibilità ambientale.

In questa direzione appare necessario un approccio interdisciplinare. Non si tratta solo di spiegare l’AI, ma anche il contesto socio-economico e ambientale in cui i suoi paradigmi si innesteranno.

Il budget per la realizzazione della strategia

Il documento esplora le esigenze di budget necessarie per la realizzazione delle componenti di base della strategia. Non è un elenco esaustivo. Si tratta di un punto di partenza che descrive esigenze primarie.

Fra queste si segnalano la creazione di un istituto italiano per l’intelligenza artificiale che raccolga e si faccia portavoce delle istituzioni che già esistono sul territorio. Un’esigenza che appare primaria per evitare una frammentazione di voci e invochi quella collaborazione che, nella nostra cultura, spesso risulta difficile. L’istituto italiano per l’AI permetterebbe anche di avere un interlocutore unico e di rilievo a livello internazionale, molto importante considerata la strategicità dell’AI nella definizione dei nuovi equilibri di competitività internazionale.

Il budget prevede un investimento misto pubblico e privato che in 5 anni assomma a 900 milioni di euro. È solo il punto di partenza e rappresenta un volano che prospetta un incremento progressivo, sulla base dei risultati e del rilancio della ricerca nel nostro paese. Questi primi investimenti innesteranno un circolo virtuoso che permetterà alle aziende italiane di ottenere gli ingenti fondi messi a disposizione dalla Comunità Europea nei prossimi anni per lo sviluppo e l’adozione delle nuove tecnologie di AI.

Le prospettive

I 30 esperti rappresentano non solo le proprie competenze ma sono anche portavoce di comunità, associazioni, laboratori che caratterizzano il panorama italiano dell’AI.

Il documento può e deve quindi rappresentare un punto di aggregazione della comunità.

Auspichiamo che la strategia trovi attuazione e non rimanga solo un documento chiuso in qualche cassetto.

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