Chatbot: come si addestrano

I Chatbot vanno allenati affinché non creino insoddisfazione tra gli utenti causati da incomprensione e incapacità di fornire le risposte adeguate. Ma come si sviluppano, testano ed addestrano i Chatbot?

Pubblicato il 21 Ago 2018

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Un Chatbot, affinché risulti efficace, deve saper identificare gli argomenti sui quali gli utenti stanno cercando informazioni e deve comprendere quali sono le reali esigenze delle persone che decidono di affidarsi ad esso in modo che possa fornire risposte coerenti con tali bisogni.

Per arrivare ad un simile risultato, un Chatbot deve essere allenato/addestrato o, come dicono gli esperti di AppQuality, essere sottoposto ad un processo di learning: cliente e sviluppatore identificano gli argomenti e le relative parole chiave, stimando quelle che saranno le richieste degli interlocutori ed il modo in cui saranno poste.

La sfida principale, per un’azienda che intende implementare un proprio Chatbot, dovrebbe essere quella di riuscire ad arrivare sul mercato senza dover “spostare” sui clienti la fase di training del Chatbot. Ma come ci si riesce senza, al contempo, incidere sui tempi di sviluppo (allungandoli)?

La risposta del team di AppQuality arriva da un caso concreto di sviluppo: “si è partiti dal problema (fase di learning a valle, quando il prodotto è sul mercato) per identificare quali fossero i processi di sviluppo che potevano essere rivisti per migliorare in particolar modo la fase di learning di un Chatbot. È immediatamente emerso che non vi era un singolo, specifico, aspetto sul quale bisognava lavorare, ma era necessario integrare il crowd-testing in diverse fasi dello sviluppo dall’identificazione degli argomenti alla gestione delle forme lessicali”, si legge sul blog della società.

L’identificazione degli argomenti necessari per addestrare il Chatbot prima del suo “go live” ha richiesto un lavoro congiunto tra sviluppatori e marketing (era fondamentale poter prevedere e stilare le ipotetiche domande che gli utenti avrebbero posto al Chatbot, uno sforzo che richiede la “vista dell’utente” e quindi l’intervento del team di marketing). In una seconda fase, poi, si è dovuto lavorare sulle forme lessicali: “c’è infatti chi usa un linguaggio più colloquiale, chi più sintetico o chi più prolisso. È evidente quanto flessibile deve quindi essere il Chatbot nel gestire linguaggi diversi, ma anche efficace nell’identificare il macro-argomento”, viene riportato nell’articolo di AppQuality.

Questa flessibilità è anche indice del fatto che non è possibile porre la parola “fine” ad un processo di sviluppo e miglioramento continuo di un Chatbot: “è un continuo bilanciamento tra l’obiettivo di soddisfare le domande più probabili e la necessità di gestire le specificità che possono emergere”.

TUTTI GLI APPROFONDIMENTI NELL’ARTICOLO REALIZZATO DAL TEAM DI APPQUALITY

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