Una app per il tracciamento e la previsione dell’evoluzione della pandemia da Covid-19

Seppure con modalità differenti in base alle necessità di conciliazione delle normative locali e internazionali, la app sfrutta sistemi di intelligenza artificiale che incorporano sia le reti neurali, sia i sistemi simbolici basati su regole programmate, per aumentare la spiegabilità dei modelli esaminati in termini umani. Particolari sistemi ibridi definiti “deep intelligence”

Pubblicato il 07 Lug 2020

trasformazione digitale

Dopo settimane di studio, un team di oltre 100 ricercatori provenienti sia dall’Istituto di ricerca biomedica di Salamanca, sia dall’Istituto di ricerca sull’Intelligenza Artificiale della stessa città, in collaborazione con l’Università di Salamanca, hanno finalmente sviluppato il proof-of-concept di un’applicazione per la previsione dell’evoluzione della pandemia da Covid-19 nel corso dei prossimi mesi.

In particolare, con questa applicazione si cerca di raccogliere informazioni utili sulla pandemia di Covid-19 e sull’evoluzione del virus, cercando di supportare i professionisti medici nella loro attività quotidiana e i funzionari governativi nelle decisioni da prendere in merito alla gestione della pandemia stessa. Sono dunque da includere l’eventuale adozione di particolari misure di distanziamento sociale e, al più, di quarantena.

Funzionamento e vantaggi della app

Questo tipo di app sfrutta, seppur con modalità leggermente differenti in base alle necessità di conciliazione delle normative locali e internazionali, sistemi di intelligenza artificiale che riescono a incorporare sia le reti neurali utilizzate nel deep learning, sia i sistemi simbolici basati su regole programmate, per aumentare così la spiegabilità dei modelli esaminati in termini umani. Questi particolari sistemi ibridi vengono definiti “deep intelligence”, il cui nome richiama l’unione delle tecnologie sopra citate.

Soprattutto in ambito sanitario, la deep intelligence richiede che sia usata anche la blockchain, per garantire una modalità di registrazione dei dati sicura e un’infrastruttura di condivisione degli stessi particolarmente robusta e interoperabile, abbastanza flessibile da permettere un accesso istantaneo alle cartelle cliniche elettroniche. Al contempo, la blockchain garantisce una protezione contro gli accessi non autorizzati o i tentativi di intrusione, definendo a priori, seppur con possibilità di modifica quasi istantanea, un sistema strutturato con diversi livelli di autorizzazione per i diversi attori di ecosistema, in base a molteplici fattori di identificazione della contingenza del momento.

Per utilizzare la deep intelligence al massimo delle sue capacità è fondamentale elaborare informazioni da sistemi diversi e oltre i confini istituzionali, operando un’analisi completa dei dati sanitari dei cittadini. La blockchain riesce a rendere più semplice l’elaborazione su larga scala di dati sui sistemi IT sanitari nazionali, i quali funzionano con un’ampia varietà di formati di dati, specifiche personalizzate e semantica ambigua, fornendo agli algoritmi AI e alle tecnologie di big data input utilizzabili, definendo standard e terminologie comuni, ovvero garantendo l’interoperabilità sopra accennata.

Nell’ambito delle applicazioni di tracciamento garantire che le persone rispettino al meglio le misure di distanziamento sociale in ogni loro dettaglio. La blockchain consente, per di più, di creare identità digitali e rilasciare autorizzazioni ad hoc per attività eccezionalmente ammesse ai cittadini; come andare al lavoro, qualora lo smart working non fosse un’opzione plausibile, o al supermercato, per ovvi motivi di sostentamento. Le autorizzazioni così rilasciate includeranno chiavi private, che andranno a sostituire i certificati cartacei di autocertificazione che il governo ha finora sempre fornito ai cittadini, rimettendo a questi ultimi la valutazione della situazione e, dunque, aumentando il rischio di contagio in caso di valutazione errata. Non è poi da trascurare il costo di sorveglianza incorso per tenere d’occhio i cittadini e verificare, a campione, la loro capacità di autovalutazione.

Ottenuto il permesso di spostarsi dalla piattaforma, informata sulle condizioni di salute del cittadino, sarebbe così possibile registrare tutte le informazioni da dichiarare in una sorta di smart contract su blockchain, la soddisfazione delle cui condizioni, a parte quella soggettiva della motivazione, sarebbe da verificare attraverso, per esempio, la lettura di QR code alla destinazione di arrivo del cittadino. In questo modo, viene rassicurato anche il proprietario del locale di destinazione sul fatto che il cittadino sia sano, essendo tutto inequivocabilmente registrato su blockchain e visibile in tempo reale, in base a permessi decisi ad hoc per i diversi attori coinvolti.

L’attività di ricerca

Per lo sviluppo di certe app, i ricercatori stanno cercando di trovare i principali fattori che influenzano la diffusione di Covid-19; inclusi fattori ambientali, genetici e sociali. In secondo luogo, essi devono prevedere l’evoluzione della pandemia di Covid-19 in base a informazioni legate ai pazienti, tra cui profili genetici, come già accennato, ma soprattutto cartelle cliniche e trattamenti medici. Solamente grazie a questa ricerca approfondita si potranno davvero supportare, grazie alle nuove app di tracciamento, le decisioni che sono prerogativa degli operatori sanitari.

La sfida da vincere contro il virus

Fornendo a quante più persone possibili un’app, si vuole, come scopo principale, rintracciare la pandemia di Covid-19 per prevedere future epidemie e pandemie, monitorando i microrganismi che potrebbero scatenare una futura crisi sanitaria. Vari team stanno analizzando notiziari, articoli scientifici e ricercando i giusti collegamenti tra diverse fonti di dati per allertare rapidamente il sistema sanitario pubblico in caso di previste future emergenze di salute, come quella che stiamo vivendo.

La più grande sfida è sicuramente la mancanza di dati affidabili provenienti da diversi paesi. Poche sono le banche dati che rendono disponibili gratuitamente tutti gli articoli di ricerca relativi a Covid-19, ma, grazie ai pochi che si sono potuti analizzare, gli stessi team stanno ora sviluppando tecniche di elaborazione del linguaggio naturale. Il fine è quello di automatizzare la raccolta di dati dalla comunità scientifica per alimentare i propri progetti di sviluppo delle applicazioni di tracciamento. Chiaramente, chi prima riuscirà nell’impresa comune si aggiudicherà il primato e – purtroppo – il vantaggio mediatico che, nonostante lo stato emergenziale, è ancora così importante.

La tecnologia sarà in grado di supportare gli operatori sanitari e i funzionari della sanità pubblica, fornendo loro informazioni che possono essere utilizzate durante le decisioni. Ad esempio, se i dati dovessero mostrare un aumento dei casi Covid-19, i funzionari potranno decidere se riattivare la quarantena forzata sul posto e quanto severamente imporla.

I maggiori team di ricerca e sviluppo, tra cui in primis questo spagnolo legato all’università di Salamanca, si trovano ancora nella fase di validazione del concetto di applicazione, nel tentativo concreto di trovare finanziamenti aggiuntivi per il progetto, poiché, nel loro caso come in altri, lo sviluppo non è un’iniziativa del governo. Sembra che il modello vincente sia, infatti, quello di rimettere a iniziative di privati ed enti pubblici, sanitari e accademici, la proposta di una qualche soluzione in merito allo sviluppo di applicazioni di tracciamento; come è stato dimostrato nel caso dei gruppi che, in varie parti del mondo (e.g., il gruppo di fondatori della startup Caracol, in Italia), hanno addirittura usato stampanti 3D e macchine da cucire per realizzare mascherine.

La questione della privacy

La dichiarazione di vari governatori in merito alla diffusione di queste app implica, però, un deprimente compromesso tra i decessi da Covid-19 e la privacy, che non dovrebbe esistere.

La crittografia e blockchain stanno cercando di risolvere il problema, dando luogo ad un efficace sistema di tracciamento che non invada i nostri diritti civili. Per due decenni, i crittografi hanno messo in evidenza la minaccia alla privacy delle nostre abitudini online e hanno anche trovato il modo di aggirare il problema, inventandosi strumenti di crittografia che ci consentono oggi di condividere i dati senza rinunciare alle nostre identità.

Eppure, proprio come abbiamo ignorato gli epidemiologi e i loro avvertimenti di un’inevitabile pandemia, abbiamo anche ignorato i crittografi. Peggio ancora, forse, li abbiamo etichettati come manipolatori e criminali, quando la crittografia è stata collegata, attraverso l’invenzione della blockchain, alle truffe basate sui Bitcoin; criptovaluta che ha inaugurato l’era del FinTech. Questo approccio deve cambiare. Se i governi vogliono veramente proteggere la libertà dei cittadini, ora è necessario supportare la ricerca e lo sviluppo di protocolli blockchain anonimi, di firme crittografiche particolarmente sicure e soluzioni end-to-end, così da far ottenere davvero la sovranità sulla propria identità digitale a ciascun cittadino.

Per fortuna, l’esplosione delle criptovalute ha favorito un boom dell’innovazione in questi campi, dando luogo ad applicazioni secondarie con risvolti cruciali in altri ambiti (come quello della sanità), e anche risvegliando in noi tutti uno spirito di collaborazione di rete su scala globale. Lo stesso spirito che tante volte nella storia ha permesso all’umanità di sopravvivere e di raggiungere vette altissime.

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