Sanità 4.0, la difficile attuazione e il ruolo dell’AI

L’intelligenza artificiale avrà impatto solo quando avremo sistemi sanitari interoperabili e collaborativi, con i pazienti protagonisti nella gestione della propria salute

Pubblicato il 30 Ago 2021

Darya Majidi

founder e Ceo di Daxo Group, founder e Ceo di DaxoLab, membro della Faculty della Singularity University Italia

sanità digitale

In un contesto in cui si parla di sanità digitale 4.0, di empowerment ed engagement del paziente, di big data, di centralità del paziente, di sistemi semantici interoperabili e comunicanti, dobbiamo constatare che la realtà che ci circonda è ben lontana dalle potenzialità offerte delle tecnologie della quarta rivoluzione industriale disponibili per la gestione della salute (vivo in Toscana, una regione da molti ritenuta una eccellenza per i sistemi sanitari). La non interoperabilità dei sistemi, la non condivisione dei dati tra pubblico e privato, la non collaborazione tra i professionisti con piattaforme collaborative online e infine il non coinvolgimento del paziente nel processo di decision making, in modo informato e strutturato, lasciano con la sensazione che gli ingenti fondi investiti nei sistemi informativi regionali in sanità non abbiano dato i benefici attesi.

Da quasi tre decenni, lavoro nella digital transformation delle aziende, soprattutto ospedaliere. La mia tesi di laura era su un sistema esperto di intelligenza artificiale proprio per le malattie neuromuscolari, quindi, in teoria sono un paziente “evoluto” che potrebbe essere un attore da valorizzare. Ma il sistema intorno a me non funziona. Mentre il privato e alcuni settori del pubblico (vedi l’Agenzia delle entrate) si sono trasformati grazie al digitale, la sanità è tutt’ora in una fase di bassa maturità culturale, organizzativa e digitale. Perché?

Perché la sanità 4.0 non è ancora realtà

Ecco a mio avviso, ecco alcuni dei fattori:

  1. la decentralizzazione dei sistemi informativi ospedalieri a livello regionale ha fatto perdere una governance nazionale dei sistemi, e ha portato a disuguaglianze significative tra i sistemi sviluppati e la non interoperabilità tra questi. A macchia di leopardo ci sono ospedali di eccellenza in tutte le regioni, ma a livello nazionale di fatto non esiste un “sistema informativo sanitario” condiviso.
  2. Il pubblico e il privato sono in silos disgiunti. Collaborano a livello amministrativo con le convenzioni, ma non a livello clinico.
  3. Spesso le gare per gli acquisti dei sistemi coprono singoli dipartimenti e non hanno una visione “paziente-centrica” e spesso nelle gare non si obbligano i vendor a usare gli standard di comunicazione e interoperabilità in sanità quali HL7 e DICOM disponibili ormai da anni.
  4. Il cittadino/paziente non è visto come un elemento del sistema da valorizzare e coinvolgere, ma come un utente finale passivo da comandare.

I dati sono conoscenza e la conoscenza porta a decisioni. Con le tecnologie disponibili sarebbe possibile accedere in cloud a piattaforme distribuite per condividere dati e alimentare i big data per elaborarli con applicativi di machine learning e intelligenza artificiale, ma ad oggi i sistemi informativi ospedalieri, gli strumenti diagnostici, i dispositivi robotici medicali, i trial clinici, le biotecnologie, il mondo farmaceutico e genetico spesso non sono comunicanti e pur creando enormi quantità di dati questi sono isolati e non si possono trasformare in conoscenza. Se i dati che ogni giorno raccogliamo fossero a sistema, questi dati potrebbero drasticamente aumentare la nostra conoscenza della medicina e impattare in modo significativo su tutti i processi primari nella gestione della salute, ovvero prevenzione, diagnosi, prognosi, terapia e follow up.

I dati clinici

Quasi 20 anni fa partecipai a un progetto finanziato dalla Commissione Europea sui dati clinici delle persone e si lavorò sul diagramma seguente, dove si metteva in evidenza che solo con un approccio paziente-centrico e solo con l’uso di standard di comunicazione quali HL7 e DICOM, fosse possibile far confluire i dati raccolti nei diversi episodi clinici multidisciplinari di una persona (EPR, Electronic Patient Record) nel cosiddetto Electronic Health Record (EHR), ovvero il sistema completo olistico della salute del paziente dalla nascita alla morte.

Oggi sappiamo che il paziente stesso attraverso i device mobili, sempre più wearable, è in grado di raccogliere molti dei propri dati (passi effettuati, ECG, pressione, temperatura, glicemia, battito, ecc) e con l’IoT (Internet of Things) può contribuire alla creazione del proprio EHR. Nel futuro saremo sempre più circondati da sistemi IoT miniaturizzati distribuiti negli ambienti che raccoglieranno dati dai sensori e daranno risposte “intelligenti”.

Nel medesimo progetto si studiavano i livelli di maturità dei sistemi dal punto di vista dei diversi stakeholder: i cittadini, gli operatori sanitari, i fornitori e business player e le istituzioni e assicurazioni.

Da sistemi non strutturati e non comunicanti (livello 1) si va verso piattaforme condivise e interoperabili (livello 3) dove i pazienti partecipano alla gestione dei propri dati, i professionisti hanno accesso alla EHR di tutti i propri pazienti, i fornitori e l’amministrazione hanno una gestione della supply chain per paziente e infine le assicurazioni e la governance hanno accesso a dati completi e collaborativi tra pubblico e privato.

Le idee, quindi, erano già chiare decine di anni fa su cosa avessimo dovuto fare, ma mancavano le tecnologie: le connessioni, le reti, il cloud… tutto insomma. Oggi le tecnologie sono finalmente mature per un cambio radicale del paradigma. Deve essere la continuity of care dei pazienti a governare i processi e i sistemi.

La medicina 5P

Siamo in un contesto in cui si va verso la cosiddetta medicina 5P, ovvero:

  • Personalized: specifico per singolo cittadino, quindi una medicina ad personam
  • Predictive: in grado di predire possibili patologie in base a determinati dati clinici, ambientali e genetici
  • Preventive: in grado di prendere decisioni per prevenire patologie in early detection
  • Participatory: coinvolgendo il cittadino/paziente che è engaged ed empowered
  • Populational: in grado di offrire la salute a tutta la popolazione a livello globale.

La digitalizzazione e la reingegnerizzazione dei processi sanitari devono creare le basi affinché i dati si trasformino in conoscenza e quindi in decisioni. Gli scenari tecnologici futuri sono innumerevoli e ad oggi imprevedibili, ma dovranno supportare gli operatori e i cittadini soprattutto in quelle attività denominate 3D: dump (ripetitivi e senza valore, ad esempio il data entry), dirty (sporchi, ad esempio sanificazioni e processi nelle centrali di sterilizzazione) e dangerous (pericolosi, ad esempio a contatto con sostanze pericolose quali chemioterapie). Ogni paziente sarà trattato in modo diversificato e personalizzato.

Molti sono i progetti innovativi in essere, ma ancora non sono a sistema e dobbiamo focalizzare l’attenzione su alcuni scenari che anche la pandemia COVID-19 ha evidenziato come ottimizzabili: la telemedicina, i sistemi clinici, i sistemi diagnostici avanzati, il bio e pharma tech e infine l’health population management.

Cura primaria e telemedicina

L’AI a supporto della telemedicina, teleriabilitazione e telemonitoraggio, con un approccio centrato sul paziente, potrà supportare i clinici nelle loro decisioni e nei processi da attivare, coinvolgendo gli MMG e le strutture del territorio in base alle necessità. Soprattutto i pazienti cronici avranno enormi benefici dall’uso dell’AI nella loro cura, potendo accedere a conoscenze e metodiche replicabili a basso costo.

Ecco alcuni possibili scenari, non esaustivi, di cui potranno beneficiare pazienti e operatori:

  • uso di AI nei wearable dei pazienti per misurare sintomi e primi indicatori per prevenire e predire situazioni dannose;
  • uso di app AI per dare informazioni appropriate ai pazienti e attivare servizi di connessione con medico curante e operatori delle strutture sanitarie
  • uso di AI e IoT per diagnosi precoci per pazienti asintomatici o monitoraggio dei cronici
  • uso di app per tele consulti, tele monitoraggi e tele riabilitazione
  • uso di app AI per valorizzare e coinvolgere i cittadini e i pazienti con coaching personalizzato, chatbot intelligenti, tecnologie persuasive, strumenti per AAL (Active and Assisted Living)
  • sistemi di computer vision per sorvegliare e monitorare i pazienti fragili a casa.

EHR e gestione dei dati clinici

I dati degli EHR dei pazienti potrebbero essere analizzati con sistemi di AI per trovare correlazioni, classificazioni, pattern sconosciuti e cluster per avere un quadro più completo e accurato del paziente. L’elaborazione di big data creati grazie all’aggregazione degli EHR anonimizzati di pazienti con le stesse patologie, permetterà all’AI di estrarre nuovi pattern e fornirli come nuovi input a nuovi studi.

Le reti di collaborazioni multicentriche e multidisciplinari cliniche creeranno i big data per valutazioni, studi e sperimentazioni anche nelle patologie rare. I big data creati unendo i dati clinici e genetici, potranno davvero realizzare le promesse della medicina 5P. Sarà inoltre sempre più possibile mettere in correlazione patologie tra loro: per esempio l’utilizzo di grandi basi di dati ha messo in relazione i disturbi del sonno con disturbi della memoria e con la senilità precoce, aprendo quindi nuove strade di prevenzione.

Uno dei processi più tediosi ad oggi per gli operatori sanitari è l’inserimento dei dati nelle cartelle cliniche, ma a breve questo potrà essere realizzato attraverso sistemi di refertazione AI di speech to text o di Natural Language Processing.

Sanità e diagnostica digitale

Grazie all’AI è possibile estrarre conoscenza dai dati e realizzare sistemi predittivi, di clustering e di classificazione per supportare i clinici nelle loro attività di diagnosi. L’AI supporta i medici a confrontare sintomi e risultati di analisi diagnostiche con basi di dati condivise, al fine di basare la diagnosi su protocolli e best practice validati a livello mondiale. L’AI renderà la pratica clinica distribuita e più accessibile: riconoscere i pazienti con stroke o infarto in corso con pochi semplici input, riconoscere dalla voce del paziente patologie in corso, riconoscere i melanomi con semplici telecamere sono solo alcuni esempi delle molte possibilità.

I dati raccolti con i sistemi diagnostici devono essere correlati ai dati clinici per una modellazione e analisi longitudinale specifica per singolo paziente. Gli algoritmi di AI possono essere usati per elaborazione di immagini (estrazione di region of interest per radiologi, di pattern significativi per oncologi, ecc.), segnali, diagnostica clinica, sistemi di supporto alle decisioni, sistemi tutoriali, sistemi di riconoscimento di linguaggio, di linee guida e molto altro.

sanità

Bio-tech e pharma

L’analisi con l’AI di grandi basi di dati rende oggi possibile scoprire nuovi farmaci e la loro efficacia più velocemente, accorciandone i tempi per raggiungere il mercato e quindi rendendo disponibili cure innovative in tempi minori. La genomica sarà rivoluzionata grazie alla capacità di estrarre dati strutturati da pattern non strutturati dall’AI. I sistemi AI grazie a biosensori e diagnostica molecolare (es. sequenziamento del DNA e diagnostica su base genetica) possono davvero stravolgere le conoscenze attuali, usando metodiche quali reti neurali e deep learning per trasformare grandi quantità di dati in pattern e regole.

Sarà possibile creare big data per identificazione di biomarcatori, analisi di omica e radiomica molecolare grazie a sistemi di machine learning e calcolo parallelo. Settori che avrebbero grande beneficio sono tutta la farmaceutica biotecnologica e nanotecnologica, industria a base biologica, scienza dei materiali e bioinformatica.

Population Health Governance

Grazie a questi dati diventa quindi possibile realizzare piattaforme in grado di elaborare dati della popolazione per creare soluzioni per una gestione sanitaria basata sull’evidenza per:

  • governance clinica e modelli di valutazione finanziaria della sanità
  • simulazioni e modelli e metodi matematico-computazionali
  • gestione sanitaria, modelli e risultati quantitativi

Le carenze della sanità digitale, un caso personale

Da un po’ di tempo soffro di un fastidioso dolore all’inguine. Su suggerimento del mio medico di famiglia faccio un esame radiologico. Dopo pochi giorni ho l’esame, il referto cartaceo e le immagini RX su un CD. Leggo il referto. Ho una laurea e due master, ma ciò che è scritto mi è oscuro. Lo trovo anacronistico e quasi offensivo. Io in primis dovrei essere coinvolta nella gestione della mia salute per poter essere un soggetto attivo e non passivo. Dopo aver approfondito la documentazione trovata sui siti degli ospedali universitari di riferimento, capisco chiaramente il referto e mi dispiace che i professionisti non abbiano avuto il tempo o la voglia di scrivere in un italiano comprensivo e chiaro le informazioni che mi riguardano. Porto tutto al mio medico e decidiamo che è il caso di consultare uno specialista. Prenoto una visita ortopedica presso la clinica ospedaliera universitaria vicina alla mia città e dopo la visita, il medico mi rilascia il referto e il quesito diagnostico, di nuovo cartaceo, chiedendo di fare ulteriori esami diagnostici. Ritorno al centro privato di imaging e faccio una risonanza magnetica. Ritorno dall’ortopedico che mi fa una diagnosi e finalmente un piano terapeutico che prevede trattamenti farmacologici e di fisioterapia in un altro centro. Morale: un team di esperti mi sta seguendo, ma essi non hanno nessuno strumento di collaborazione e comunicazione, se non i referti cartacei che io porto con me e io sono trattata come un agente passivo di trasporto dati, che non viene in nessun modo coinvolto e responsabilizzato.

Nello stesso tempo, però, quando vado in un ristorante e voglio scegliere un buon vino, mi è sufficiente fare una scansione all’etichetta sulla bottiglia e attraverso sistemi di elaborazione di immagini basati sull’AI posso accedere in cloud a tutte le informazioni riguardanti quel vino e posso consultarmi con una community di esperti enologi, degustatori e chef che spiegano tutto, dalla vinificazione all’abbinamento migliore ai cibi e, se voglio, con un click acquisto il vino, che mi arriva direttamente a casa.

Perché non riesco a fare lo stesso per la mia salute? Perché i medici non hanno piattaforme collaborative e noi pazienti non abbiamo servizi intelligenti che ci supportino e coinvolgano?

Conclusioni

L’AI e le tecnologie per comunicare con i pazienti direttamente da casa potranno minimizzare i costi diretti e indiretti della sanità e ottimizzare i servizi per cittadini e operatori nel prossimo futuro. A breve connettendosi con il cellulare si potrà creare una mini call tra il medico di base, l’ortopedico e il fisiatra per creare un piano terapeutico condiviso con il paziente, mentre loro potranno accedere in cloud a piattaforme collaborative intelligenti dove condividono dati, risultati diagnostici e referti ed essere sostenuti da sistemi di supporto alle decisioni, da connessioni a second opinion o a database di casi clinici.

Intanto il dolore all’inguine ancora mi perseguita. Spero che con i grandi investimenti previsti dal PNRR e dalle gare di sanità digitale in essere, tra qualche anno i desiderata di questo articolo saranno una realtà.

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