Intelligenza artificiale

Intelligenza artificiale e lavoro: cosa cambierà e per chi



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Intelligenza artificiale e lavoro, quanta preoccupazione! La rivoluzione dell’intelligenza artificiale porta con sé il timore di conseguenze negative da un punto di vista occupazionale. I rischi non mancano ma è possibile essere ottimisti

Pubblicato il 17 lug 2018



Intelligenza Artificiale e Lavoro

Intelligenza artificiale e lavoro, quanta preoccupazione! La rivoluzione dell’intelligenza artificiale porta con sé il timore di conseguenze negative da un punto di vista occupazionale. I rischi non mancano ma è possibile essere ottimisti

Intelligenza artificiale e lavoro: un rapporto che, occorre premetterlo, è quantomeno ampliamente dibattuto. Il crescente avvento dell’intelligenza artificiale nel mondo delle imprese porta infatti esperti e non a interrogarsi su una domanda cruciale: l’AI sarà un beneficio da un punto di vista occupazionale? Oppure le macchine (anche se sarebbe meglio dire le tecnologie) finiranno per rubarci il lavoro, lasciandoci sostanzialmente nullafacenti (e pericolosamente nullatenenti)? La risposta non è di facile soluzione: non è la prima volta nella storia che l’avvento di nuove tecnologie – radicalmente diverse da quelle precedenti – spinge a formulare previsioni catastrofiche in termini di impatto sui posti di lavoro e sull’occupazione in generale. Anche se poi, a conti fatti, il saldo delle nuove tecnologie sul mondo del lavoro si è sempre dimostrato positivo.

Intelligenza artificiale e lavoro, coinvolta la metà della forza lavoro

Previsioni negative di questo tipo, ad esempio, si erano diffuse nella seconda metà del secolo scorso di pari passo con la diffusione dell’automazione e dei computer. Ma questa volta l’impatto potrebbe persino essere superiore rispetto a quanto osservato nelle rivoluzioni passate: secondo il report “A Future That Works: Automation, Employment and Productivity”, realizzato da McKinsey Global Institute – MGI”, circa la metà dell’attuale forza lavoro potrebbe essere impattata dall’automazione entro il 2055 grazie alle tecnologie già note e in uso oggi. Un impatto che è destinato a essere dirompente e talvolta anche drammatico sulla vita professionale di milioni di individui nei prossimi decenni.

Prendiamo ad esempio uno dei mondi in cui l’AI produrrà inevitabilmente uno dei maggiori effetti, ossia l’avvento delle auto senza conducenti, a sua volta reso possibile dal funzionamento di software sempre più potenti di intelligenza artificiale, che nei prossimi decenni ridurrà drasticamente il numero di conducenti, ovvero una professione ancora oggi piuttosto importante. Un problema per l’occupazione? Senza dubbio sì, soprattutto nel medio periodo e per quel determinato segmento di lavoratori. Ma non per questo bisogna essere del tutto pessimisti: i veicoli senza pilota, inevitabilmente, produrranno un aumento della domanda di operatori adatti a intervenire da remoto in caso di difficoltà o guasto. Non solo: le ore sottratte alla guida consentiranno agli individui di avere più tempo per consumare altri beni e servizi, molti dei quali oggi sono difficilmente immaginabili. In generale, molte attività routinarie che si svolgono negli uffici – come l’inserimento dati e il relativo monitoraggio – si apprestano a essere superate in maniera più o meno rapida dalla diffusione dei software di intelligenza artificiale.

Per il momento l’AI crea occupazione

Per il momento, comunque, i lavoratori possono stare abbastanza tranquilli: tra marzo e giugno del 2017 Capgemini ha condotto uno studio, intitolato “Turning AI into concrete value: the successful implementers’ toolkit”, interpellando quasi mille manager provenienti da nove Paesi: Australia, Francia, Germania, India, Italia, Olanda, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. La ricerca ha evidenziato che grazie all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, 4 imprese su 5 (pari a circa l’83%) hanno creato nuovi posti di lavoro, in particolare di posizioni di livello senior (i due terzi delle nuove assunzioni sono a livello manageriale o di livello superiore). Non solo: oltre i tre quinti delle imprese (il 63%) che hanno implementato su larga scala l’intelligenza artificiale in azienda affermano che non vi è stata alcuna perdita di posti di lavoro. Questi due risultati derivano dal fatto che per molte imprese l’artificial intelligence rappresenta una via efficace per ottimizzare lo svolgimento di attività ripetitive o le mansioni amministrative (accelerando i processi, rendendoli più efficienti ed eliminando gli sprechi). Tra le realtà che hanno implementato l’AI su larga scala prevale inoltre la convinzione che l’intelligenza artificiale semplificherà i lavori più complessi (89%) e che le macchine intelligenti coesisteranno con la forza lavoro all’interno dell’azienda (88%).

AI al servizio del miglioramento della qualità verso l’esterno

A conclusioni abbastanza simili è giunto anche l’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano: anche se per il momento ci troviamo in una fase di transizione e sono rare le soluzioni già pronte all’uso, dall’analisi risulta che la domanda di lavoro nei progetti di AI è cresciuta e non diminuita. Inoltre, le soluzioni di AI oggi sono utilizzate più come leva competitiva esterna per migliorare i servizi e la qualità che non come strumento per aumentare l’efficienza interna. Infine, le imprese appaiono consapevoli della delicatezza del tema, selezionando attentamente i progetti da attivare, considerando sia i benefici attesi che l’accettabilità interna ed esterna dell’innovazione.

Intelligenza artificiale e lavoro, le nuove professionalità richieste al mondo IT

Andando a osservare più specificatamente il mondo IT, i vantaggi sembrano essere superiori, con la creazione di tutta una nuova serie di professionalità legate alla crescita dell’intelligenza artificiale. In particolare, sul fronte intelligenza artificiale e lavoro “nuovo”, serviranno nuove competenze in tre specifiche aree:

1) supervisione e conformità dell’intelligenza artificiale: serviranno persone in grado di garantire che i programmi di IA funzionino come dovrebbero e che non vi siano bug, errori nei dati ed origini e fonti di dati inattendibili che possano compromettere il funzionamento del sistema di IA stesso;

2) gestione dell’intelligenza artificiale: saranno sempre più richieste figure in grado di lavorare sulle implementazioni tecniche e sul “tuning” delle operazioni di Intelligenza Artificiale (con conoscenze matematico-statistiche, capacità di lavorare sugli algoritmi, gli analytics ed i dati in generale);

3) aggregazione e pulizia dei dati: raccolta (soprattutto da fonti oscure) e pulizia dei set di dati per il loro utilizzo in sistemi di intelligenza artificiale.

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