La posizione dell’Unione europea sull’intelligenza artificiale

Dal Libro bianco, pubblicato di recente, ai tre obiettivi per i prossimi cinque anni. La Commissione europea si è posta l’obiettivo di rendere affidabile l’intelligenza artificiale fondandola sui principi di efficienza e fiducia

Pubblicato il 18 Mag 2020

Renato Goretta

DPO e consulente GDPR

Il Libro bianco sull’intelligenza artificiale è l’approccio europeo all’eccellenza e alla fiducia che riguarda la trasformazione digitale che è sotto gli occhi di tutti. Inoltre, incidentalmente, la compressione dei diritti legati al trattamento dei dati personali dovuti al Covid-19 e all’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale a fini preventivi impone un serio approfondimento di questa tematica. La trasformazione digitale deve essere al servizio di tutti, deve riflettere i caratteri fondanti dell’Unione Europea e, tra questi, il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali.

Questo è l’obiettivo che si è data la Commissione europea pubblicando il 19 febbraio scorso il Libro bianco sull’Intelligenza Artificiale, rivelando le proprie strategie per assicurare uno sviluppo dell’IA che consideri la persona (c.d. sviluppo antropocentrico) e una strategia per i dati (qui la comunicazione della Commissione Europea al Parlamento Europeo) che sarà oggetto di un mio prossimo articolo.

Il Libro bianco è un documento aperto ai commenti e al giudizio di tutti i cittadini europei attraverso una consultazione pubblica aperta fino al 31 maggio 2020 (login qui). Chi scrive ha partecipato chiedendo un Regolamento Europeo per l’intelligenza artificiale. Alla luce di tutti i contributi ricevuti, la Commissione europea intraprenderà ulteriori azioni per sostenere lo sviluppo di una AI affidabile e sicura.

L’iter che ha portato al Libro bianco

L’iter per giungere al Libro bianco – partendo dall’affermazione della Commissione europea del 2018 “l’intelligenza artificiale non è fantascienza: fa già parte delle nostre vite” – ha compiuto i suoi passi più significativi a partire dal 25 aprile 2018, quando è stata presentata per la prima volta una “Strategia per l’Intelligenza Artificiale”, unitamente alla dichiarazione di cooperazione – firmata il 10 aprile 2018 – da 25 Stati europei. A dicembre 2018 è stato poi stilato un piano per realizzare, entro il 2027, 70 joint actions per una cooperazione più efficiente tra gli Stati in aree fondamentali come ricerca, investimenti, diffusione sul mercato, competenze, dati e cooperazione internazionale.

Tutti gli Stati membri sono stati invitati a sviluppare le loro strategie nazionali per l’AI, delineando i livelli di investimento e le misure di attuazione. L’Italia ha individuato i suoi obiettivi (9) nella Strategia nazionale per l’Intelligenza Artificiale.

Il 4 aprile 2019 il team di esperti istituito dall’UE ha pubblicato le Linee Guida: Creare fiducia nell’Intelligenza Artificiale antropocentrica per una Intelligenza Artificiale affidabile, contenenti sette requisiti chiave:

  1. sorveglianza umana
  2. robustezza e sicurezza
  3. privacy e gestione dei dati
  4. trasparenza
  5. diversità e non discriminazione
  6. benessere sociale e ambientale
  7. responsabilità

Infine, nella seconda metà del 2019, oltre 300 organizzazioni hanno testato le indicazioni operative contenute nelle Linee guida, mandando i feedback coi propri riscontri che il team di esperti europei userà per aggiornare la lista. La carenza principale individuata è stata la mancanza, in molti settori economici, di leggi concernenti la trasparenza, la tracciabilità e la sorveglianza umana sull’intelligenza artificiale. L’obiettivo che si è dato la Commissione è quello di tracciare un piano regolatorio europeo solido – si spera in un Regolamento Europeo alla stregua del GDPR – per garantire l’affidabilità dell’AI, in modo da proteggere i cittadini e garantire un mercato interno privo di scontri legali. Il lavoro si concluderà presumibilmente nel giugno 2020.

Appare evidente che a fronte del progresso delle tecnologie, rapido (probabilmente ben più rapido di quanto statuito nelle “leggi di Moore”), il legislatore fatichi – non riesca – a tenere il passo.

Gli obiettivi della Commissione europea per i prossimi cinque anni

I temi in ambito digitale su cui si concentrerà la Commissione nei prossimi cinque anni sono:

  • tecnologia al servizio delle persone

Offrire tecnologie all’avanguardia per tutti i servizi: sanità, riduzione dei guasti dei macchinari domestici, sicurezza dei trasporti, miglioramento dei servizi pubblici, previsioni meteo-idrogeologiche, rischi naturali, cybersecurity, impatti ecologici, ecc.

  • economia equa e competitiva

Proseguire il percorso per rendere l’Europa una società digitale globalmente competitiva e inclusiva nell’industria, nei trasporti, nell’agricoltura, nell’economia circolare, nel turismo nella cultura in un mercato aperto basato su regole.

  • società aperta, democratica e sostenibile

Principi per i quali gli strumenti digitali possono svolgere un ruolo nella riduzione dei costi dei vari servizi come i trasporti, l’energia, l’educazione, lo smaltimento dei rifiuti, la sanità

Il Libro bianco sull’intelligenza artificiale della Commissione europea fissa l’obiettivo di rendere affidabile l’intelligenza artificiale fondandola sui quei principi di efficienza e fiducia senza i quali – anziché miglioraci la vita – ciascuno di noi potrebbe sentirsi in pericolo. Un risultato che deve essere raggiunto attraverso una continua collaborazione a tutti i livelli e a tutte le dimensioni tra il settore pubblico e quello privato.

Alla luce delle considerazioni fatte, la Commissione ha delineato i passi intrapresi per creare un ecosistema di eccellenze:

  • ampliamento del Piano per lo Sviluppo dell’AI in Europa.

La Commissione nel Libro Bianco indica di voler integrare il Piano per lo Sviluppo dell’AI in Europa con un programma di investimenti dedicati alle regioni meno sviluppate e alle aree rurali, dove gli interventi richiesti vanno oltre a quanto può garantire ogni singolo Stato. L’obiettivo è infatti attrarre più di 20 miliardi di euro all’anno di investimenti in AI, rendendo disponibili per queste zone tecnologicamente più arretrate i fondi del Digital Europe Programme, di Horizon Europe e degli European Structural and Investment Funds (previsti nel settennato 2020-2027).

  • Facilitare la creazione di centri di testing combinando investimenti europei, nazionali e privati

Istituendo un centro di coordinamento dei vari poli diffusi in grado di attrarre i migliori talenti, in modo da combattere la dispersione dei vari centri di competenza e creare più sinergie.

Per utilizzare al meglio l’Intelligenza artificiale nell’implementazione dei sistemi educativi, rendendoli così al passo con le trasformazioni digitali. Tra i progetti, anche l’istituzione di un curriculum orientativo per gli sviluppatori AI, da mettere a disposizione come risorsa per le istituzioni formative, e l’aumento del numero di donne formate e impiegate in quest’area.

  • Garantire alle PMI l’accesso alla tecnologia AI

Attraverso una più forte collaborazione coi Digital Innovation Hub. Per questo motivo la Commissione Europea lavorerà con gli Stati membri per assicurarsi che almeno uno di questi DIH abbia un alto livello di specializzazione nel campo dell’intelligenza artificiale.

  • Una nuova partnership tra pubblico e privato

Istituendo, attraverso Horizon Europe, su IA, data e robotica, forme di partnership a tutti i livelli e a tutte le dimensioni, tra pubblico e privato nella pianificazione dell’agenda su ricerca e innovazione.

  • Avviare dialoghi trasparenti coi vari settori di pubblica utilità

A esempio sanità, amministrazioni rurali, trasporti, ecc. per costruire un action plan volto a facilitare lo sviluppo, la sperimentazione e l’adozione dell’AI in questi contesti. Il risultato porterà alla stesura di un Adopt AI programme.

Il Libro bianco sull’Intelligenza Artificiale affronta poi il tema dei rischi connessi all’utilizzo di questa tecnologia; rischi che alimentano le paure dei cittadini per l’utilizzo che ne può essere fatto con intenti criminali oppure per la paura di perdere potere nella difesa dei propri diritti o per la perdita della propria identità. L’uso dell’AI infatti può comportare rischi significativi in determinati contesti. Si tratta di casi che possono riguardare, a esempio, la salute, le attività di polizia o i trasporti; casi in cui i sistemi di AI potrebbero non essere trasparenti o non tracciabili e non sorvegliati dall’uomo. Al fine di scongiurare queste possibilità le autorità dovrebbero poter effettuare verifiche sui dati usati dagli algoritmi e certificarli, così come accade, a esempio, per molti prodotti: automobili, farmaci, giocattoli, apparati biomedicali, aerospazio, ecc., già regolati dalle rigorose norme per proteggere i consumatori e per far fronte alle pratiche commerciali sleali e proteggere i dati personali e la privacy.

Per il corretto funzionamento dei sistemi di AI ad alto rischio, la Commissione europea indica che sono necessari dati privi di distorsioni e non “inquinati”, atti anche a garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone come la non discriminazione (uno degli elementi che chi scrive ha maggiormente sottolineato durante la consultazione UE).

A esempio, l’uso del riconoscimento facciale per l’identificazione biometrica remota può essere oggi utilizzato lecitamente solo in casi debitamente giustificati e proporzionati e in seguito a una valutazione del bilanciamento degli interessi (balancing test), subordinati a misure di salvaguardia basate sulla legislazione UE o nazionale. In tale contesto è deprecabile l’idea di derogare la normativa che vieta il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici in assenza di un Regolamento dell’Unione Europea.

Il ruolo dell’Unione Europea

Il Libro bianco guarda giustamente all’Unione Europea, ai suoi cittadini e alle sue imprese non solo come meri utilizzatori dei sistemi di intelligenza artificiale, ma anche come produttori di questa tecnologia, in virtù delle eccellenze presenti sul suo territorio (università, centri di ricerca, concentrazione startup innovative, competenze leader in robotica, spinoff universitari, poli tecnologici e un settore manifatturiero altamente competitivo con tre paesi UE – Italia, Francia e Germania – nel G7). Il ruolo dell’Unione Europea nel contesto mondiale servirà anche a bilanciare il peso di USA, Cina e Russia e a tutelare i diritti dei cittadini europei compressi fra un mercato con meno regole, quello americano, uno senza democrazia, quello cinese e uno autoritario, quello russo.

La Commissione europea intende rafforzare ed espandere il ruolo della UE nell’ecosistema e nella filiera di valore dell’AI, dalla produzione dell’hardware a quella del software, fino ai servizi. Se da un lato questo sta già accadendo (infatti l’Europa produce più di quasi un terzo dei robot industriali esistenti e l’Italia è leader di settore) e oltre la metà delle principali industrie manifatturiere europee utilizza sistemi di AI, gli investimenti europei per la ricerca e l’innovazione sono ancora una piccola frazione di ciò che avviene a livello pubblico e privato in altri parti del mondo (e l’Italia è fanalino di coda nel G7) anche in considerazione del ruolo che le smartphone company cinesi (Huawei, Xiaomi e One Plus fra le altre) stanno acquisendo nel campo del 5G e delle applicazioni di AI correlate.

Per fare ciò sono necessari investimenti importanti.

Se vediamo quelli del 2019, pubblicati di seguito (fonte: Commissione europea, Bloomberg Statistica), capiamo che il terreno da recuperare è molto:

– Cina, 7 mld

– Usa, 4 mld

– UE, 1 mld

– Germania, 600 mln

– Italia, 70 mln

valori in euro

Un altro dei problemi individuati dalla Commissione europea nel Libro Bianco è la modesta possibilità per il consumatore finale di accedere a dati utilizzabili, la cui produzione a livello globale sta crescendo rapidamente (si prevede che nel 2025 il volume sarà di 175 zettabyte contro i 33 del 2018). Oggi oltre l’80% dell’analisi dei dati nel cloud avviene in strutture computerizzate centralizzate, mentre la parte restante è prerogativa di dispositivi connessi (come le automobili o i robot industriali) e di edge computing. Si prevede, però, che entro i prossimi anni – tutto dipenderà dagli investimenti effettivi – queste proporzioni cambieranno offrendo all’Europa l’opportunità di diventare leader in questo campo.

Secondo la Commissione europea, l’Europa dovrà quindi sfruttare la sua posizione di leader mondiale nel campo della low power electronic (batterie, processori, microprocessori, microcontrollori, ecc.) elemento chiave della prossima generazione di processori specializzati per l’intelligenza artificiale, il cui mercato oggi è dominato da attori non europei. Per raggiungere questo risultato l’UE ha già in messo in campo alcune iniziative, come l’European Processor Initiative (per lo sviluppo di sistemi informatici a bassa potenza) e la programmazione dei lavori del Key Digital Technology Joint Undertaking che inizieranno nel 2021.

Un altro punto di forza europeo indicato dalla Commissione è la competenza accademica nell’ambito dell’informatica quantistica, campo i cui recenti sviluppi genereranno miglioramenti notevoli nella potenza di calcolo dei computer quantistici. L’Europa infatti ha una posizione dominante nell’industria dei simulatori quantistici e nella programmazione di ambienti per l’informatica quantistica, che sarà sfruttata per iniziative dedicate ad aumentare la disponibilità di strutture per la sperimentazione e per il quantum testing, in grado di fornire soluzioni per numerosi settori industriali.

Siamo indietro e dobbiamo recuperare. Il Libro bianco sull’Intelligenza Artificiale è un buon punto di partenza ma non ci possiamo permettere ritardi, servono scelte politiche di visione e norme a tutela dei diritti individuali all’altezza delle sfide che ci troveremo ad affrontare e la dimensione europea è l’unica utile per affrontarle.

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