Applicazioni

Come l’intelligenza artificiale ha conquistato Hollywood

Dai sistemi di raccomandazione di Netflix a Merlin della 20th Century Fox e Cinelytic scelta dalla Warner Bros. fino all’AI nella scelta del cast, nel processo creativo e nell’editing. Ecco come l’AI è presente nell’industria cinematografica

Pubblicato il 29 Giu 2022

Enrico Santus

Direttore di intelligenza artificiale e Machine learning a Bayer, AI scientific advisor a K-Juicer, al Women Brain’s Project e al Laboratory of Data Discovery for Health (D24H)

AI film

Quanta intelligenza artificiale c’è nei film che guardiamo?

Stai per cominciare a guardare un nuovo film su Netflix. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto

Parafrasando l’incipit di “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino, riviviamo l’esperienza tipica dell’immersione nel mondo della finzione cinematografica (Calvino, in realtà, si riferiva all’immersione nella lettura del suo libro).

Nonostante l’industria cinematografica – in quanto industria creativa – sia spesso erroneamente considerata meno influenzata dall’intelligenza artificiale, negli ultimi decenni questa tecnologia è penetrata a ogni livello – dalla creazione alla produzione, e alla distribuzione – velocizzando e ottimizzando processi fino a poco tempo fa svolti manualmente.

Netflix e i sistemi di raccomandazione

Già prima che noi prendessimo la decisione su quale film guardare, la nostra piattaforma di contenuti – sia essa Netflix o Amazon Prime – aveva già stabilito che tipologia di film potesse piacerci, sfruttando algoritmi di raccomandazione capaci di interpretare i nostri gusti e desideri per sviluppare esperienze personalizzate e coinvolgenti.

Il ruolo degli algoritmi di raccomandazione è tanto rilevante per le piattaforme di contenuti che, già nel 2006, Netflix aveva messo in palio un milione di dollari a chiunque avesse migliorato il suo sistema di almeno il 10%.

Ad oggi, questi sistemi si basano sul principio del “collaborative filtering”, ovvero principio dei filtri collaborativi. A collaborare, in questa tipologia di algoritmi, sono gli utenti, che fanno delle scelte basate sui propri gusti, incoscientemente rivelando molto di sé alla piattaforma. Se più utenti fanno scelte simili, ad esempio, la piattaforma può ipotizzare che tali utenti abbiano anche gusti simili. Pertanto, quando uno di questi utenti cercherà un film, il sistema gli potrà raccomandare film che altri utenti simili hanno precedentemente selezionato, con una certa confidenza che l’utente in questione ne rimarrà soddisfatto.

Per estensione, le piattaforme potranno creare delle categorie di film sulla base della tipologia di utenti che li guarderanno, sotto il principio che utenti simili guarderanno film sulla base di qualche fattore comune, sia esso il genere, il cast, lo sviluppo della trama, etc. Naturalmente questi sistemi vengono potenziati con metadati, ovvero altre informazioni che sono raccolte per descrivere il film, e che spesso vengono anche rese disponibili nei siti di review (trama, tipologia, trend nel mercato, etc.).

Una conseguenza abbastanza logica dell’uso di sistemi di raccomandazione è la creazione di bolle. Questi algoritmi, in altre parole, tendono a rinforzare scelte precedenti dell’utente, nascondendo contenuti considerati poco affini, che potrebbero invece stimolarlo. Tali bolle sono venute alla ribalta delle cronache durante le elezioni politiche americane, quando ci si è resi conto che questi algoritmi nei social media (come Facebook) tendevano a radicalizzare le idee politiche, piuttosto che promuovere la loro discussione.

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Merlin e Cinelytic: comprendere l’audience per assicurarsi il successo

Ma la scelta dei prodotti dagli scaffali (reali o virtuali) è solo l’ultimo di una lunga serie di passaggi in cui l’intelligenza artificiale interviene nel mondo dell’industria cinematografica. La stessa distribuzione e promozione dei film è ormai dipendente dalla luce verde dell’AI – con buona pace dei visionari di Hollywood che per decenni hanno fatto scelte d’istinto più o meno brillanti.

Poiché il successo di un film dipende dalla qualità e quantità di audience che gli studi riescono a mobilitare, identificare la demografia appropriata per ogni film (ovvero combinare propriamente i film all’audience che li supporterà) è uno dei compiti più complessi dell’industria cinematografica. Per decenni, gli esperti hanno studiato la segmentazione e i processi del mercato attraverso i metodi standard del marketing, come i sondaggi.

Oggi, però, con i big data le cose stanno cambiando radicalmente. Da un lato è possibile sfruttare quanto si apprende coi sistemi di raccomandazione descritti nel precedente paragrafo. Dall’altro lato, è possibile creare nuove tecnologie per capire cosa gli utenti apprezzino maggiormente, anche all’interno del singolo film.

Con questo scopo, la 20th Century Fox ha recentemente avviato una partnership con Google Advanced Solutions Lab per creare Merlin, un sistema capace di analizzare il gusto dell’utente quando esposto a YouTube video. In particolare, Merlin permette di comprendere quali colori, illuminazioni, facce, oggetti, riprese e panorami siano più apprezzati da un dato utente, ottenendo informazioni cruciali per identificare l’audience di ogni film.

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Anche la Warner Bros, nel 2020, ha firmato un accordo con Cinelytic, un sistema di gestione dei film basato su algoritmi intelligenti, capaci di prevedere la probabilità per un film di avere successo nelle sale internazionali, date informazioni quali attori, budget e pubblicità. Il sistema, fondato da Tobias Queisser, è entrato a pieno titolo nel processo del decision-making del grande produttore hollywoodiano. Secondo quanto riportato dal The Hollywood Reporter, esso calcola in pochi secondi una serie di parametri che aiutano i manager a fare scelte riguardanti il packaging, il marketing, la distribuzione, e le date di rilascio del film, con lo scopo di accrescere l’audience e il suo engagement.

AI e film: la scelta degli attori

Uno dei principali ingredienti di un film è il cast. Così come per altre industrie, oggi, il sistema di reclutamento delle risorse umane si affida pesantemente all’intelligenza artificiale, almeno per le fasi di preselezione.

Data una serie di parametri (come la descrizione del personaggio, il sesso, e l’età), i sistemi di AI possono cercare dentro a dei database specializzati gli attori più adatti per coprire il ruolo, filtrando i curricula e organizzando i primi colloqui.

Durante la fase di preselezione, questi sistemi possono anche tenere conto di fattori come la desiderabilità regionale di un dato attore, assicurandosi che sia alta nelle regioni in cui il film verrà distribuito e promosso maggiormente.

Gli algoritmi di reclutamento sono stati ampiamente criticati a seguito della loro tendenza a perpetuare pregiudizi di sesso o razziali (bias). Un enorme sforzo sta venendo oggi investito per mitigare tali debolezze e assicurare una più equa rappresentazione delle minoranze.

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AI e film: creazione ed editing

Conoscere gli utenti permette non solo di ottimizzare la distribuzione e la promozione dei film, ma anche di influenzare il processo creativo. Poiché i gusti cambiano rapidamente, la capacità di raccoglierli in tempo reale e sfruttarli per migliorare i prodotti ha un valore enorme per l’industria cinematografica.

Sebbene siamo ancora lontani da sistemi di AI che possano generare in piena autonomia film sensati (si pensi alla provocazione di ‘Zone Out’, un film di 5 minuti generato in 48 ore da un sistema di AI chiamato Benjamin, col supporto di Ross Goodwin), gli attuali algoritmi di AI sono già sufficientemente potenti da poter supportare la scrittura o la correzione di sceneggiature, sia da un punto di vista grammaticale che da un punto di vista contenutistico, salvando molto tempo ai creativi. Questi sistemi possono essere, per esempio, addestrati per identificare incoerenze nella storia, scene lente o altre debolezze della sceneggiatura, suggerendo anche possibili soluzioni.

Modelli linguistici come GPT-3 o OPT possono generare storie, a partire da semplici input, per ispirare la creatività degli autori. I dialoghi possono essere parafrasati automaticamente, adattando il loro stile a quello del personaggio che dovrà pronunciarli (ad esempio, traducendo una battuta seria in ironica).

I sistemi di AI possono poi supportare la gestione delle immagini, creando ambientazioni irreali attraverso la modellazione in 3D, migliorando la risoluzione della fotografia, o incrementando la frequenza dei fotogrammi per rendere il video più fluido. Attraverso l’uso dei deep fake, l’AI può generare video non reali ma realistici, per esempio mischiando fatti reali a situazioni fittizie.

L’AI sta venendo impiegata anche nel suono, dalla generazione di musiche in collaborazione con musicisti professionisti, alla combinazione dei suoni nel video. I sistemi automatici possono infatti identificare le scene in cui aggiungere suoni che possano intensificare le emozioni o la suspense.

Questa capacità dell’identificazione delle scene ad alto impatto emotivo viene poi sfruttata anche in fase di promozione, per generare trailer personalizzati, da divulgare verso particolari categorie di audience.

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I rischi di una Hollywood artificiale

Insomma, Hollywood ha già intrapreso un percorso in cui il ruolo dell’AI continuerà a crescere. Sebbene – come abbiamo visto – questa tecnologia possa ottimizzare molti dei processi di creazione, produzione, distribuzione e promozione dei film, ne conseguono anche alcuni seri rischi.

Quando i sistemi di AI imparano pattern di successo, tendono a replicarli. Nel caso del sistema di raccomandazione, per esempio, quando vengono scoperti i gusti di un utente, il sistema continua a raccomandare film affini. In maniera del tutto simile, ci si può aspettare che in fase di creazione e produzione, i sequel verranno preferiti a opere originali, che si distaccano troppo dai film del passato.

La ragione principale è che l’affinità riduce notevolmente il rischio di fallimento. Tuttavia, insieme al rischio di fallimento, l’affinità riduce anche il livello di sorpresa nell’utente, col l’alta probabilità che le nostre future serate davanti allo schermo diventino né memorabili né da dimenticare.

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