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Cisco: il 27% delle imprese limita l’uso dell’AI generativa



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I risultati del recente studio Cisco Data Privacy Benchmark Study. La causa principale sono le preoccupazioni relative alla privacy e alla sicurezza dei dati, quest’ultima sottolineata dal 90% degli intervistati

Pubblicato il 30 gen 2024



Cisco

Un quarto delle imprese impone un divieto sull’intelligenza artificiale generativa La privacy e la sicurezza dei dati sono le principali preoccupazioni che portano a limitare l’uso della GenAI, come rivelato dal recente Cisco Data Privacy Benchmark Study. Il 27% degli intervistati ha imposto una restrizione, almeno temporanea, sull’utilizzo di questa tecnologia.

Cisco Data Privacy Benchmark Study

La privacy non è solo una questione di aderenza alle normative. Questa è la conclusione della settima edizione del Data Privacy Benchmark Study 2024 di Cisco, un sondaggio globale che ha coinvolto 2.600 esperti in privacy e sicurezza in 12 regioni geografiche*. Le minacce ai diritti e alla proprietà intellettuale dell’azienda (69% a livello globale, 64% in Italia) e il rischio di divulgazione di informazioni al pubblico o ai concorrenti (68% a livello globale, 65% in Italia) sono tra le principali preoccupazioni espresse dagli intervistati.

“Le aziende vedono la GenAI come una tecnologia piena di sfide”, ha commentato Dev Stahlkopf, Chief Legal Officer di Cisco. “Oltre il 90% degli intervistati ritiene che la GenAI necessiti di nuovi approcci per la gestione e la sicurezza dei dati e dei rischi. È qui che entra in gioco una governance attenta. La fiducia dei clienti ne dipende”.

La situazione in Italia

In Italia, il 38% degli intervistati ammette di aver inserito informazioni sensibili, tra cui quelle sui dipendenti (33%) e sull’azienda (38%). La maggior parte delle organizzazioni è consapevole di questi rischi e sta già implementando politiche di controllo per limitare eventuali danni: il 51% delle organizzazioni italiane (63% a livello globale) ha stabilito restrizioni sui dati che possono essere inseriti, mentre un altro 51% (61% a livello globale) ha imposto limiti sugli strumenti GenAI che possono essere utilizzati in azienda. Infine, il 21% (27% a livello globale) ha dichiarato di aver completamente vietato, almeno temporaneamente, le applicazioni GenAI.

I consumatori continuano ad avere preoccupazioni sull’utilizzo dei loro dati da parte dell’AI. Il 91% (87% in Italia) delle organizzazioni riconosce la necessità di fare di più per rassicurare i propri clienti su un uso trasparente e legittimo dei loro dati. Tuttavia, aziende e utenti finali hanno priorità diverse: mentre le prime si concentrano sul rispetto delle leggi sulla privacy (25%) e sulla prevenzione delle violazioni dei dati (23%), i consumatori richiedono informazioni chiare su come vengono utilizzati i loro dati e insistono sul fatto che non dovrebbero essere venduti per scopi di marketing.

“Il 94% degli intervistati sostiene che i clienti acquistano solo se i loro dati sono adeguatamente protetti”, spiega Harvey Jang, vicepresidente e responsabile della privacy di Cisco. “I consumatori cercano prove tangibili che l’organizzazione sia affidabile. La privacy è intrinsecamente legata alla fiducia e alla lealtà dei clienti. Questo è ancora più evidente quando si parla di AI, dove investire nella privacy permette alle organizzazioni di agire in modo etico e responsabile”.

Nonostante i costi e i requisiti associati alle leggi sulla privacy, l’80% degli intervistati a livello globale ritiene che queste leggi abbiano avuto un impatto positivo, nonostante il rispetto di queste leggi comporti spesso sforzi e costi significativi. I governi e le aziende stanno iniziando a stabilire requisiti di localizzazione all’interno del Paese o della regione, consentendo la catalogazione dei dati, il mantenimento delle registrazioni delle attività di elaborazione, l’implementazione dei controlli necessari e la risposta alle richieste degli utenti. Sebbene la maggior parte delle aziende (91% a livello globale, 92% in Italia) ritenga che i propri dati siano più sicuri se conservati all’interno del proprio Paese o della propria regione, il 76% degli intervistati in Italia ha affermato che un fornitore globale è in grado di proteggere i dati più efficacemente rispetto a un fornitore locale.

Spesa per la privacy raddoppiata in 5 anni

Negli ultimi cinque anni, la spesa per la privacy è più che raddoppiata, con benefici crescenti e un ritorno sull’investimento molto positivo. Il 95% (88% in Italia) ha dichiarato che i benefici derivanti da una corretta gestione della privacy superano i costi sostenuti e stimano un ritorno medio di quasi 1,6 volte l’investimento fatto, in Italia questo dato sale a 1,7. L’80% degli intervistati a livello globale ha indicato di ottenere significativi benefici in termini di “fedeltà e fiducia” dai loro investimenti in privacy, e questa percentuale è ancora più elevata (92% a livello globale, 83% in Italia) per le organizzazioni più mature dal punto di vista della privacy.

Nel 2023, le organizzazioni più grandi (con più di 10mila dipendenti) hanno aumentato la spesa per la privacy dell’8% rispetto all’anno precedente, mentre le organizzazioni più piccole hanno registrato un investimento inferiore: ad esempio, le imprese con 50-249 dipendenti hanno ridotto in media i loro investimenti in privacy del 25%.

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