UAV: cos’è e come funziona un velivolo senza pilota

Un aeromobile a pilotaggio remoto, o “drone”, è composto da diversi componenti, che corrispondono ad altrettante filiere di business associate. Si tratta di un piccolo aereo, pilotato con un radiocomando, che spesso fa uso anche dell’intelligenza artificiale

Pubblicato il 10 Mar 2022

Andrea Tironi

Project Manager - Digital Transformation

droni

Le macchine individuate con il termine droni in verità andrebbero più propriamente chiamate UAV (Unmanned Aerial Vehicles) o aeromobili a pilotaggio remoto (APR). Più in generale se si vuole parlare di UAV/APR si usa il termine Unmanned Aerial Systems (UAS) o sistemi a pilotaggio remoto (SPR) indicando non solo il velivolo, ma anche il payload, la stazione di terra, il pilota e il sistema di gestione dei dati.

Cos’è un UAV (Unmanned Aerial Vehicle)

Già nell’800 si parlava di mezzi senza pilota lasciati in balia delle correnti con lo scopo di colpire il nemico, sotto forma di mongolfiere utilizzate dall’Austria verso Venezia. È nel 1946 che appare la parola “drone” col significato di aereo radiocomandato. Fino a quel momento aveva solo il significato di fuco, ovvero ape maschio. Si pensa sia stato utilizzato questo nome perché l’ape maschio all’interno dell’alveare è la più sacrificabile, visto che non produce miele.

Come funziona un aeromobile a pilotaggio remoto

Un aeromobile a pilotaggio remoto (da qui definito per semplicità “drone”) è composto in verità da diversi componenti, che corrispondono ad altrettante filiere di business associate.

Per semplicità si può dire che è un velivolo (piccolo aereo) pilotato remotamente con un radiocomando.

In verità la struttura è più complessa ed è composta da:

  • la piattaforma: è il drone vero e proprio, costituito dalla parte hardware
  • il payload: i componenti che si aggiungono al drone e aiutano la raccolta dati (esempio fotocamera)
  • il software: serve a guidare il drone e a raccogliere i dati
  • il tutto solitamente viene integrato (hardware+software+payload) da un’azienda che fa da integratore e fornisce il drone completo.

Tra gli stakeholder ci sono, oltre a aziende che si dividono nel realizzare o svolgere i compiti dei punti precedenti, anche i distributori (venditori o noleggiano droni) e operatori (aziende che possiedono droni e forniscono servizi tramite i droni stessi).

Il grosso della filiera (oltre 80%) è formato da operatori, ovvero utilizzatori finali di droni. Il resto è formato dai costruttori.

In pratica, quello che compone un kit drone è tipicamente il drone (con solitamente integrato il payload) e un telecomando per guidarlo.

A cosa può servire un velivolo senza pilota

Gli ambiti maggiori di utilizzo sono tre, per uso professionale:

  • Ambiente e società incrociati sopralluoghi, soccorso e ispezioni.

Ad esempio verifica di ponti, strutture per analisi sismiche, soccorso in zone impervie, analisi ambientali e strutturali. Settore in maturazione.

  • Logistica e trasporto di materiali, solitamente di piccole dimensioni.

Un settore in crescita.

  • Utility incrociando con ispezioni e sopralluoghi

Ad esempio ispezioni di linee elettriche, condotti e simili. Settore molto maturo.

Per uso ricreativo solitamente vengono utilizzati per fotografie o filmati da effettuare dall’alto.

Tecnologie abilitanti per i sistemi UAV e innovazioni

Alcune direttrici di abilitazione o innovazione per i droni sono:

  • droni ibridi: capaci di andare ad esempio sia in acqua sia in aria.
  • droni VTOL: con decollo e atterraggio verticale e configurazione di volo ad ala fissa
  • sistemi di sicurezza: come tutela del drone e dell’operatore. Permettono di ridurre il rischio che il drone venga danneggiato, danneggi persone (tra cui l’operatore), o danneggi terzi.
  • sistemi per l’autonomia: per aumentare la durata della batteria, il payload trasportabile o il range (distanza da operatore) di azione
  • artificial intelligence: per miglioramento di classificazione e riconoscimento immagini.

Classificazione dei droni e modelli maggiormente conosciuti

Si può parlare di droni classificandoli tra

Anche se la nuova normativa europea distingue i droni in base al livello di rischio e al tipo di operazione da svolgere.

Le tre classi di rischio sono:

  • Open (A): livello di rischio basso. Si tratta di volo a vista ad altezza massima di 120 metri, peso massimo 25 kg, non è richiesta nessuna autorizzazione nè dall’autorità competente né dall’operatore.
  • Specific (B): livello di rischio medio. Non ha limiti di peso, né massima distanza. Può essere pilotato anche non a vista. Le certificazioni variano in base all’uso.
  • Certified (C): livello di rischio alto. Non contempla limiti e può essere utilizzato per trasporto persone e merci pericolose. Va certificato sia il velivolo che il pilota.

In particolare a livello di rischio alto (C) ci sono i droni di Boeing, ad esempio.

Boeing ha completato con successo il suo primo volo di drone per trasporto passeggeri (PAV) di 9,14 metri di lunghezza per 8,53 di larghezza a gennaio 2019.

UAV

Mentre a settembre 2019 l’aereo senza pilota MQ-25 Stingray della Boeing ha compiuto il primo volo, della durata di due ore, decollando dall’aeroporto Mid America St. Louis di Mascoutah, nell’Illinois. L’MQ-25, che sarà il primo rifornitore aereo (casistica merci pericolose) senza pilota della marina statunitense. Il contratto prevede la produzione di quattro velivoli che dovrebbero essere consegnati entro agosto 2024.

Tra i droni militari, possiamo individuare tre classi:

  • Classe I (minore 150 kg): micro mini e piccoli

Autonomia di 12 ore, velocità massima di 100 km/h e altitudine massima di 4000 metri, portata di 8 kg.

  • Classe II (da 150 a 600 kg): tattici

I sistemi UAV di questa classe hanno scopi di sorveglianza.

  • Classe III (sopra 600 kg): strategici

Sono utili per verificare la posizione dei nemici, delle proprie truppe e di popolazioni non combattenti.

UAV

Lo stato dell’arte degli UAV in Italia e nel mondo

Il mercato dei droni multirotore classici è pressoché saturo.

Dal gennaio 2016 al dicembre 2019 Enac ha registrato 13.479 droni con un incremento annuo del 13% circa. Solo il 2,5% di questi è effettuato per droni con peso superiore ai 250 grammi al decollo.

I costruttori più noti, che polarizzano il mercato, sono: DJI (47%), Parrot (3%), Yuneec (2%), DXDrone (2%), ItalDrone (1,5%). I droni di peso superiore solitamente sono prodotti da ItalDrone.

Nel mondo, il 48% dei progetti con droni è realizzato in Usa, il 36% in Europa, il 9% in Asia, il rimanente nel resto del mondo.

I limiti tecnologici maggiori attuali dei droni sono:

  • endurance (resistenza o durata)
  • range (distanza)

Il limite di durata dipende dalle caratteristiche tecnologiche dei droni, che li rendono semplici da costruire e pilotare, ma dalla bassa efficienza in volo. I limiti derivano dal sistema di propulsione e dalla scarsa energia e potenza delle batterie al litio.

Si sta così sempre più diffondendo la necessità di costruire droni non “multi purpose”, ovvero droni che non sappiano fare tutto ma che siano costruiti appositamente per un dato compito.

In particolare si parla di:

Convertiplani: droni capaci di variare il proprio assetto, operando come multirotori per le fasi di volo verticale e come un velivolo ad ala fissa per le fasi di volo avanzato.

Tail-sitter: capaci di atterraggio e decollo verticale e di cambi di assetto importanti per le fasi di volo avanzato.

Droni con sistema di propulsione duale: dotati di rotori per la propulsione verticale e di eliche per la propulsione orizzontale.

Fonte: Osservatorio Politecnico Droni

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