I droni-barca che monitorano gli oceani

Pubblicato il 29 Mar 2018

Droni-barca

Monitorare gli effetti del cambiamento climatico negli oceani è fondamentale, e una flotta di droni acquatici forniscono una soluzione a basso costo per la nuova era dell’oceanografia.

Visionari Ad Astra Federico Pistono

Un nuovo articolo tradotto da Visionari offre ai lettori di AI4Business un interessante approfondimento (tratto dalla rivista Science) sull’utilizzo dei droni che rappresentano una soluzione a basso per il monitoraggio degli effetti del cambiamento climatico attraverso l’analisi degli oceani.

Due barche a vela lunghe 7 metri torneranno in California il mese prossimo, dopo quasi 8 mesi di navigazione nell’Oceano Pacifico. Procedendo a velocità dimezzata, saranno appesantiti da crostacei e da altre piante. Nessun capitano sarà al loro timone.

Non è a causa di un ammutinamento. Queste barche a vela, dotate di sensori per sondare l’oceano, sono droni semi autonomi, sviluppati da Saildrone, una startup di tecnologia marina con sede ad Alameda, California, in stretta collaborazione con la National Oceanic and Atmospheric Administration(NOAA) di Washington, D.C. Il viaggio è il test più lungo fatto dai droni e anche il primo test scientifico nel Pacifico, un passo importante per dimostrare che potrebbero sostituire una serie di boe vecchie e costose, che sono il modo principale con cui gli scienziati fiutano i segni di anomalie che alterano il clima, come El Niño.

Dopo la seconda guerra mondiale, la maggior parte dei dati sulla superficie del mare sono stati raccolti dalle navi. Poi vennero le boe e i satelliti. Ora, gli scienziati NOAA vogliono inviare i droni.

“Questo potrebbe essere il prossimo passo epocale nell’oceanografia”

A dirlo è Craig McLean, assistente dell’amministratore del NOAA per la ricerca oceanica e atmosferica e scienziato capo operativo. Entro il prossimo decennio, centinaia o addirittura migliaia di droni alimentati a energia solare o eolica potrebbero navigare negli oceani del mondo, utilizzando i satelliti per trasmettere le informazioni raccolte dalla superficie del mare e dall’aria soprastante.

I droni non possono arrivare troppo presto per gli scienziati che studiano l’El Niño-Southern Oscillation, una serie di variazioni della temperatura globale e dei modelli di precipitazioni innescate da acque superficiali calde che si muovono avanti e indietro attraverso il Pacifico equatoriale ogni pochi anni. A partire dagli anni ’80, il NOAA ha sostenuto una griglia di boe, ormeggiate sul fondo del Pacifico, chiamate array TAO (Tropical Atmosphere Ocean), per studiare e prevedere queste oscillazioni. Il suo successo ha portato a sistemi simili negli oceani Indiano e Atlantico.

Ma all’inizio di questo decennio, l’array TAO ha avuto un’esperienza quasi fatale. La vegetazione marina cresciuta sulle boe e i loro ormeggi è come un magnete per i pesci, il che li rende un magnete anche per i pescatori, facendo sì che la caratteristica griglia TAO appaia sulle mappe delle catture globali di pesce. Tascinando le boe da parte per facilitare il prelievo, i pescatori le hanno danneggiate e i lavori di manutenzione hanno iniziato ad accumularsi. Nel frattempo, i tagli di bilancio e l’impennata delle spese per le navi da ricerca hanno fatto sì che venissero impiegate poche nuove boe. “Questo è stato un campanello d’allarme per tutti noi,” dice Christopher Sabine, oceanografo dell’Università delle Hawaii di Honolulu.

Alla fine il Congresso statunitense ha ripristinato il finanziamento del TAO, che costa circa 10 milioni di dollari all’anno. Ma ora il Giappone, che mantiene un array complementare nel Pacifico occidentale chiamato Triangle Trans-Ocean Buoy Network, ha tirato fuori quasi tutte le sue boe a causa di fondi limitati e la mancanza di tempo per la loro manutenzione, riducendo le misurazioni di El Niño ancora una volta. La crisi ha spinto il NOAA e altri organismi a cercare un sistema più sostenibile per fornire gli avvertimenti di El Niño, che aiutino le agenzie a pianificare le forti piogge e le siccità che seguiranno. “È un’opportunità per vedere esattamente di cosa si tratta e quali sono i requisiti,” afferma Meghan Cronin, oceanografo del Pacific Marine Environmental Laboratory (PMEL) del NOAA a Seattle, Washington.

Richard Jenkins, ingegnere e fondatore di Saildrone, ha colto un’opportunità. Aveva costruito una barca a vela su ruote chiamata Greenbird che nel 2009 ha battuto il record di velocità su terra per un veicolo eolico, raggiungendo i 202 chilometri all’ora su un letto di lago asciutto in Nevada. In seguito, ha aiutato due filantropi appassionati dell’oceano, Eric e Wendy Schmidt, ad attrezzare la loro nave di ricerca, la R/V Falkor, per un costo di 60 milioni di dollari. Si meravigliò delle spese e si chiese se una versione più piccola e marittima di Greenbird potesse raccogliere dati sull’oceano a costi inferiori. In teoria, un drone-barca a vela non avrebbe avuto bisogno di carburante per la propulsione, i pannelli solari avrebbero potuto alimentare strumenti e comunicazioni. Semplicemente impostando le tappe il drone avrebbe cavalcato il vento per arrivarci. Gli Schmidts diedero a Jenkins 2,5 milioni di dollari per iniziare; nel 2013, un’imbarcazione di prova completò il suo primo viaggio dalla California alle Hawaii, spinta da una vela composita in fibra di carbonio alta 4,6 metri.

I due droni hanno portato una suite di 15 sensori nell’Oceano Pacifico tropicale e sono ritornati indietro, alimentati solo dal vento e dal sole. I dati, trasmessi dai satelliti, vengono confrontati con le letture raccolte dalle boe e dalle navi. (Credit: A. CUADRA/SCIENCE; SAILDRONE)

Da allora, Saildrone ha collaborato con gli scienziati del PMEL per attrezzare le barche con sensori e testare i loro limiti. Nel 2015, sono sopravvissuti a 40 nodi di vento durante un viaggio di tre mesi nell’Artico per valutare la vita marina. Questo successo ha incoraggiato gli scienziati a chiedersi se i droni potessero contribuire a consolidare le osservazioni nel Pacifico. È immaginabile che i droni potessero navigare in circolo intorno a un punto di ormeggio virtuale, o eseguire altri modelli pre-programmati, prima di tornare in porto ogni anno per la pulizia, senza che fosse necessaria alcuna nave. I droni possono anche essere più economici. Saildrone addebita $2500 al giorno a drone per raccogliere i dati, mentre il tempo di funzionamento di una nave può costare $30.000 o più al giorno. Jenkins pensa che i suoi droni possono approfittare di questa differenza nel Pacifico. “Prevediamo una flotta per servire esclusivamente quel mercato,” afferma.

Il primo test del Pacifico è iniziato il 5 settembre 2017, quando sono partiti da San Francisco, California, due saildrone, 1005 e 1006, per le acque equatoriali. I satelliti avevano individuato delle lingue fredde delle acque di superficie che si estendevano verso ovest dalla costa sudamericana un indicatore di una forte La Niña, l’opposto di El Niño. Non è stata tutta una navigazione fluida. Una volta arrivati all’equatore, i droni si sono bloccati nella calma equatoriale, una zona caratterizzata dall’assenza di vento. “Sapevamo che i tropici sarebbero stati una sfida,” dice Cronin. (A luglio, un altro drone partirà per i tropici con una vela più grande che Jenkins spera possa aiutarlo a superare lo stallo).

Alla fine, i droni hanno catturato il vento e sono sfuggiti alla bonaccia. E mentre Cronin stava guardando i dati delle lingue fredde, ha scoperto una sorpresa: sbalzi di 1° nella temperatura dell’acqua in meno di un chilometro.

“Alcuni di questi fronti sono molto più nitidi di quanto si possa immaginare,” dice Cronin. “È stato scioccante.” È il tipo di dettaglio che la risoluzione più bassa di un satellite sfocherebbe, e qualcosa che una boa ferma avrebbe mancato. Cronin afferma che gli attuali modelli climatici non tengono conto di queste forti variazioni, che potrebbero alterare l’atmosfera soprastante.

Oltre ai dati di temperatura, vento e radiazione solare, i droni del Pacifico stanno misurando come l’oceano e l’aria si scambiano gas come anidride carbonica e ossigeno, e stanno usando strumenti Doppler per misurare correnti che arrivano fino a 100 metri sotto la superficie. Questi sensori potrebbero rivelare modelli che aiuterebbero a capire perché il Pacifico tropicale emette anidride carbonica, piuttosto che assorbirla come la maggior parte del resto dell’oceano. Sistemi come il TAO continueranno ad essere importanti, dice Cronin. Ma prevede l’emergere di una spina dorsale oceanografica più economica e resiliente.

La nuova era dei droni “non risolverà tutti i nostri problemi,” dice Cronin. “Ma è davvero interessante pensare di fare oceanografia senza navi.”

*VISIONARI è un’associazione non-profit che promuove l’utilizzo responsabile di scienza e tecnologia per il miglioramento della società. Per diventare socio, partecipare ad eventi e attività, fare una donazione, visitare il sito: https://visionari.org

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 2