Robotic Process Automation, l’AI per automatizzare le attività amministrative delle imprese

Pubblicato il 09 Mar 2020

Alessandro Zorer

consulente ICT, Innovation Manager Delta Informatica Spa

Cognitive Enterprise - Concept

La chiamano Robotic Process Automation (RPA) o anche Enterprise IT Automation e si riferisce agli strumenti che operano sull’interfaccia utente di altri sistemi informatici nelle modalità tipiche di un essere umano. Di fatto la RPA mira a sostituire i compiti svolti dalle persone tramite l’automazione, ossia a ridurre l’onere di compiti ripetitivi e semplici per i dipendenti. A differenza della tradizionale tecnologia dell’automazione dei flussi di lavoro, la RPA non interviene direttamente sul sistema informativo, che rimane invariato. Gartner definisce la RPA come quegli “strumenti che eseguono istruzioni su dati strutturati, in genere utilizzando una combinazione di interazioni dell’interfaccia utente o collegandosi alle Api per controllare servizi in client server, su mainframe o su web”.

Come funzionano le soluzioni di RPA

Questo settore sta emergendo negli ultimi anni sfruttando la scia delle applicazioni ormai sempre più presenti sul mercato degli algoritmi di intelligenza artificiale, e in particolare di machine learning (ML), per realizzare dei bot (ossia dei software robot), che consentono l’automazione di processi di business che si basano su attività finora svolte manualmente. Interagendo con diversi sistemi informativi e imparando dalle attività svolte dal personale dell’azienda, l’agente RPA automatizza progressivamente dei task, consentendo ai sistemi informativi esistenti di rimanere invariati. Invece di riprogettare il sistema e di ingegnerizzare i processi e i flussi di lavoro, le attività manuali vengono progressivamente sostituite da agenti, o bot. La RPA ha quindi il vantaggio di essere robusta rispetto ai cambiamenti dei sistemi informativi sottostanti.

Quando l’interfaccia web di alcune applicazioni cambia, ma il contenuto chiave rimane invariato, il software RPA viene ad adattarsi proprio come farebbero gli esseri umani, rendendo questa soluzione molto diversa dal tradizionale “screen scraping” o “web scraping”, con i quali venivano automatizzate le interazioni dell’utente con gli applicativi. Gli algoritmi di machine learning aiutano anche a imitare il comportamento umano nell’utilizzo combinato di diverse applicazioni.

Se guardiamo la rappresentazione del posizionamento delle varie tecnologie legate all’intelligenza artificiale nel Gartner Hype Cycle for AI 2019, la RPA è considerata tra le tecnologie che hanno superato la fase di picco (eccesso di aspettative) ed è previsto che raggiungano rapidamente la maturità, nel giro di un paio di anni. Ciò conferma che le soluzioni RPA già presenti sul mercato, e quelle che stanno nascendo, hanno ed avranno ancor più nel breve-medio termine un impatto significativo e crescente.

Quali applicazioni per le soluzioni di Robotic Process Automation

A oggi i primi utenti di queste soluzioni sono i call center e le grandi strutture amministrative, che svolgono molte attività manuali, ripetitive, per conto terzi, e quindi possono beneficiare considerevolmente della riduzione di FTE legati a queste attività, in modo da concentrarsi su servizi a più alto valore aggiunto. La ricerca e le evoluzioni in corso però puntano a ottenere un’adozione più diffusa, sfruttando le potenzialità dell’apprendimento automatico tramite machine learning, andando così a supportare compiti più complessi e meno definiti, osservando le capacità umane di risoluzione dei problemi, ad esempio in caso di comportamento inaspettato del sistema e di nuovi input. Uno degli aspetti più interessanti risiede nell’interazione tra umani e agenti RPA, con questi ultimi che ‘passano’ ai primi i casi che non sono ancora in grado di gestire, e sulla base delle attività effettuate accrescono i dati di training per poterli gestire automaticamente in futuro.

Per approfondire alcuni ambiti nei quali la RPA è già adottata si può fare riferimento agli studi ed ai survey di Pricewaterhousecoopers (PWC), che ha ampiamente analizzato l’applicazione nei servizi finanziari, ossia bancari e assicurativi, riscontrando che le soluzioni RPA siano ormai una opzione consolidata e diffusa per l’automazione dei processi.

La RPA si sta evolvendo rapidamente in questi anni e l’obiettivo non è quello di sostituire il personale, quanto quello di aumentare le capacità dei dipendenti nell’effettuare le proprie attività, seguendo la linea di pensiero (e di business) che vede gli strumenti dell’intelligenza artificiale posizionati come “intelligenza aumentata”. Un concetto niente affatto nuovo, considerato che era stato postulato nel lontano 1956 da William Ross Ashby (che ha adottato il termine “amplifying intelligence”) nel suo trattato si “Introduzione alla Cibernetica”. Nel caso della RPA, l’automazione “assistita” consente di estrarre automaticamente e contestualmente informazioni dai sistemi e dai documenti correlati, modellandole e preparandole per il consumo da parte del lavoratore nel momento del bisogno. Ad esempio, nel caso dei processi commerciali, l’agente RPA accede a più sistemi, correla e integra le informazioni e procede direttamente a interagire con il cliente tramite chatbot, tirando però in causa un operatore umano al momento opportuno per concludere le trattative o per affrontare tematiche nuove che si sono presentate, non riconducibili a situazioni o soluzioni precedenti.

In quali casi conviene utilizzare la RPA

Ma quali sono i casi in cui la RPA diventa un utile strumento di automazione dei processi e in quali invece non è adatta? Di fatto gli strumenti tradizionali di modellazione e di automazione dei processi (o Business Process Automation – BPA) riescono a incidere bene in una serie di casi che sono tipicamente ad alta frequenza, ossia ricorrono spesso nelle attività aziendali, e al contempo sono ben definibili, in termini di ruoli, task, dipendenze specifiche attività manuali ed automatiche e dei dati gestiti. In questi casi gli strumenti tradizionali consentono di modellare in modo semplice i processi e di supportarli efficacemente con gli strumenti automatici che governano i passi operativi che vengono svolti. Non sono quindi i casi nei quali la RPA può apportare dei benefici significativi.

Vi sono poi dei casi che avvengono così di rado e in via eccezionale rispetto ai processi aziendali, tanto che non è possibile, oppure utile, formalizzarli, ma che non consentono neanche di avere una base dati di input su cui poter fare leva per imparare le attività da svolgere, o, per dirla con la terminologia del machine learning, non è disponibile un training set (o insieme di addestramento) significativo per addestrare il sistema (come può essere una rete neurale o un classificatore probabilistico). In questi casi quindi né le tecniche tradizionali di BPA né quelle innovative di RPA sono adatte e, considerato il loro carattere eccezionale, possiamo dire che va bene vengano gestiti in toto dal personale e dalla loro organizzazione aziendale, con la creatività e capacità, tipica degli esseri umani, di saper far sempre fronte a nuove situazioni.

Ciò detto, i casi in cui la RPA può portare valore sono tutti quelli nel mezzo tra le situazioni sopra descritte, ossia quelle che prevedono dei lavori ripetitivi, ma non abbastanza per giustificare una loro modellazione e automazione a priori, attraverso strumenti di BPA, oppure che includono delle attività che evolvono nel tempo, richiedendo capacità di adattamento ai cambiamenti, senza la necessità di andare a rivedere puntualmente i processi e/o i dati e gli strumenti informatici al supporto.

Software RPA, vantaggi e punti di criticità

Da un lato, è stato dimostrato che l’implementazione dell’RPA riduce i tempi e i costi di elaborazione dei dati e migliora l’accuratezza del processo, la coerenza, la tracciabilità e la qualità delle decisioni. Dall’altro lato però alcuni studi hanno documentato i limiti e i rischi associati all’implementazione dell’RPA, rilevando un tasso di fallimento iniziale dei progetti nelle aziende del 30-50% e hanno espresso preoccupazione per il fatto che le organizzazioni spesso non valutano i rischi potenziali e mancano di adeguati meccanismi di governance specifici per l’RPA e di forti controlli interni.

Inoltre, come accade per ogni strumento di automazione, bisogna stare molto attenti. Laddove prendano direttamente delle decisioni, gli agenti RPA possono anche prenderle sbagliate a causa di cambiamenti contestuali e questo può passare inosservato, portando a errori amministrativi e alle relative conseguenze. Analisti e ricercatori di questo settore, ad esempio in Gartner, PricewaterhouseCoopers e Forrester si stanno interrogando sui temi aperti. Alcuni hanno una natura tecnica, legata alla maturità della tecnologia e alla sua applicabilità, come l’analisi delle caratteristiche dei processi all’interno delle aziende maggiormente adatti a essere supportati da RPA, oppure i migliori sistemi e metodi di apprendimento per questa categoria di attività. Altri temi riguardano invece aspetti più fondamentali come la modalità per controllare gli agenti RPA in modo da garantirne la sicurezza, la conformità e di minimizzare i rischi economici dei loro comportamenti, oppure gli aspetti di responsabilità quando un agente RPA si comporta in modo non voluto (tra il fornitore della soluzione e l’utilizzatore), o quelli di sinergia e continuità tra l’attore umano e gli agenti software.

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