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Deepfake, quando l’AI è bifronte



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Quali tecnologie supportano questa tecnologia, quali sono le opportunità e i rischi, quali problemi etici e legali solleva l’utilizzo, la necessità di una regolamentazione. Il caso dell’eCommerce cinese

Pubblicato il 28 set 2023

Andrea Viliotti

B2B Data-Driven Lead Generation Specialist



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Immagine generata con DALL-E

Nell’era dell’iperconnettività, la tecnologia deepfake emerge come un nuovo protagonista, capace di plasmare realtà alternative con una precisione sconcertante. Ma se da un lato questa innovazione apre le porte a un universo di possibilità, dall’altro solleva interrogativi etici e legali che non possono essere ignorati. Immaginate un mondo in cui la voce e l’immagine di chiunque possano essere replicate con un clic: un terreno fertile per la disinformazione, ma anche un laboratorio di opportunità in settori come il marketing, l’arte e persino la giustizia.

Nel tessuto digitale in cui siamo immersi, le Reti Neurali Convoluzionali e le Reti Generative Antagoniste diventano i nuovi pennelli di un artista, capaci di dipingere scenari tanto affascinanti quanto inquietanti. E mentre i giganti della tecnologia e le startup si affannano a perfezionare algoritmi sempre più sofisticati, la società si trova a dover navigare in acque inesplorate, dove la linea tra il reale e l’artificiale diventa sempre più sottile.

Ma non è tutto. L’ascesa degli avatar generati dall’AI sta rivoluzionando il concetto stesso di identità, sfidando le nostre percezioni e le nostre interazioni sociali. E mentre in Cina gli avatar digitali prendono il sopravvento nelle piattaforme di live streaming, occorre chiedersi: quali sono le implicazioni di questa trasformazione digitale? È etico utilizzare un avatar che imita un essere umano senza divulgare che si tratta di una AI?

Questo viaggio esplorativo ci porterà attraverso le sfaccettature più intriganti e complesse dei deepfake, dalle tecniche di regolarizzazione come la normalizzazione batch e il dropout, fino alle frontiere dell’elaborazione del linguaggio naturale e della sintesi vocale.

In un mondo in cui la verità è un bene sempre più prezioso e fragile, la tecnologia deepfake rappresenta al contempo una promessa e una minaccia. E mentre le leggi cercano di tenere il passo con un’innovazione che non conosce soste, la responsabilità di navigare in questo nuovo universo digitale ricade su ognuno di noi. Benvenuti nell’era dei deepfake: un mondo dove la realtà è solo una questione di percezione.

La tecnologia dietro i deepfake: CNN e GAN

Nel cuore del dibattito pubblico e tecnologico, i deepfake rappresentano una delle frontiere più affascinanti e inquietanti dell’intelligenza artificiale. Ma cosa c’è dietro questa tecnologia che può manipolare la realtà in modo così convincente?

Iniziamo dal cuore pulsante dei deepfake: le Reti Neurali Convoluzionali, o CNN. Queste reti sono diventate sempre più sofisticate, con varianti come ResNet e Inception che spingono i limiti dell’apprendimento automatico. Prendiamo, ad esempio, ResNet-152, un modello con ben 152 livelli che migliora la capacità di apprendere da dati complessi. Queste reti sono diventate strumenti indispensabili in applicazioni come la verifica dell’identità, dove la precisione è tutto.

Ma non è tutto. Nel 2023, tecniche di regolarizzazione come la normalizzazione batch e il dropout hanno subito miglioramenti significativi. La normalizzazione batch adattiva, per esempio, rende i modelli più robusti adattandosi ai cambiamenti nel set di dati durante la fase di addestramento.

E poi ci sono le Reti Generative Antagoniste, meglio conosciute come GAN. Queste reti hanno visto l’emergere di nuove varianti come BigGAN, che genera immagini ad alta risoluzione, e StyleGAN3, che offre un controllo più preciso sulle caratteristiche delle immagini create. Queste tecnologie non sono solo per i deepfake; trovano applicazione nella creazione di contenuti per videogiochi, nell’arte digitale e persino nella simulazione di ambienti per la formazione in realtà virtuale.

Deepfake e linguaggio naturale

Ma i deepfake non sono solo immagini; sono anche suoni e parole. Modelli trasformatori come BERT e GPT-3 hanno rivoluzionato il campo dell’elaborazione del Linguaggio Naturale (NLP). Questi modelli sono alla base di chatbot avanzati e assistenti virtuali, e stanno cambiando il modo in cui generiamo testi per scopi giornalistici o creativi. Allo stesso modo, Tacotron e WaveNet stanno diventando sempre più sofisticati, con la capacità di generare voci sintetiche che possono esprimere diverse emozioni o accenti, un’innovazione che sta trovando applicazione nel mondo della pubblicità.

E non dimentichiamoci della grafica avanzata. Il ray tracing, una tecnica per simulare l’illuminazione in ambienti virtuali, è ora utilizzato in combinazione con l’intelligenza artificiale per creare effetti ancora più realistici, utili soprattutto nella produzione cinematografica. Nel frattempo, il texture mapping e il morphing stanno beneficiando di algoritmi più avanzati, fondamentali in settori come la medicina legale digitale.

La tecnologia dietro i deepfake è in continua evoluzione, un laboratorio di innovazione che apre la porta ad applicazioni sempre più sofisticate. Ma con grande potere viene anche grande responsabilità. Questa continua innovazione porta con sé una serie di sfide etiche e legali che non possono essere ignorate. Solo con una comprensione dettagliata delle tecnologie sottostanti possiamo sperare di navigare nel complesso panorama dei deepfake in modo responsabile e informato. Ecco perché è fondamentale tenere il passo con gli sviluppi più recenti, perché la posta in gioco non è solo tecnologica, ma anche profondamente umana.

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Deepfake nel live streaming: il caso della Cina

Nel fervore digitale della Cina, un fenomeno sta prendendo piede e sta cambiando il volto del live streaming e dell’eCommerce: i deepfake. In un paese che ha sempre avuto un passo avanti nell’adozione di tecnologie emergenti, la presenza di avatar generati dall’intelligenza artificiale sta diventando sempre più palpabile, soprattutto su piattaforme come Taobao.

Immaginate un influencer che non dorme mai, che non commette errori e che può interagire con i clienti 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Questi avatar, alimentati da tecnologie di deepfake, stanno diventando i nuovi volti delle campagne di marketing online. Ad esempio, un avatar potrebbe presentare una nuova linea di cosmetici, mostrando come i prodotti appaiono su diversi tipi di pelle e rispondendo in tempo reale alle domande dei clienti su ingredienti e allergeni. Tutto questo senza pause, senza errori e senza il bisogno di giorni di riposo.

Ma non è solo una questione di efficienza. Le aziende che utilizzano piattaforme come Taobao possono ora “clonare” uno streamer umano con un investimento relativamente modesto di circa 1.000 dollari. Questo avatar può lavorare incessantemente, permettendo all’azienda di operare su più fusi orari senza costi aggiuntivi per il personale. Una piccola azienda di abbigliamento, per esempio, potrebbe creare un avatar che mostra come i vestiti si adattano a diverse corporature e stili, interagendo con i clienti in qualsiasi momento.

E le opportunità non si fermano qui. L’ascesa degli avatar generati dall’AI ha aperto un nuovo mercato per le startup tecnologiche cinesi specializzate in intelligenza artificiale e grafica computerizzata. Una startup potrebbe offrire una piattaforma che permette alle aziende di creare e gestire avatar personalizzati, fornendo anche analisi in tempo reale sull’interazione dei clienti con questi avatar. In questo modo, le aziende possono perfezionare le loro strategie di marketing in modo più efficace e mirato.

Tuttavia, questa rivoluzione tecnologica non è senza le sue ombre. L’uso di deepfake nel live streaming solleva questioni etiche e regolamentari che non possono essere ignorate. Come dovrebbero essere gestite le interazioni tra consumatori e avatar? È etico utilizzare un avatar che imita un essere umano senza divulgare che si tratta di una AI? Questi sono interrogativi che la società e i regolatori dovranno affrontare prima o poi.

E non dimentichiamoci dell’impatto culturale. Alcuni di questi avatar sono diventati veri e propri fenomeni popolari, con fan club e merchandise dedicati. Un avatar potrebbe diventare una sorta di “idolo virtuale”, con una personalità costruita attraverso l’intelligenza artificiale e un seguito di milioni di persone, generando un impatto culturale significativo.

Il caso cinese è un esempio affascinante di come la tecnologia deepfake stia cambiando il panorama del live streaming e del commercio elettronico. Mentre le aziende godono di efficienze senza precedenti e di nuove opportunità di mercato, le implicazioni etiche e sociali di questa rivoluzione tecnologica rimangono un territorio in gran parte inesplorato. E come spesso accade con le nuove tecnologie, le risposte a queste domande potrebbero essere tanto complesse quanto le innovazioni che le hanno generate.

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Vantaggi e svantaggi nel marketing digitale

Nell’era digitale, il marketing sta vivendo una trasformazione radicale, e l’arrivo dei deepfake ha aggiunto un ulteriore strato di complessità e opportunità a questo panorama in continua evoluzione. Ma come ogni medaglia, anche questa ha due facce: da un lato, i vantaggi in termini di efficienza e personalizzazione; dall’altro, una serie di questioni etiche e legali che non possono essere ignorate.

Immaginate un mondo in cui i marketer possono semplicemente acquistare una licenza per l’identità di un attore o di un influencer, eliminando la necessità di ingaggiare talenti per ogni nuova campagna. Non solo si riducono i costi, ma si guadagna anche in efficienza temporale. Utilizzando registrazioni digitali preesistenti, è possibile creare nuovi contenuti in tempi record. E se a questo aggiungiamo l’automazione garantita da avatar generati dall’AI, che possono lavorare 24/7, il risparmio in termini di costi associati al personale diventa ancora più evidente.

Ma non è solo una questione di risparmio. I deepfake offrono una flessibilità di contenuti senza precedenti, permettendo una facile riproposizione del materiale su diversi canali senza dover girare nuovi video. Questo rende più semplice mantenere una coerenza del marchio attraverso i vari canali di comunicazione. E parlando di personalizzazione, i deepfake possono creare esperienze altamente personalizzate, con la capacità di modificare dettagli come il tono della pelle o la lingua parlata. Questa tecnologia può anche aiutare le marche a essere più inclusive, adattando i loro messaggi a diversi gruppi demografici.

Questioni etiche e legali

Tuttavia, l’uso dei deepfake nel marketing digitale solleva una serie di questioni etiche e legali che non possono essere trascurate. La manipolazione dei consumatori attraverso recensioni o testimonianze fasulle potrebbe essere considerata ingannevole o addirittura illegale. E poi c’è la questione dell’autenticità e della trasparenza del marchio. In un mondo in cui i deepfake diventano sempre più sofisticati, come possono i consumatori verificare l’autenticità dei contenuti che visualizzano? Questo rischio di frodi, come false affermazioni o identità fasulle, erode ulteriormente la fiducia del cliente.

E non dimentichiamoci degli aspetti legali. L’acquisto di una licenza per l’identità di una persona potrebbe sollevare questioni complesse riguardanti i diritti d’immagine. Inoltre, la creazione di avatar iperrealistici potrebbe incappare in problemi legati alla privacy e alla protezione dei dati.

Mentre i deepfake offrono un mondo di possibilità per il marketing digitale, portano con sé una valigia di questioni etiche e legali che richiedono un esame attento. Come spesso accade con le nuove tecnologie, il diavolo è nei dettagli, e solo affrontando queste questioni in modo responsabile e informato possiamo sperare di navigare in queste acque tumultuose.

Deepfake, questioni etiche e regolamentazione

Nel labirinto di innovazioni che caratterizza il nostro tempo, i deepfake emergono come una delle tecnologie più ambivalenti, capaci di oscillare tra il geniale e il pericoloso. Da un lato, hanno il potere di rivoluzionare il modo in cui i marchi interagiscono con il loro pubblico, offrendo nuove frontiere di narrazione e coinvolgimento. Dall’altro, aprono la porta a un mondo di truffe e disinformazione che potrebbe avere conseguenze devastanti.

Prendiamo, ad esempio, la resurrezione digitale dell’attrice Carrie Fisher in “Rogue One: A Star Wars Story”. In questo caso, è stata utilizzata una sofisticata tecnologia CGI per mantenere l’integrità narrativa del film, evitando il ricorso a un recasting che avrebbe potuto turbare i fan. In un contesto diverso ma altrettanto innovativo, un deepfake di Salvador Dalí serve come guida virtuale nel museo dedicato all’artista in Florida. Questa applicazione offre ai visitatori un’esperienza immersiva e educativa che va oltre la semplice osservazione di quadri appesi alle pareti.

Ma mentre questi esempi mostrano il lato luminoso dei deepfake, non possiamo ignorare le ombre che proiettano. In un caso che ha fatto scalpore, una filiale britannica di un’azienda energetica tedesca è stata truffata di quasi 250mila dollari. Un truffatore aveva utilizzato la tecnologia deepfake per imitare la voce del CEO dell’azienda, convincendo il personale a effettuare un trasferimento bancario a un conto in Ungheria. Questo episodio serve come un monito sui pericoli associati a questa tecnologia emergente.

E poi c’è la disinformazione politica, un terreno fertile per l’abuso dei deepfake. In un’epoca in cui la verità è sempre più un concetto sfuggente, la disinformazione ha trovato un potente alleato in questa tecnologia. Immaginate una campagna elettorale in cui un video deepfake di un candidato, che fa dichiarazioni incendiare o eticamente discutibili, diventa virale sui social media. Anche se il video venisse successivamente smascherato come un falso, il danno potrebbe essere già stato fatto. La disinformazione, dopotutto, ha la tendenza a diffondersi molto più rapidamente della sua correzione.

Questo panorama ambivalente sottolinea la necessità urgente di un quadro normativo che possa bilanciare i benefici e i rischi associati all’uso dei deepfake. Senza una regolamentazione adeguata, ci troviamo su un terreno scivoloso, dove la linea tra realtà e finzione diventa sempre più sottile, e dove le conseguenze di un passo falso possono essere irreparabili. E mentre la tecnologia continua a evolvere, la domanda che rimane è: come possiamo navigare in queste acque tumultuose senza perdere di vista la bussola etica?

La necessità di un quadro normativo

In un mondo sempre più digitalizzato, la questione dell’autenticità dei contenuti multimediali è diventata un nodo cruciale, reso ancora più intricato dall’ascesa dei deepfake. Strumenti come Sensity.ai stanno avanzando a passi da gigante nel rilevamento di questi contenuti falsificati, ma la tecnologia è una bestia in continua evoluzione. Non a caso, agenzie come la NSA, FBI e CISA hanno rilasciato informative specifiche sulla sicurezza informatica legata ai deepfake, sottolineando l’urgenza di sviluppare metodi di verifica più sofisticati e affidabili.

Ma la verifica è solo la punta dell’iceberg. Dietro si nasconde un terreno ancora inesplorato: la responsabilità legale. Chi dovrebbe pagare il prezzo quando un deepfake causa danni reputazionali o finanziari? Alcuni paesi, come la Cina, hanno già iniziato a regolamentare questa tecnologia, ma la questione della responsabilità è un labirinto di complessità e sfaccettature. Immaginiamo un deepfake che ritragga un CEO mentre fa dichiarazioni false su un prodotto. Le ripercussioni potrebbero essere enormi, non solo per la reputazione dell’azienda, ma anche per l’andamento del mercato azionario. In questo scenario, chi dovrebbe essere ritenuto responsabile? L’autore del deepfake? La piattaforma che ha ospitato il video? O l’azienda stessa per non aver implementato misure di sicurezza adeguate?

E non dimentichiamo gli standard etici, un altro tassello fondamentale in questo puzzle. In settori come il giornalismo e la pubblicità, l’uso irresponsabile dei deepfake potrebbe avere conseguenze devastanti. L’Unione Europea ha fatto passi avanti in questa direzione con il suo primo regolamento sull’intelligenza artificiale, che include anche i sistemi AI che generano o manipolano contenuti multimediali. Ma è sufficiente?

La necessità di un quadro normativo chiaro e completo è più urgente che mai. Le iniziative a livello globale e nazionale stanno iniziando a colmare questa lacuna, ma c’è ancora un lungo cammino da percorrere. Mentre la tecnologia per rilevare e contrastare i deepfake continua a progredire, dobbiamo affrontare i dilemmi etici e legali che emergono da queste acque tumultuose.

Soluzioni tecnologiche per combattere i deepfake malevoli

In un’epoca in cui i deepfake stanno diventando sempre più sofisticati, la corsa per sviluppare tecnologie che possano rilevarli e neutralizzarli è diventata una sorta di “guerra fredda digitale”. Da un lato, abbiamo algoritmi sempre più avanzati che possono creare video e immagini indistinguibili dalla realtà. Dall’altro, una serie di strumenti emergenti, dall’intelligenza artificiale alla blockchain, che cercano di tenere il passo con questa inquietante evoluzione.

Prendiamo, ad esempio, l’uso dell’intelligenza artificiale per rilevare i deepfake. Strumenti come Sensity.ai e Deepware Scanner stanno utilizzando tecniche di machine learning per scovare le sottili imperfezioni che tradiscono un video manipolato. Questi algoritmi sono come dei detective digitali, addestrati per riconoscere le più piccole anomalie in un mare di pixel.

Ma l’AI non è l’unico giocatore in campo. La blockchain sta emergendo come un potente alleato nella lotta per l’autenticità. Immaginate un mondo in cui ogni video o immagine viene “firmato” digitalmente al momento della sua creazione, incastonando un certificato di autenticità indistruttibile. Questo potrebbe rivoluzionare settori come il giornalismo, dove la veridicità delle informazioni è la moneta del regno.

E poi ci sono gli sforzi per standardizzare la rilevazione e la segnalazione dei deepfake. Organizzazioni come l’IEEE stanno lavorando su linee guida che potrebbero servire come base per futuri regolamenti. In un mondo ideale, avremmo un insieme di regole globali che governano la creazione e la distribuzione di contenuti generati da IA, creando un ambiente più sicuro e responsabile.

Non dimentichiamo il ruolo del settore privato. Aziende come Microsoft stanno entrando in gioco con strumenti come il video autenticato, che analizza i video e fornisce un punteggio sulla probabilità che siano stati manipolati. Sebbene questi strumenti siano ancora in fase di sviluppo, rappresentano un passo significativo nella giusta direzione.

Tuttavia, la strada è ancora lunga e piena di ostacoli. La “corsa agli armamenti” tra la creazione e la rilevazione dei deepfake è una sfida in continua evoluzione. E poi c’è la questione spinosa della privacy e della raccolta dei dati, un dilemma ancora irrisolto che potrebbe rallentare gli sforzi per addestrare algoritmi più efficaci.

La lotta contro i deepfake malevoli è un campo di battaglia in rapido movimento, che richiede un impegno costante da parte di tutti gli attori coinvolti. Dall’intelligenza artificiale alla blockchain, passando per gli standard globali, la comunità scientifica, le autorità regolamentari e il settore privato stanno unendo le forze per mitigare i rischi. Ma una cosa è certa: in questa guerra per l’autenticità, la vigilanza è la nostra migliore difesa.

Prospettive future

Nell’era digitale, i deepfake stanno diventando il nuovo terreno di battaglia per la verità, la fiducia e la percezione della realtà. Immaginate un mondo in cui gli avatar alimentati dall’intelligenza artificiale sono così sofisticati da confondere la linea tra umano e macchina. Questo non è più il regno della fantascienza, ma una prospettiva imminente che potrebbe riscrivere le regole delle nostre interazioni sociali. Da un lato, la tecnologia potrebbe aprire le porte a una comunicazione più inclusiva, con traduzioni istantanee e personalizzazioni che rendono il mondo digitale un luogo più accogliente per tutti.

Ma dall’altro, potrebbe innescare una nuova ondata di “catfishing“, rendendo la fiducia online un bene ancora più raro e prezioso.

E se pensate che le implicazioni sociali siano preoccupanti, aspettate di vedere cosa potrebbe accadere nel teatro politico. I deepfake hanno il potenziale di diventare armi di disinformazione di massa. Un video manipolato potrebbe mostrare un leader politico mentre compie azioni o fa dichiarazioni che potrebbero capovolgere un’elezione o scatenare una crisi internazionale. In questo scenario, la necessità di strumenti di verifica affidabili diventa una questione di sicurezza nazionale. Ma non è solo una questione di tecnologia; è anche una questione di educazione e consapevolezza pubblica.

Infatti, uno degli aspetti più inquietanti dell’ascesa dei deepfake è il loro potenziale impatto sulla nostra comprensione della verità. Viviamo già in tempi di “post-verità”, dove le notizie false e le teorie del complotto trovano terreno fertile. I deepfake potrebbero portare questa crisi a un nuovo livello, erodendo ulteriormente la fiducia nelle fonti di informazione e complicando il compito di discernere il reale dal falso. In questo contesto, l’educazione mediatica diventa una priorità assoluta. Dovremo insegnare alle nuove generazioni come navigare in un paesaggio informativo in cui le linee tra realtà e finzione sono sempre più indistinte.

Ma non tutto è perduto. Mentre la tecnologia ci pone di fronte a questi dilemmi etici e sociali, può anche offrire soluzioni. Strumenti di rilevamento sempre più sofisticati stanno emergendo, e l’educazione pubblica sulle potenziali trappole dei deepfake sta guadagnando terreno. Tuttavia, la tecnologia da sola non sarà la nostra salvezza. Sarà necessario un impegno collettivo, che coinvolga legislatori, educatori, e il pubblico stesso, per navigare le acque tumultuose che ci attendono.

I deepfake non sono solo una questione di pixel e algoritmi; sono una questione che tocca le fondamenta stesse della società. Come affrontiamo questa sfida determinerà non solo il futuro della tecnologia, ma anche il tessuto stesso della nostra convivenza sociale e politica.

Conclusioni

In un’era digitale in cui la realtà può essere manipolata con pochi clic, i deepfake rappresentano una sfida cruciale per la nostra comprensione della verità. Questa tecnologia, che unisce intelligenza artificiale e grafica avanzata, è un doppio taglio: da un lato, un potenziale catalizzatore per l’innovazione in settori come il marketing, l’arte e il giornalismo; dall’altro, un potente strumento per la disinformazione e la frode.

Nel contesto cinese, ad esempio, i deepfake stanno rivoluzionando il live streaming e l’e-commerce, con avatar AI che lavorano 24/7 e interagiscono con i clienti in modo personalizzato. Ma questa stessa tecnologia solleva questioni etiche e regolamentari, come la trasparenza e l’autenticità, che non possono essere ignorate.

Nel marketing digitale, i deepfake offrono efficienze senza precedenti, ma al costo di potenziali manipolazioni e frodi. La questione della responsabilità legale è ancora un terreno inesplorato, e mentre alcuni paesi come la Cina stanno già regolamentando i deepfake, il quadro globale è ancora frammentato.

La lotta contro l’uso malevolo dei deepfake è in pieno svolgimento. Strumenti come Sensity.ai e Deepware Scanner stanno facendo passi da gigante nella rilevazione di contenuti falsi, ma la “corsa agli armamenti” tra la creazione e la rilevazione dei deepfake è una sfida in continua evoluzione.

Infine, mentre guardiamo al futuro, è chiaro che i deepfake avranno un impatto profondo non solo sulla tecnologia e sul business, ma anche sul tessuto stesso delle nostre interazioni sociali e politiche. La necessità di un quadro normativo è più urgente che mai, ma altrettanto cruciale è una riflessione collettiva su come questa tecnologia cambierà la nostra comprensione della verità e della realtà.

In sintesi, i deepfake sono un fenomeno che non possiamo permetterci di ignorare. Sono un test per la nostra capacità di navigare in un mondo sempre più complesso, dove la linea tra il reale e l’artificiale è sempre più sfumata. E mentre la tecnologia continua a evolversi, la domanda rimane: come bilanceremo i rischi e le opportunità in questo nuovo paesaggio digitale?

 

 

 

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