Come l’AI può aiutare il recruiting e il people management nelle grandi organizzazioni

Ora che molte applicazioni dell’analytics hanno raggiunto una piena maturità in diversi settori – dalla gestione della customer experience nelle telecomunicazioni e nell’energia fino all’automazione del processo di analisi e liquidazione dei sinistri in ambito assicurativo – è utile sfruttare proficuamente le lessons learnt anche nel dominio delle risorse umane

Pubblicato il 13 Lug 2020

Lorenzo Ricciardi Celsi

Manager, ELIS Innovation Hub

people management

Il mondo nel XXI secolo è globale e interconnesso. I flussi informativi e i cicli di innovazione sono più intensi e rapidi e le organizzazioni interdipendenti sia all’interno tra le varie funzioni aziendali, sia all’esterno verso altri soggetti (altre aziende, università, mass media e social network, singoli influencer). Le filiere produttive si frammentano (anche per la riduzione dei costi di trasporto) e la voce del cliente è sempre più forte nel ridisegnare i prodotti e i servizi. Le organizzazioni aziendali hanno pertanto bisogno di adattarsi costantemente a tutto ciò, per ottenere risultati positivi e duraturi nel tempo e difendere e alimentare un patrimonio di cultura e competenze adeguato a far fronte al “cambiamento continuo”.

L’attuale crisi del Covid-19 non farà altro che acuire questa necessità adattiva: l’incertezza sul futuro avrà un effetto selettivo e solo le aziende con una cultura solida, fortemente condivisa e costituite da persone flessibili e in grado di adattarsi conquisteranno un vantaggio competitivo. I processi di digitalizzazione, già inarrestabilmente avviati prima della crisi, sono stati ulteriormente accelerati, per via della necessità di mantenere il distanziamento sociale. Il paradigma che si schiude di fronte a noi è quindi quello di una “nuova normalità” dove, ancora, cultura e skills saranno determinanti per non essere esclusi da una competizione ancora più serrata.

Non possiamo esimerci dal guardare anche la prospettiva individuale: come le singole persone stanno interpretando questa transizione? Certamente, il concetto di flessibilità (che in alcuni casi diventa precarietà) sta prepotentemente facendosi strada tra i lavoratori del nostro tempo. Le generazioni Y (Millennials) e Z (Zoomers/Post-Millennials) sono già convinte che il loro lavoro cambierà diverse volte lungo la loro vita e ciò implica quattro importanti elementi:

  • la necessità di incrementare la propria self-efficacy (conoscendosi sempre più a fondo e riprogettando costantemente la propria autoefficacia);
  • la consapevolezza di dover continuare a imparare lungo tutto il corso della vita (life-long learning);
  • una tendenza a essere meno legati all’organizzazione nella quale si opera, sapendo che molto probabilmente non si rimarrà legati ad essa per tutto l’arco della propria carriera lavorativa (per questo motivo, le organizzazioni non si stancano di formulare nuove e migliori strategie per aumentare il livello di engagement dei propri dipendenti);
  • vivendo nell’ambiente digitale fin dall’infanzia, lo si considera come un naturale ambiente di lavoro e di vita.

Nelle generazioni precedenti (la maggior parte del middle e top management) il cambio di mindset è stato ed è più impegnativo e non sempre si riesce ad adattare la propria visione a questo scenario di cambiamento continuo.

Il “people management”

La recente evoluzione tecnologica ha imposto l’utilizzo analitico di dati e informazioni nella gestione aziendale. Molte aziende hanno effettuato pertanto investimenti nel settore big data analytics & AI negli ultimi anni, ma poche sono state le storie di successo con riferimento all’applicazione dei metodi e delle tecniche di analisi dati alla gestione efficace delle risorse umane. Eppure, ora che molte applicazioni dell’analytics hanno raggiunto una piena maturità in diversi settori – dalla gestione della customer experience nelle telecomunicazioni e nell’energia fino all’automazione del processo di analisi e liquidazione dei sinistri in ambito assicurativo – è certamente interessante e utile sfruttare proficuamente le relative lessons learnt anche nel dominio delle risorse umane, in particolar modo per offrire supporto alla gestione del recruiting e della popolazione aziendale nelle grandi organizzazioni.

Una prima esigenza che si registra per molte aziende è quella di assumere persone che siano in grado di ricoprire più ruoli (soprattutto per far fronte alle continue necessità di riadattamento).

Inoltre, una esigenza sempre presente, ma oggi maggiormente critica, è quella di effettuare una catalogazione dinamica delle skills (sia degli employee che dei futuri assunti) che il mercato dimostra essere di maggiore rilievo per il proprio core business: tale analisi – guidata dai dati della popolazione aziendale incrociati con dati pubblici come la classificazione europea di abilità, competenze, qualifiche e occupazioni (ESCO) – abiliterebbe una più efficace gestione del proprio processo di recruiting, nonché dei percorsi di crescita professionale interni all’azienda stessa, consentendo di

  • migliorare la reputazione che l’azienda si costruisce nei confronti dei propri lavoratori, e soprattutto
  • potenziare l’employer branding, tenendo l’azienda allineata con le attuali caratteristiche del mercato del lavoro.

Quali tecnologie di AI per il “people management”

Una selezione e gestione delle persone secondo i nuovi paradigmi dell’AI non può prescindere dalla costruzione di un’architettura data-driven in grado di:

  1. selezionare le fonti dati;
  2. raccogliere e trasformare i diversi formati di dati;
  3. creare la knowledge base tipica del contesto aziendale in cui operiamo;
  4. creare e visualizzare report utili come supporto alle decisioni.

Un esempio di architettura funzionale utile a indirizzare le esigenze di gestione sopra descritte è riportata nella figura sottostante.

  • la selezione delle fonti dati può avvenire in un primo stadio di data gathering, che raccoglie le informazioni necessarie da una serie di sorgenti dati opportunamente scelte.
  • Successivamente, è previsto uno stadio di data engineering che realizza il processo concreto di ETL, cioè di estrazione, trasferimento e caricamento dei dati sul data layer della piattaforma cloud che l’azienda di riferimento predilige.
  • In tal modo, è possibile creare la knowledge base desiderata (in particolare, un catalogo omogeneo delle skills della popolazione aziendale) e un motore di AI che si comporti da sistema di supporto alle decisioni di riallocazione efficiente delle risorse e di job rotation (che oltre a tenere conto delle hard skills di solito più facili da leggere perché dichiarate, tenga conto anche delle soft skills grazie a sistemi di inferenza che si avvalgono delle fonti dati non strutturate). A questo proposito, è fondamentale l’utilizzo di algoritmi di text mining nonché di apprendimento automatico (eventualmente anche profondo).
  • Infine, lo stadio finale di data democratization mette a disposizione di chi ha in carico la gestione del personale una serie di strumenti avanzati di visualizzazione di report utili alla gestione ottimale del recruiting e dell’attuale popolazione aziendale.

In particolare, con riferimento all’inferenza delle skills da fonti dati non strutturate è possibile creare un engine di estrazione delle skills come quello indicato nella figura.

Il modulo di estrazione delle skills è costruito attraverso l’applicazione di tecniche di elaborazione del linguaggio naturale (Natural Language Processing) quali:

  • Named Entity Recognition (NER): è il processo che consiste nel trovare e classificare ogni singolo elemento presente in un testo secondo categorie predefinite, come ad esempio nomi, aziende, università, etc.
  • Part of Speech (POS): è il processo di marcatura (Tagging) in maniera supervisionata di una parola in un testo (corpus) come corrispondente a una parte particolare del discorso, basata sia sul suo significato che sul suo contesto.

Dal testo grezzo originale (Raw Text), ciascuno dei tre moduli (NER, POS e Skill Dictionary) estrae un insieme di termini con un “punteggio” che ciascun modulo attribuisce a ciascun termine estratto. Sulla base di questo punteggio, viene identificato il termine/frase come “probabile skill.

Alla probabile skill verrà applicato un algoritmo di Word2Vec (W2V), tecnica che consente di catturare le relazioni tra parole (per esempio, la parola “cane” sarà legata alla parola “gatto”). I vettori di parole, pertanto, sono posizionati in modo tale che le parole che condividono contesti comuni siano collocate in stretta vicinanza l’una con l’altra nello spazio vettoriale. Il modello W2V e il sistema di skill dictionary vengono alimentati da fonti esterne, quali open data (ESCO, ICT Book, O*Net, etc.) e da un dizionario di estrazione delle competenze (per esempio, in ELIS negli anni è stata creata una knowledge base per inferire le skills nel sistema di screening dei curriculum chiamato Zarathustra).

Ogni potenziale termine di skill viene confrontato con i termini di skill esistenti nel dizionario delle competenze. La somiglianza più alta del potenziale termine di skill con questi termini di skill noti viene assegnata come punteggio di abilità del potenziale termine di competenza. Infine, è necessario un meccanismo di feedback degli utenti per apprendere nuove abilità e migliorare il punteggio di nuove abilità identificate nel tempo. Il punteggio di abilità assegnato indica il punteggio di pertinenza di ogni potenziale termine di skill.

Prime evidenze emerse

Grazie all’utilizzo delle tecnologie sopra descritte, è possibile realizzare modelli di catalogazione dinamica delle competenze, nonché recommendation systems in grado di snellire e rendere più efficaci i seguenti processi.

  1. Assessment, rilevazione e valutazione automatica delle competenze dei dipendenti e/o di futuri collaboratori: tale processo consente di velocizzare e oggettivizzare la rilevazione delle conoscenze, punti di forza e aree di miglioramento di ciascun dipendente.
  2. Formazione dei dipendenti, in termini di upskilling e reskilling: si parla spesso di formazione continua o “formazione per tutta la vita” ma ciò che spesso si riscontra nelle organizzazioni è una grande quantità di offerta formativa difficile da valutare, clusterizzare e suggerire in relazione al profilo professionale di ognuno di noi. Grazie al tagging (etichettatura) automatico degli interventi formativi, soprattutto online, in maniera automatizzata vengono predisposti dei piani/corsi di formazione basati sul profilo specifico della persona. A tal proposito, le tipologie di corsi etichettabili sono nell’ordine delle migliaia: si pensi a Coursera, edX, Udacity, Udemy, etc. Tali corsi sono oggi ancora più facili da fruire grazie alla diffusione di MOOC Aggregator come Class Central o Emma. Il meccanismo di recommendation proposto opera in maniera non dissimile dalle funzioni “Consigliati per te” di Amazon, Netflix, Spotify, etc. A titolo di esempio, tale approccio consente di evitare:
    • la raccolta manuale, molto spesso soggettiva, delle esigenze formative dei dipendenti;
    • una scelta di un corso che sia necessariamente in linea con il profilo professionale;
    • il calcolo manuale e soggettivo del ROI della formazione.
  3. Ottimizzazione e adattamento dello staffing delle risorse sulle attività: mettendo a sistema tutta la carriera professionale ed extra-professionale e le aspirazioni di ciascun dipendente, si ha la possibilità di costruire in maniera più dinamica, efficiente e rigorosa i team di lavoro, con risparmio di tempo e maggiore efficacia del processo di staffing.
  4. Job rotation, sia orizzontale (rotazione su ruoli di pari livello organizzativo all’interno di uno specifico settore aziendale con lo scopo di far acquisire maggiori competenze tecniche e manageriali, vicino alla posizione attuale) che verticale (in vista di promozione in ruoli di maggior responsabilità).

Innovazione, people e collaborazione università-impresa

È indubbio che lo svolgimento di progetti di big data analytics & AI in ambito people management ha bisogno di mantenersi costantemente alla frontiera dell’innovazione, sia dal punto di vista dell’approccio culturale legato all’ambito HR, sia dal punto di vista delle tecniche e metodologie più appropriate per interpretare correttamente le skill possedute dalle persone. Per questo motivo, è auspicabile una forte collaborazione tra università e impresa che, in tal senso, possono essere considerate complementari per know-how evolutivo e contesto di sperimentazione.

A questo scopo, Elis lo scorso anno ha promosso dei Joint Research Project tra oltre 30 grandi imprese italiane e 15 università, che permettessero di favorire l’uso di AI e data science in diversi domini applicativi (predictive maintenance, predictive customer operations, circular economy & decarbonizzazione, smart health e, naturalmente, people analytics).

I primi risultati del lavoro svolto sono stati presentati il 18 giugno 2020 in un Joint Research Day organizzato on-line in modalità live.

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