Come l’AI ha ridotto i tempi di realizzazione dei vaccini Covid

L’intelligenza artificiale è stata determinante per la prima fase di sviluppo: l’individuazione delle proteine che devono essere utilizzate per attivare il sistema immunitario umano

Pubblicato il 03 Dic 2020

Domenico Marino

Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

AI vaccini

È di questi giorni la notizia che due vaccini, quello prodotto da Pfizer e quello prodotto da Moderna richiederanno l’autorizzazione alle agenzie di controllo americane ed europee per poterli immettere sul mercato. A ruota dovrebbe seguirli un terzo vaccino quello prodotto dall’Università di Oxford con AstraZeneca. Risultano, poi, già registrati presso le agenzie dei rispettivi paesi due vaccini, uno russo, chiamato Sputnik e uno cinese. Sempre in Cina e in Russia vi sono altri vaccini in dirittura d’arrivo, ma le procedure di autorizzazione in questi paesi non sono confrontabili con quelle europee ed americane. L’innovazione che ha permesso lo sviluppo di vaccini in tempi così brevi è l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la prima fase di sviluppo che consiste nell’individuazione delle proteine che devono essere utilizzate per attivare il sistema immunitario umano.

L’AI in aiuto contro virus e batteri

Tutti i vaccini oggi in fase di approvazione hanno ridotto notevolmente i tempi di ricerca in questa prima fase utilizzando le capacità di deep learning dell’intelligenza artificiale. La fase di sperimentazione ha portato via molto più tempo, ma in questa fase non sono stati utilizzati, almeno su larga scala, metodologie di intelligenza artificiale. Una frontiera che attraverso l’intelligenza artificiale può essere raggiunta nei prossimi anni è quella di svolgere in maniera simulata una gran parte delle sperimentazioni, diminuendo il numero dei test necessari per arrivare all’approvazione di un vaccino o di un farmaco. Quando il tempo di creazione di un vaccino potrà essere inferiore a 6 mesi, potremo ragionevolmente ipotizzare di poter affrontare con altro spirito e con altre armi le prossime pandemie. Ma quella dei vaccini è solo una strada che si può battere per combattere la guerra quotidiana contro virus e batteri.

Ai vaccini

L’intelligenza artificiale sta aprendo nuove strade per ottenere cure efficaci contro le infezioni. È in sperimentazione negli Stati Uniti uno spray che inalato impedisce l’infezione da Sars-Cov-2 perché crea un’esca artificiale, riproducendo il recettore ACE2 a cui si dovrebbe legare il virus. In questo modo coloro che vengono a contatto con il virus non vengono infettati perché il virus trova si lega preferibilmente all’esca e non infetta le cellule. Questo prodotto non arriverà sul mercato prima di un anno e probabilmente non avrà effetti concreti nella lotta a questa pandemia, ma aprirà la strada a un nuovo metodo di cura delle malattie virali che potrà essere molto utile in futuro. Questa esca che inalata nel naso dei criceti li ha resi immuni dall’infezione è stata progettata dall’intelligenza artificiale che ha ridotto di molto i tempi di sintetizzazione.

Intelligenza artificiale in campo biomedico

Un ultimo e importante avanzamento che è stato realizzato in campo biomedico con l’intelligenza artificiale è la risoluzione di un problema storico della biologia molecolare che sembrava insormontabile e che è quello della piegatura della proteina. Questa scoperta realizzata attraverso la simulazione di modelli 3D delle proteine può aprire straordinarie possibilità in termini di sviluppo di nuovi farmaci specifici per le singole patologie.

Non possiamo non constatare che, attraverso l’intelligenza artificiale, si è realizzata una innovazione fortissima in campo biomedico come risposta alla pandemia di Covid 19. Oggi abbiamo molte più armi contro la prossima pandemia ed è migliorata molto anche la nostra capacità di risposta. Avere vaccini e farmaci specifici in pochi mesi non è più un’ipotesi fantascientifica, ma comincia a far parte della realtà del futuro immediatamente prossimo. Va anche detto, per ricordarci dei nostri limiti, che dopo quasi 40 anni di ricerca non siamo ancora riusciti a trovare un vaccino contro l’HIV, ma tutti i progressi fatti in campo biomedico, trainati dall’intelligenza artificiale, ci possono far guardare al futuro con minore apprensione.

Un po’ di storia dei vaccini

Ripercorre la storia dei vaccini è molto interessante e istruttivo. A partire dal nome – vaccino – che deriva dal primo vettore utilizzato per produrre i vaccini che è il virus del vaiolo bovino. In realtà già nel Medioevo si era capito che determinate pratiche potevo costituire un meccanismo di protezione dalle malattie infettive, la variolizzazione, pratica abbastanza diffusa, infatti consisteva nel mettere a contatto i soggetti, in maggioranza bambini, con dei tessuti essiccati di malati di forme leggere vaiolo, variola minor. In questo modo i soggetti sviluppavano una malattia leggera che li immunizzava dalle forme più aggressive. Ovviamente non si trattava di una pratica scevra da rischi, perché era possibile che i soggetti venuti a contatto con il virus sviluppassero la forma grave della malattia e in ogni caso erano a loro volta vettori di contagio durante la fase acuta della malattia leggera.

Jenner alla fine del diciottesimo secolo, avendo riscontrato che i mungitori di mucche malate di vaiolo sviluppavano una forma lieve della malattia e in seguito non si ammalavano più, penso di utilizzate per una forma più sofisticata di variolizzazione il materiale organico prelevato dalle mucche malate. Nacque così il primo vaccino della storia. L’altro grande passo fu, poi, fatto da Pasteur che pensò di immunizzare i pazienti che erano venuti in contatto con il virus della rabbia con l’inoculazione di un virus attenuato. L’esperimento riuscì e apri la strada alla ricerca dei vaccini che tante vite hanno salvato nei due secoli che seguirono la loro introduzione.

Le moderne tecnologie di realizzazione dei vaccini sono molto più sofisticate e sicure, non dimentichiamo che sia Jenner, sia Pasteur sperimentarono direttamente sull’uomo le loro scoperte, ma nello stesso tempo necessitano di tempi molto lunghi per la realizzazione e messa sul mercato. Il vaccino per la parotite, che è uno dei più recenti ha impiegato quattro anni per arrivare sul mercato. Nel caso della pandemia da Covid 19 questi tempi si sono notevolmente ridotti. Di fatto, in poco meno di un anno dalla scoperta della malattia, siamo stati in grado di approntare vaccini efficaci.

Alcuni di questi utilizzano la tecnologia abbastanza consolidata dell’inoculazione del virus attenuato. Vi sono poi i vaccini a Rna-messaggero contenenti istruzioni genetiche per costruire la proteina spike del Sars- Cov- 2 e sono quelli di Moderna e Pfizer, mentre quello di AstraZeneca e lo Sputnik usano un vettore virale geneticamente modificato (adenovirus) in grado di riprodurre la proteina spike.

La tecnologia dei virus inattivati è quella più consolidata, mentre ancora al mondo non esistono vaccini approvati con la tecnologia del RNA messaggero. Diverse sono anche le richieste logistiche, perché i vaccini a RNA messaggero hanno bisogno di temperature molto basse per essere trasportati e conservati, mentre quelli a vettore virale possono essere gestiti con una normale catena del freddo.

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