Intelligenza artificiale, un potenziale per il PIL italiano

L’istituto di ricerca economica McKinsey Global Institute (MGI) stima l’impatto potenziale dell’intelligenza artificiale sull’economia italiana in 228 miliardi di euro ed espone le strategie per colmare il divario accumulato con USA e Cina

Pubblicato il 10 Ott 2019

Potenziale intelligenza artificiale sul PIL

Il potenziale dell’intelligenza artificiale è significativo non solo in USA e Cina ma anche per l’Europa, in generale, e l’Italia, in particolare. Insieme ad altre tecnologie emergenti potrebbe contribuire ad un incremento del PIL pari al 13% entro il 2030, equivalente a 228 miliardi di euro: questo quanto meno il contributo concreto che soluzioni tecnologiche avanzate per il business in ambito intelligenza artificiale, Industria 4.0 e design thinking potrebbero generare all’economia italiana secondo le stime di McKinsey.

«L’intelligenza artificiale rappresenta un’opportunità unica per la competitività e la crescita del nostro Continente. L’Europa, e con essa l’Italia, possono contare su diversi punti di forza: un settore industriale all’avanguardia; un ampio bacino di talenti nella ricerca e nel tech; un numero di startup in continua crescita. Non si tratta infatti di un tema astratto, ma di ricchezza concreta, che per l’Europa potrebbe valere 2.700 miliardi di euro», sostiene Massimo Giordano, Managing Partner McKinsey Mediterraneo.

Quattro strategie per colmare il gap con USA e Cina

Ci sono alcuni temi sui quali l’Europa dovrebbe focalizzarsi secondo l’istituto di ricerca economica McKinsey Global Institute per riconquistare competitività a livello mondiale e colmare il divario accumulato, in particolare con Stati Uniti e Cina.

Innanzitutto, si tratta di sviluppare iniziative a favore dell’istruzione, della formazione e dell’attrazione dei talenti. Di fronte alla crescente importanza delle competenze tecnologiche nel tempo lavorativo (+40% per le skill avanzate e +65% per quelle di base), l’offerta formativa per i giovani dovrà aggiornarsi per essere in linea con la domanda e poi puntare sulla riqualificazione professionale delle persone che già lavorano è cruciale per assicurare una transizione efficace nell’era digitale. Non dimentichiamo che l’Europa può contare su un solido bacino di talenti: la comunità di ricercatori europei è più ampia di quella degli Stati Uniti o della Cina e il numero di programmatori software europei è cresciuto del 4-5% negli ultimi due anni raggiungendo i 5,7 milioni (negli USA sono 4,4 milioni). Tuttavia, la concorrenza per i talenti tech è mondiale e l’Europa deve tornare a essere un polo di attrazione, richiamando i talenti in fuga e attraendo le migliori menti dalle altre parti del mondo.

Il settore industriale in Europa è tra i più innovativi al mondo: tra le 16 “fabbriche faro” della quarta rivoluzione industriale individuate dal World Economic Forum e da McKinsey, 9 si trovano in Europa e rappresentano un esempio virtuoso di collaborazione e condivisione di best practice con altre aziende manifatturiere. I confini tra i settori sono sempre più labili ed è fondamentale pensare e agire in ottica sinergica, di ecosistema. In questa direzione si colloca, la European Automotive Telecom Alliance: un’alleanza tra operatori del settore delle telecomunicazioni e il mondo dell’auto per promuovere una più ampia diffusione della guida connessa e automatizzata in Europa. Oltre alla cooperazione tra settori, occorre favorire la collaborazione tra aziende tradizionali e innovative: nel primo caso per accelerare l’innovazione, nel secondo per crescere.

Anche il settore pubblico potrebbe fungere da volano per lo sviluppo dell’innovazione in Europa: la spesa europea per i prodotti e servizi pubblici ammonta a circa 2.000 miliardi di euro l’anno (pari al 14% del PIL) e una parte rilevante di questa spesa potrebbe essere destinata all’innovazione e il settore pubblico, il che potrebbe innescare un circolo virtuoso di cui beneficerebbe anche il settore privato.

Un ultimo punto riguarda la necessità di incentivare la crescita delle startup. In Europa il numero di startup in ambito AI è triplicato negli ultimi tre anni e gli investimenti sono a livelli record, con 21 miliardi di euro investiti nel 2018 (+360% rispetto agli ultimi 5 anni). Ciononostante, il numero di “unicorni” europei – ossia startup che hanno una valutazione superiore a 1 miliardo – è cresciuto a un tasso pari alla metà di quello degli Stati Uniti. Inoltre, il mercato del venture capital è ancora poco sviluppato in Europa e il 90% di questi finanziamenti è concentrato in solo 8 stati membri dell’UE.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 3