Cultura imprenditoriale, sostegno alle startup e Open Innovation. Ecco cosa chiede Antonio Perdichizzi al “Governo che verrà”

Innovazione come mindest culturale con una politica di sostegno all’educazione imprenditoriale. Supporto e sostegno alla nuova impresa. Ripensamento del mondo del lavoro per favorire un più ampio e diffuso approccio all’Open Innovation. Sono le richieste ed i suggerimenti di Antonio Perdichizzi, CEO di Tree, al nuovo Governo che si formerà dopo le Elezioni Politiche di marzo

Pubblicato il 12 Feb 2018

Antonio Perdichizzi CEO di Tree

Innovazione come mindest culturale con una politica di sostegno all’educazione imprenditoriale. Supporto e sostegno alla nuova impresa. Ripensamento del mondo del lavoro per favorire un più ampio e diffuso approccio all’Open Innovation. Sono le richieste ed i suggerimenti di Antonio Perdichizzi, CEO di Tree, al nuovo Governo che si formerà dopo le Elezioni Politiche di marzo

«Portare l’innovazione ad una diffusione più ampia attraverso un approccio che sia prima di tutto culturale». È questo il primo importante passo che dovrà fare, nel segno della continuità, il nuovo Governo italiano. Lo è nella visione di Antonio Perdichizzi, giovane imprenditore, CEO di Tree, società fondata nel 2011 attiva nel settore dell’Open Innovation e dell’Education, cofondatore del Future Food Ecosystem (acceleratore verticale nato nel 2016 e dedicato alle startup che sviluppano servizi, prodotti e soluzioni legate al mondo del food), angel investor della startup Orange Fiber, impegnata nella trasformazione di scarti di agrumi in tessuti e vincitrice di numerosi riconoscimenti tra cui il premio dell’ONU pensato per promuovere startup che sviluppano prodotti o nuove soluzioni per lo sviluppo sostenibile e l’economia verde.

Un imprenditore, startupper e investitore che ha vissuto “sulla sua pelle” – e vive quotidianamente – il rapporto tra la società, l’economia, la finanza e la politica e che, in vista delle Elezioni Politiche 2018, qualche cosa da chiedere e suggerire al nuovo Governo ce l’ha.

L’innovazione come mindest parte dalla cultura e dalla formazione

Antonio Perdichizzi CEO di Tree
Antonio Perdichizzi CEO di Tree

«Bisognerebbe introdurre una più efficace educazione imprenditoriale nelle scuole – suggerisce Perdichizzi – magari anche proseguendo e migliorando il piano della cosiddetta “Buona Scuola” che, pur all’interno di una indubbia complessità di visione e di approccio pratico, ha introdotto elementi interessanti come l’alternanza scuola-lavoro. Tutto sommato trovo che sia stata una riforma importante sulla quale avrebbe senso continuare ad investire perché un Paese si cambia a partire dai banchi di scuola e questo richiede decenni di sforzi continui».

Il tema è molto caro a Perdichizzi perché fa parte del board di Junior Achievement, la più vasta organizzazione non profit al mondo dedicata all’educazione economico-imprenditoriale nella scuola: «oggi il progetto ha un impatto su 18mila ragazzi ma come Paese dovremmo riuscire a dare l’opportunità a tutti i giovani di sviluppare il proprio potenziale e costruire quella mentalità imprenditoriale/manageriale in grado di innescare una buona propensione all’innovazione».

L’Education ha certamente un ruolo importante nelle giovani generazioni, in quelli che saranno i manager, gli imprenditori, i politici di domani ma la formazione deve avere un posto privilegiato anche nei “piani di sviluppo” delle competenze senior: «l’ideale sarebbe riuscire a formare adeguatamente chi forma i ragazzi, per poi offrire ai giovani strumenti ed esempi concreti», suggerisce Perdichizzi. «Non è necessario (e nemmeno immaginabile) che tutti diventino imprenditori, ma quella imprenditoriale è una competenza/cultura trasversale che trova applicazione in moltissimi campi perché stimola lavoro di gruppo, comunicazione, negoziazione… soft skill che diventano sempre più preziose nel panorama della nuova economia digitale globale».

Serve maggiore concentrazione economica e politica per favorire l’ecosistema delle startup

«In Italia abbiamo un enorme ritardo sugli investimenti in capitali di rischio e sono pochissimi gli investimenti e i sostegni alla generazione di nuove imprese», prosegue Perdichizzi nell’esaminare i “punti critici” della politica italiana sui temi dell’innovazione. «Ci vuole una più “concentrata” politica pubblica che favorisca il movimento di capitali (e i rischi di perdita) e di investimenti economici a favore di nuove imprese».

Secondo il CEO di Tree, «una quantità enorme di fondi dell’Unione Europa è destinata alle regioni del Sud Italia ed una percentuale consistente di questi investimenti va a favore dell’imprenditorialità focalizzata sull’innovazione digitale. Manca però una “cabina di regia” che consenta di canalizzare correttamente questi fondi che a mio avviso può essere attuata solo da una politica di governo centrale capace di cooperare attraverso regioni ed enti locali».

Diffondere ed estendere l’approccio all’Open Innovation, anche con “piccoli gesti”

Il terzo pilastro sul quale dovrebbe concentrarsi il nuovo Governo italiano per favorire l’innovazione del sistema imprenditoriale e del Paese, sempre nella visione del giovane manager italiano, riguarda il delicato tema dell’Open Innovation: «oggi è appannaggio delle grandi realtà, com’è corretto che sia, ma è un approccio che andrebbe calato anche in contesti di aziende di medie e piccole dimensioni: ogni impresa italiana, a mio avviso, può essere un incubatore».

Perdichizzi non lascia nel vuoto le idee condivise con AI4Business e, riconoscendo le difficoltà per la Pubblica Amministrazione di reperire i fondi e le risorse necessarie per stimolare l’innovazione dal punto di vista culturale e sostenere le imprese, offre alcuni suggerimenti pratici per iniziare a tracciare la strada: «le modalità di lavoro stanno profondamente cambiando e ho l’impressione che si siano moltissimi spazi vuoti, inutilizzati, che potrebbero invece trovare “nuova vita”; parlo di uffici, negozi, capannoni ed anche “stanze” di uffici pubblici che potrebbero essere messi a disposizione di gruppi di lavoro trasformandosi così in una sorta di piccoli incubatori. Chi mette a disposizione i locali potrebbe “inconsapevolmente” trasferire ai nuovi team anche importanti competenze (la gestione della contabilità, per fare un esempio concreto) e, di contro, “godere” facilmente di nuove idee in grado di dare una spinta all’innovazione (anche in realtà già consolidate e di piccole dimensioni). L’Open Innovation può partire anche dal basso, a patto che ci sia una politica di Governo che la favorisce e che supporta nuovi modelli e metodi di lavoro».

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