Accenture, potenziare il business con l’AI: come fare

Uno studio Accenture mette in luce che le aziende che sono riuscite a integrare pienamente l’AI hanno migliorato la propria performance finanziaria del 32%. Ma il 77% dei manager italiani riscontra difficoltà.

Pubblicato il 13 Feb 2020

intelligenza artificiale

L’Intelligenza Artificiale è determinante per il successo delle imprese. Il mondo imprenditoriale ne è pienamente consapevole, ma molte aziende hanno delle difficoltà nel riuscire a sfruttare al meglio questa leva di creazione del valore, passando dalla fase di sperimentazione alla piena integrazione dell’AI all’interno della strategia aziendale e portandola a scala.

Secondo un recente studio di Accenture, la maggioranza dei manager delle imprese italiane (88%) ritiene l’intelligenza artificiale un fattore fondamentale per raggiungere i propri obiettivi di crescita e la stragrande maggioranza pensa che sia necessario scalarla all’interno dell’organizzazione per ottenere un buon ROI. Inoltre, tre manager su quattro ritengono che, non scalando l’AI nei prossimi cinque anni, metterebbero a rischio il proprio business. Tuttavia, il 77% riconosce di avere difficoltà nel farlo.

Il top management è accomunato da una sorta di senso di urgenza circa l’adozione di questa tecnologia: una considerazione facile da spiegare, considerando che se un’azienda ignorasse del tutto questo insieme di tecnologie, finirebbe per dare ai propri competitor un vantaggio competitivo importante.

La posta in gioco è altissima: le aziende nel mondo che sono riuscite a scalare con successo l’AI, hanno ottenuto un ritorno sugli investimenti quasi tre volte superiore e un incremento del 32% nei principali indicatori finanziari (Enterprise Value/Revenue Ratio, Price/Earnings Ratio, e Price/Sales Ratio).

Il nodo cruciale è la mancanza di competenze

La mancanza delle competenze necessarie per svolgere al meglio queste attività è il principale “tallone di Achille” delle aziende. L’intelligenza artificiale fonda le sue conclusioni e indicazioni a partire dai dati che le vengono messi a disposizione. Risulta quindi molto semplice capire come una non adeguata gestione del dato possa inficiare il risultato di un progetto di adozione di questa tecnologia.

Le difficoltà nell’implementare l’AI sono spesso il frutto di un fallimento nella gestione appropriata del patrimonio informativo aziendale. Per avere progetti di machine learning di successo, infatti, è fondamentale la capacità di identificare quali dati siano i più importanti per ciascun progetto, la capacità di lavorarli per rimuovere errori o anomalie e identificare quali possano essere effettivamente utilizzati per estrarre informazioni.

In alcune realtà, i problemi relativi alla gestione dei dati sono cresciuti al punto tale da portare ad una sensazione di sopraffazione e di impossibilità nel risolvere la questione ed è diventata quasi una giustificazione per non considerare neppure l’adozione dell’intelligenza artificiale. Alcuni executives arrivano a dire a loro stessi “ho dei dati non buoni e quindi non posso applicare l’intelligenza artificiale nel mio contesto”, autolimitandosi nella spinta propulsiva che ne potrebbe derivare.

Un altro importante ostacolo nell’adozione efficace di soluzioni di AI è la difficoltà di portare a scala le sperimentazioni avviate, in modo che riescano ad avere un reale impatto sul modello di business e sul modello operativo. In questo ambito, la criticità principale consiste nella mancanza di un approccio “olistico”, che sia in grado di coinvolgere molteplici funzioni aziendali su temi innovativi e trasformativi.

Oggi, la prevalenza delle iniziative è limitata ad ambiti specifici come le chatbot o alcune soluzioni di natural language processing nella gestione documentale, ma sono ancora troppo spesso solo isole scollegate tra loro, senza significativi impatti sui modelli di business e sulla crescita aziendale.

Come scalare l’AI con successo

Ma come si possono comprendere le giuste modalità per scalare l’AI e raggiungere nuovi modelli di competitività? Attraverso il nostro studio abbiamo analizzato quali sono state le caratteristiche e le dinamiche messe in atto dalle aziende che sono riuscite a passare dalla sperimentazione una tantum all’acquisizione di una solida capacità in tutta l’organizzazione, in grado di agire da fonte di agilità competitiva e di crescita (i cosiddetti strategic scaler).

I principali fattori critici di successo sono:

L’AI va utilizzata in accordo con gli obiettivi di business

Le aziende che riescono a utilizzare al meglio l’AI creano un maggior numero di progetti pilota e scalano con successo più iniziative rispetto alle altre (a un tasso di quasi 2:1). Inoltre, riescono a ragionare in un orizzonte temporale più lungo, con il 65% di maggior probabilità di passare da un progetto pilota a una fase di scala in uno o due anni dal pilota.

Gli strategic scaler hanno un’aspettativa più realistica sul tempo che serve per scalare l’AI e sanno di cosa necessitano per farlo in modo responsabile. Sono consapevoli di aver bisogno di strutture e governance e dispongono di entrambi. Quasi tre quarti (71%) ha una strategia e un modello operativo chiaramente definiti per scalare l’AI, mentre solo la metà delle aziende che hanno utilizzato l’AI nella fase sperimentale (proof of concept) riferisce la stessa cosa.

Gli strategic scaler, inoltre, hanno processi e owner definiti, con responsabilità chiare e un supporto di leadership consolidato, formato da persone che dedicano il proprio tempo all’AI e hanno il know how necessario.

Eliminare il “rumore di fondo” dai dati

La maggior parte delle organizzazioni non riesce a gestire l’enorme volume di dati che ha e non sa come pulirli, gestirli, mantenerli e utilizzarli. Se consideriamo che il 90% dei dati presenti nel mondo è stato creato negli ultimi 10 anni ed entro il 2025 ne verrà creata una quantità pari a 175 zettabyte, è evidente quanto la capacità di eliminare “il rumore” che circonda i dati sia fondamentale.

Gli strategic scaler sanno farlo: riconoscono l’importanza delle informazioni cruciali per l’azienda nei diversi ambiti (finanzia, marketing, sui consumatori e i master data come domini prioritari), sono più abili nel dare ai dati una struttura efficiente e a gestirli. Il 67% degli strategic scaler, infatti, integra set di dati interni ed esterni come pratica standard, contro il 56% dei proof of concept.

Inoltre, gli strategic scaler utilizzano gli strumenti di AI più appropriati per gestirli: i data lake basati sul cloud, i workbench di data engineering/data science e la ricerca e l’analisi dei dati.

Considerare l’AI come uno sport di squadra

La capacità di scalare l’AI richiede l’integrazione di team multidisciplinari in tutta l’organizzazione, con un forte commitment della leadership aziendale. Nel caso degli strategic scaler, questi team sono spesso guidati dal Chief AI, Data o Analytics Officer e sono composti da data scientist, ingegneri di machine learning, dati e AI, esperti di visualizzazione, qualità dei dati, formazione e comunicazione e altri specialisti.

Le aziende che sono ancora in una fase di sperimentazione iniziale di progetti di AI si affidano solitamente a un champion solitario all’interno dell’organizzazione, che non ha la forza di scalare l’AI.

Al contrario, incorporare i team responsabili dell’implementazione dell’AI all’interno dell’organizzazione è fondamentale non solo per massimizzare l’efficacia dell’AI, ma anche per apportare cambiamenti culturali e comportamentali più rapidi.

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