Da anni, il tema dell’AI nel customer service è al centro dell’attenzione delle aziende e ha ricevuto una spinta decisiva con la diffusione dei modelli generativi. Da un lato, queste tecnologie hanno reso possibile automatizzare in modo sempre più fluido la relazione con il cliente; dall’altro, hanno migliorato sensibilmente il lavoro degli operatori, permettendo loro di accedere rapidamente alla conoscenza aziendale, ottenere suggerimenti proattivi, automatizzare processi ripetitivi e, in generale, offrire un servizio più efficiente e informato.
Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale si è affermata come un driver di competitività, ma con il passare del tempo, le esigenze sono cambiate: oggi, molte realtà hanno già sperimentato l’AI in progetti concreti, hanno maturato consapevolezza e, soprattutto, si sono già confrontate con vincoli non tanto tecnologici quanto normativi.
Questo ha inevitabilmente ricalibrato le priorità, affiancando al tema dell’innovazione – che resta prioritario – quelli della compliance e del controllo.
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AI nel customer service e le nuove priorità aziendali
Per comprendere come stia cambiando l’approccio delle imprese relativamente all’AI nel customer service, abbiamo interpellato Massimo Veutro, CTO & managing director di BDP – Base Digitale Platform, realtà che si distingue per l’offerta di piattaforme di Omnichannel Contact Center e Customer Relationship Management integrate con soluzioni di AI.
“Ci sono stati molti cambiamenti – ci spiega Veutro –. Se fino a poco tempo fa era tutto un fiorire di POC, test e sperimentazioni, oggi la spinta normativa (basti pensare all’AI Act) ha reso le aziende più caute. Visto che la tecnologia evolve più velocemente della normativa, le organizzazioni sono diventate molto concrete e si domandano non tanto cosa possa fare l’AI per loro, ma cosa sia davvero possibile realizzare, tenendo conto di vincoli legali, organizzativi e di governance. Il rischio, altrimenti, è ritrovarsi con progetti avanzati e promettenti che vengono bloccati all’ultimo miglio dall’ufficio legale”.
Questa evoluzione ha modificato profondamente anche il ruolo del partner tecnologico, e Base Digitale Platform si è adeguata di conseguenza. Le aziende non cercano soltanto chi ha la soluzione più evoluta, ma chi sa adottare un approccio consulenziale a 360 gradi e costruire un percorso sostenibile fondato su esperienza e capacità di adattare la tecnologia alla realtà del cliente.
“Le aziende – prosegue Veutro – hanno una consapevolezza molto più alta rispetto a qualche anno fa. Hanno già sperimentato l’AI con alterne fortune, e sono più attente a ciò che vogliono e a ciò che possono realizzare. Prima di parlare di innovazione, di funzionalità e di potenziali evolutive, chiedono garanzie sulla sicurezza dei dati, pretendono trasparenza sulla residenza delle informazioni e chiedono che i propri dati non vengano usati per addestrare modelli di terze parti”.
Data residency e offerta modulare per rispondere alle esigenze dei clienti
Se è vero che le esigenze delle aziende sono in repentina evoluzione, come rispondere in modo efficace? Veutro ci spiega che Base Digitale Platform offre massima trasparenza e controllo: non usa modelli generalisti, i dati restano sotto il controllo del cliente, non vengono condivisi e la soluzione è ospitata nelle infrastrutture BDP o direttamente in-house presso il cliente, a seconda delle esigenze di ogni realtà. Il criterio di data residency, ormai fondamentale in ottica di sovranità del dato (soprattutto quando si parla di cloud), è certamente rispettato.
Le aziende, inoltre, tendono a delegare sempre di più. Se in passato – complice anche l’apparente accessibilità dell’AI generativa – si cercava un equilibrio tra gestione interna e supporto esterno, oggi la tendenza è quella di affidare interamente i progetti di AI nel customer service a partner in grado di gestirli a 360 gradi. Questo cambio di prospettiva rafforza il passaggio da semplice fornitore tecnologico a vero e proprio partner consulenziale, capace di affiancare le imprese anche sugli aspetti normativi e legali.
Parallelamente, la crescente cautela da parte delle aziende ha spinto operatori come Base Digitale Platform a rendere sempre più modulare la loro offerta. Nel caso specifico, al centro di questo approccio c’è Wasabi, una suite applicativa progettata per la gestione integrata della relazione con il mercato. Al suo interno convivono moduli dedicati all’help desk, all’outbound, al marketing, alla gestione della conoscenza e – naturalmente – componenti AI avanzati, dai chatbot e voicebot intelligenti ai tool no-code per la creazione di workflow conversazionali, fino a funzionalità di routing intelligente e analisi predittiva dei dati.
L’innovazione non si ferma, tra automazioni e assistenti sempre più smart
Se da un lato le esigenze delle aziende si sono fatte più strutturate, non si è certo affievolito l’interesse verso ciò che l’AI può offrire in termini di innovazione. Al contrario, oggi le imprese chiedono soluzioni capaci di generare valore immediato in contesti operativi complessi, con benefici concreti su efficienza, qualità del servizio e soddisfazione del cliente.
Parlando proprio di valore, una delle richieste più frequenti è la possibilità di misurare in modo chiaro e continuo il ritorno sull’investimento (ROI). Dopo la fase pionieristica delle sperimentazioni, le aziende vogliono sapere fin da subito cosa funziona, quanto impatta e dove migliorare. Strumenti di analisi, dashboard di monitoraggio e indicatori personalizzati sono componenti irrinunciabili di ogni progetto AI nel customer service.
L’innovazione non si ferma, dicevamo. Lo dimostrano i numerosi ambiti in cui l’AI conversazionale può fare la differenza, dall’automazione del primo livello di assistenza alla classificazione intelligente delle richieste, fino al supporto decisionale per gli operatori umani. Base Digitale Platform presidia anche questo fronte, grazie a una solida attività di ricerca e sviluppo che ha portato, recentemente, all’integrazione di due componenti ad alto contenuto innovativo: Co-driver e Brain.
Co-driver e Brain
“Co-driver rappresenta la frontiera dell’assistenza agli agenti del contact center – sottolinea Veutro – perché sa essere presente senza risultare invadente. Abbiamo progettato un assistente che ascolta in tempo reale le conversazioni (testuali e vocali, ndr), ne comprende il contesto e può proporre suggerimenti pertinenti prima ancora che l’operatore formuli la richiesta. È silenzioso, non interrompe e non è invasivo, ma se l’agente lo ingaggia, non deve neppure chiedergli nulla: co-driver prevede la domanda e risponde subito. È come avere un collega silenzioso, competente e velocissimo, che ti fornisce ciò che ti serve nel momento esatto in cui ne hai bisogno”.
Brain, dal canto suo, è una delle innovazioni più ambiziose sviluppate da Base Digitale Platform: un motore AI progettato per orchestrare in modo dinamico una rete di assistenti specializzati, con l’obiettivo di replicare digitalmente l’intelligenza diffusa di un contact center umano.
A differenza dei flussi conversazionali tradizionali, Brain nasce per gestire l’imprevedibilità delle interazioni umane. Quando l’utente si discosta dal workflow conversazionale previsto – eventualità tutt’altro che rara – il sistema attiva un sottoflusso dedicato, coinvolge l’assistente competente, risolve il tema e riporta la conversazione sul tracciato principale, senza interruzioni né perdita di contesto.
Il risultato è un’esperienza più naturale, coerente e fluida, anche in scenari complessi, dove le domande si sovrappongono, si cambia argomento e si torna indietro nel dialogo. Con Brain, la relazione tra azienda e cliente diventa più simile a una conversazione reale, che di fatto è lo scopo finale.
Contenuto in collaborazione con BDP – Base Digitale Platform






