Su un enorme schermo si può visualizzare il Mar Baltico. Con pochi comandi, dati di navigazione marittima e mappe di cavi sottomarini appaiono sul display. In pochi secondi, una nave con bandiera liberiana diretta verso il cavo BCS East-West Interlink si illumina in rosso: il software dominAI la identifica come potenziale minaccia.
L’operatore può inviare immediatamente un drone o una nave militare e il sistema simula ogni possibile risposta, assegnando probabilità di successo per supportare la decisione. Si tratta di una scena simulata, ma riprende eventi reali: nel novembre 2024 due cavi sottomarini furono danneggiati in 24 ore, ipotizzando un atto di sabotaggio.

Indice degli argomenti:
La spinta britannica verso una rete di targeting digitale
DominAI è sviluppato da Hadean, ex azienda videoludica ora impegnata nel comando e controllo militare. Il Regno Unito ha stanziato 1 miliardo di sterline per costruire una “digital targeting web”, una rete che unisce dati civili e militari in un unico quadro operativo.
Secondo Sir Richard Barrons, ex generale britannico e autore della Strategic Defence Review 2025, “l’AI è, o sarà presto, al cuore dell’intero processo di targeting”.
Il modello USA: AI già sul campo
Gli Stati Uniti hanno già implementato Maven, sistema di comando e controllo basato su intelligenza artificiale sviluppato da Palantir, utilizzato negli attacchi aerei in Yemen nel 2024. La NATO ne adotta versioni adattate.
La sfida tecnica: spostare dati nel caos del campo di battaglia
Il primo problema da risolvere è far circolare informazioni senza infrastrutture stabili e sotto pesanti interferenze elettroniche. Arondite, con il suo sistema Cobalt, punta a ridurre al minimo la quantità di dati trasmessi mentre modelli AI elaborano immagini e flussi sonar al posto di operatori umani stanchi.
La promessa dell’autonomia: colmare il divario numerico
L’idea della “massa” in guerra sta cambiando: droni e robot autonomi potrebbero compensare la superiorità numerica di avversari più grandi. Al confine orientale della NATO, lungo 4.300 km, con la Russia, l’impiego massiccio di droni è già centrale. L’Ucraina ha aperto la strada con droni FPV economici; la Russia risponde con tattiche simili.
Il passo successivo è la piena autonomia. Il Corpo dei Marines USA ha mostrato esercitazioni con sciami di quadricotteri che operano come un’unica unità. L’Ucraina ha approvato l’uso del robot semiautonomo Krampus, un veicolo terrestre armato.

Autonomia contro la guerra elettronica
La capacità di navigare senza controllo diretto è cruciale quando le comunicazioni vengono disturbate. I robot terrestri dell’azienda tedesca ARX possono seguire waypoint autonomamente ed evitare ostacoli in caso di jamming. Nel frattempo, i progetti britannici e internazionali puntano a velivoli di sesta generazione “opzionalmente pilotati”, affiancati da droni “loyal wingmen”.
Sotto la superficie: droni sottomarini intelligenti
Autonomi anche i sistemi subacquei: il Ghost Shark di Anduril è stato venduto all’Australia, mentre il robot SG-1 Fathom di Helsing usa l’AI Lura per classificare firme acustiche di navi e sottomarini.
Il dilemma morale: quanto delegare alle macchine?
L’espansione dell’autonomia solleva dubbi etici. Jessica Dorsey dell’Università di Utrecht avverte che il giudizio umano, necessario per rispettare il diritto internazionale, rischia di essere compresso in modelli algoritmici. Il rischio per gli operatori è l’“automation bias”, fidarsi ciecamente delle macchine, o l’“action bias”, agire solo perché il sistema lo suggerisce.
La quantità di giudizio che gli esseri umani sceglieranno di cedere all’algoritmo potrebbe determinare vittoria o sconfitta – ma potrebbe anche aprire la porta a pericoli ancora più grandi.








