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L’organizzazione agentica: cos’è il nuovo modello aziendale nell’era dell’AI



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La ricerca descrive l’ascesa dell’“agentic organization”, un paradigma in cui persone, agenti virtuali e fisici lavorano insieme per creare valore continuo a costi marginali quasi nulli. Dalla governance alla cultura aziendale, cinque pilastri definiscono il futuro delle imprese nell’era dell’intelligenza artificiale

Pubblicato il 8 ott 2025



organizzazione agentica

L’intelligenza artificiale non è più soltanto uno strumento di efficienza, ma una forza che riscrive le fondamenta stesse dell’impresa. Nel report The Agentic Organization: Contours of the Next Paradigm for the AI Era, McKinsey descrive un nuovo paradigma in cui esseri umani e agenti AI, virtuali e fisici, collaborano per creare valore condiviso a una scala mai vista prima. È la trasformazione più radicale dai tempi della rivoluzione digitale, un modello dove la macchina non sostituisce l’uomo ma ne amplifica le capacità, ridefinendo la produttività, la creatività e la governance aziendale.

Le organizzazioni che stanno sperimentando questo approccio vedono l’emergere di due ruoli complementari: gli esseri umani come supervisori strategici e gli agenti AI come esecutori intelligenti. I primi mantengono la visione, i secondi gestiscono i processi end-to-end, automatizzando attività complesse come la gestione documentale, l’assistenza clienti o la pianificazione operativa.

Allo stesso tempo, agenti fisici – droni, veicoli autonomi, robot collaborativi – portano l’intelligenza nel mondo reale, estendendo la presenza dell’AI oltre il dominio digitale.

Modello di business: iperpersonalizzazione e dati proprietari

Il nuovo modello di business si fonda sulla connessione diretta e continua tra cliente e azienda, mediata da agenti AI. Questi diventano vere e proprie interfacce intelligenti capaci di offrire servizi personalizzati, negoziare, apprendere e migliorare costantemente.

Un esempio citato da McKinsey è quello di un fornitore europeo di energia che ha introdotto un assistente multimodale per tre milioni di clienti, riducendo i tempi di gestione e migliorando la soddisfazione.

Ogni consumatore, in futuro, potrebbe disporre di un agente personale in grado di comunicare con altri agenti, generando un’economia continua fatta di interazioni autonome e dinamiche. Allo stesso tempo, le aziende dovranno costruire ecosistemi di dati proprietari, veri giardini chiusi che garantiscano vantaggio competitivo e consentano di creare esperienze uniche.

I dati diventano la nuova moneta di scambio, la base per prodotti e servizi su misura.

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Come iniziare: dal pensiero lineare a quello esponenziale

McKinsey propone un approccio graduale ma ambizioso. Il primo passo è definire una visione “future-back”, immaginando l’azienda ideale e lavorando a ritroso per identificare i cambiamenti necessari.

Le imprese devono imparare “facendo”, creando lighthouse projects – progetti pilota in aree strategiche – per testare modelli agentici e sviluppare competenze interne. Parallelamente, è fondamentale investire in upskilling e change management, per aiutare i dipendenti a comprendere il valore dell’AI e superare la paura del cambiamento.

L’obiettivo è passare da una crescita lineare a una logica esponenziale, in cui la produttività e l’innovazione non dipendono più dalla quantità di lavoro umano, ma dalla capacità di orchestrare intelligenze artificiali in modo efficace.

Persone e cultura: la nuova forza lavoro ibrida

L’adozione dell’AI trasforma profondamente la struttura della forza lavoro. Gli individui non eseguono più compiti, ma dirigono e supervisionano processi, prendendo decisioni che integrano la logica dell’AI con il giudizio umano. McKinsey individua tre figure chiave per il futuro:

  • i supervisori M-shaped, generalisti capaci di coordinare team di agenti e persone;
  • gli esperti T-shaped, specialisti nella gestione dei casi limite e del controllo qualità;
  • i lavoratori aumentati dall’AI, che potranno dedicarsi a interazioni umane di valore, liberati dalle attività ripetitive.

La cultura aziendale assume un ruolo centrale. Diventa il collante che unisce persone e macchine e, insieme, la bussola etica dell’organizzazione. Fiducia, trasparenza e apprendimento continuo saranno i pilastri di una cultura capace di garantire coesione e identità in un contesto sempre più ibrido.

Tecnologia e dati: l’infrastruttura dell’era agentica

La tecnologia dell’organizzazione agentica è costruita su un’architettura distribuita e modulare. Grazie ai protocolli agent-to-agent, i sistemi comunicano tra loro senza la necessità di integrazioni complesse. Questo approccio, definito da McKinsey come agentic AI mesh, permette di sperimentare, scalare e innovare in modo rapido, riducendo i costi di sviluppo e integrazione.

Le aziende dovranno però proteggere il proprio vantaggio competitivo, separando logica, dati e infrastruttura tecnologica per evitare dipendenze dai fornitori. Le organizzazioni che riusciranno a mantenere il controllo sul proprio ecosistema informativo potranno adattarsi più rapidamente e innovare con maggiore libertà, evitando vincoli e rischi di obsolescenza.

Governance: controllo continuo e responsabilità umana

Nell’organizzazione agentica, la governance diventa un processo dinamico, trasparente e automatizzato. McKinsey parla di agentic budgeting, in cui gli agenti AI formulano budget, creano scenari previsionali e forniscono analisi in tempo reale. I leader finanziari non si limitano più a raccogliere dati ma interpretano segnali e orchestrano decisioni strategiche.

All’interno dei flussi di lavoro operano agenti di controllo, come i critic, guardrail e compliance agents, che vigilano sull’integrità delle operazioni e sull’aderenza alle policy aziendali. Ogni azione è tracciata e spiegabile, ma la responsabilità ultima resta umana. La sfida per le aziende sarà trovare il giusto equilibrio tra autonomia e controllo: troppa supervisione rallenta, troppa libertà può creare rischio.

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Modello operativo: dai silos alle reti di team agentici

Il modello operativo dell’organizzazione agentica abbandona la logica gerarchica per evolversi in reti orizzontali di piccoli team multidisciplinari. Ogni gruppo umano, composto da due a cinque persone, può supervisionare decine di agenti specializzati, coordinando attività complesse e decisioni in tempo reale.

Questi team agentici sostituiscono le vecchie strutture funzionali con reti di collaborazione fluida, in cui la condivisione del contesto e degli obiettivi prevale sulla catena di comando. McKinsey descrive esperienze concrete nel settore bancario e assicurativo, dove squadre di agenti gestiscono processi di compliance e mutui, mentre i supervisori umani monitorano il funzionamento complessivo “sopra il loop”. L’organizzazione diventa così piatta, adattiva e veloce, capace di reagire con rapidità alle evoluzioni del mercato.

Oltre l’automazione: una collaborazione simbiotica

Nel modello agentico, gli agenti AI non sostituiscono l’uomo ma lo affiancano. Possono essere assistenti virtuali, chatbot evoluti, sistemi di analisi predittiva o robot fisici capaci di interagire con l’ambiente. Questi elementi si integrano per formare un ecosistema in cui l’intelligenza artificiale esegue, apprende e si adatta, mentre le persone supervisionano e guidano le scelte di valore.

McKinsey sottolinea che il costo marginale del lavoro digitale tende a zero. Di conseguenza, il vantaggio competitivo non sarà più legato alla scala o alla manodopera, ma alla capacità di gestire reti di agenti intelligenti coordinati da team umani ridotti ma strategici.

Il primo pilastro: modelli di business AI-first

L’AI spinge le imprese a ridisegnare il proprio modello di business. Il concetto di “azienda agentica” ruota intorno a tre elementi centrali:

  • iperpersonalizzazione,
  • automazione dei flussi
  • proprietà dei dati.

L’iperpersonalizzazione consente di offrire esperienze su misura in tempo reale. Le interazioni avvengono attraverso canali AI-nativi – come assistenti multimodali o chatbot contestuali – che apprendono dalle preferenze individuali. Un caso citato da McKinsey riguarda un fornitore europeo di energia che ha introdotto un assistente AI per oltre 3 milioni di clienti, riducendo tempi di gestione e migliorando la soddisfazione complessiva.

L’AI-first automation riduce i costi operativi: banche e assicurazioni stanno già gestendo processi di mutuo, compliance e onboarding con “squadre di agenti digitali” supervisionati da pochi esperti umani. Il costo marginale tende così al costo di calcolo, rivoluzionando la produttività.

Infine, i dati proprietari diventano la risorsa strategica. Mentre i modelli generativi utilizzano informazioni pubbliche, le aziende che riescono a costruire e proteggere “giardini recintati” di dati esclusivi potranno ottenere un vantaggio competitivo duraturo.

Il secondo pilastro: nuovi modelli operativi

L’organizzazione agentica sostituisce le gerarchie tradizionali con reti di team agentici. Ogni team, composto da poche persone, può coordinare decine di agenti specializzati in compiti specifici: dal marketing alla logistica.

Questa struttura piatta elimina i colli di bottiglia e permette una maggiore velocità decisionale, trasformando la catena del valore in un flusso continuo di collaborazione tra uomo e AI. Secondo McKinsey, un piccolo gruppo di 2-5 persone può supervisionare un “agente factory” di 50-100 unità digitali, capaci di gestire interi processi aziendali.

Gli organigrammi diventano reti dinamiche di risultati, non più linee di comando. In futuro, queste reti potranno estendersi oltre i confini dell’impresa, integrando partner e fornitori in ecosistemi di agenti interconnessi.

Il terzo pilastro: governance in tempo reale

Con l’AI che agisce in modo continuo, anche la governance aziendale deve trasformarsi. Le revisioni periodiche e i controlli manuali non sono più sufficienti: servono meccanismi di sorveglianza automatizzati e agenti di controllo capaci di verificare decisioni, policy e conformità in tempo reale.

McKinsey immagina la nascita di “guardrail agent” incaricati di applicare regole aziendali, “critic agent” che segnalano anomalie o bias e “compliance agent” che monitorano normative e rischi. In questo scenario, gli esseri umani restano i garanti finali della trasparenza, ma con un ruolo più strategico che operativo.

La sfida sarà trovare l’equilibrio tra velocità decisionale e responsabilità umana, evitando che l’automazione superi i limiti del controllo etico e legale.

Il quarto pilastro: persone, ruoli e cultura

La forza lavoro dell’organizzazione agentica è ibrida: umana e artificiale. Le persone non eseguono più attività ripetitive, ma guidano obiettivi e strategie.

Il quinto pilastro: tecnologia e dati come infrastruttura aperta

La tecnologia nell’era agentica si basa su architetture modulari e piattaforme AI mesh, che permettono di integrare facilmente sistemi, persone e agenti.

I nuovi protocolli agent-to-agent sostituiscono le integrazioni complesse tipiche dei sistemi IT tradizionali: gli agenti comunicano direttamente, scambiandosi informazioni e azioni senza bisogno di codice o middleware. Questo riduce i tempi di sviluppo, aumenta la sperimentazione e abbatte i costi.

Le organizzazioni devono inoltre evitare il lock-in tecnologico, scegliendo soluzioni flessibili e mantenendo il controllo sui propri dati sensibili. Chi riuscirà a separare logiche, agenti e dati dai fornitori esterni potrà evolvere più rapidamente.

Il vantaggio dei pionieri

Oggi la maggior parte delle organizzazioni si trova ancora in modelli industriali o digitali: secondo McKinsey, l’89% opera nel paradigma industriale, il 9% adotta strutture digitali, e solo l’1% agisce come rete decentralizzata.

Le aziende che sapranno abbracciare per prime il paradigma agentico otterranno un vantaggio decisivo in termini di velocità, innovazione e valore generato. Il successo, tuttavia, dipenderà dalla capacità di integrare tecnologia, cultura e governance in un equilibrio sostenibile tra autonomia delle macchine e responsabilità umana.

Dalla minaccia all’opportunità

L’AI non deve essere vista come una forza di sostituzione, ma come un moltiplicatore di capacità umane. Coinvolgere i dipendenti, investire in formazione e favorire la fiducia sarà la chiave per un’adozione sana e sostenibile.

Le aziende possono iniziare scegliendo uno o due domini strategici su cui sperimentare processi agentici, accumulando esperienza concreta prima di scalare. Oggi solo l’1% delle organizzazioni opera come rete decentralizzata, ma il ritmo dell’innovazione tecnologica renderà presto questo modello inevitabile. Le imprese che sapranno muoversi per prime avranno un vantaggio competitivo strutturale e culturale.

L’era agentica rappresenta quindi la fusione tra intelligenza artificiale e organizzazione umana. È un nuovo equilibrio, in cui la collaborazione tra persone e macchine diventa il cuore pulsante della produttività. In questo spazio ibrido, dove intuizione e calcolo convivono, sta nascendo l’impresa del futuro: un organismo intelligente, adattivo e interconnesso, capace di crescere e migliorare insieme alla propria AI.

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