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L’AI va più veloce della capacità delle imprese di governarla



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Abbiamo analizzato tre studi sull’adozione dell’intelligenza artificiale nelle aziende, realizzati rispettivamente da Eurostat, Istat e Ocse. Tutti convergono su un punto chiave: l’AI non è più una tecnologia emergente, ma non è ancora una tecnologia diffusa. È utilizzata solo da un’impresa europea su 5 con almeno 10 addetti

Pubblicato il 15 dic 2025



AI adozione Eurostat Istat Ocse
Fonte: Eurostat

L’adozione dell’intelligenza artificiale nelle imprese sta entrando in una fase di accelerazione strutturale, ma lo fa in modo diseguale, rivelando fratture profonde per dimensione aziendale, settore economico e capacità di governo tecnologico. I dati Eurostat, le evidenze ISTAT e le analisi OCSE convergono su un punto chiave: l’AI non è più una tecnologia emergente, ma non è ancora una tecnologia diffusa. È un fattore competitivo decisivo, che cresce rapidamente dove esistono scala, competenze e visione strategica, e fatica invece a radicarsi nel tessuto delle piccole e medie imprese.

Nel 2025, secondo Eurostat, solo il 19,95% delle imprese europee con almeno 10 addetti utilizza almeno una tecnologia di AI, ma la quota sale al 55% tra le grandi aziende.

Istat conferma lo stesso schema per l’Italia: l’adozione raddoppia in un solo anno, supera il 53% tra le grandi imprese, ma resta intorno al 16% nel complesso e molto più bassa tra le PMI.

L’Ocse colloca questo divario in una cornice internazionale più ampia: nei Paesi G7 le grandi imprese adottano l’AI oltre tre volte più delle piccole, replicando uno squilibrio che attraversa tecnologie, settori e applicazioni.

Anche sul piano settoriale il quadro è coerente. Informazione e comunicazione, servizi professionali e attività scientifiche guidano l’adozione in Europa, in Italia e nei Paesi Ocse, mentre manifattura tradizionale, costruzioni e logistica restano indietro. Qui l’AI è già utilizzata soprattutto per analisi di testi, generazione di contenuti, marketing, vendite e processi amministrativi, mentre applicazioni più avanzate e core restano appannaggio di pochi.

L’AI generativa emerge come tecnologia trasversale e promettente, ma spesso ancora sperimentale, non pienamente integrata nelle strategie aziendali.

Il nodo centrale, però, non è tecnologico ma sistemico. Tutte le fonti indicano negli stessi fattori i principali freni: carenza di competenze, incertezza normativa, rischi legali e limiti di accesso a dati, infrastrutture e risorse finanziarie.

Non a caso, molte imprese dichiarano di aver considerato l’AI senza poi adottarla. L’Ocse sottolinea che i benefici di produttività, potenzialmente rilevanti anche a livello macroeconomico, dipendono da investimenti complementari in competenze, organizzazione e capitale umano.

Ne emerge un’immagine chiara: l’AI sta avanzando più velocemente della capacità delle imprese – soprattutto PMI – di assorbirla e governarla. Senza politiche mirate, supporto differenziato e una diffusione più inclusiva, il rischio non è solo rallentare la transizione digitale, ma ampliare ulteriormente il divario competitivo tra chi riesce a trasformare l’AI in valore e chi resta spettatore della trasformazione.

L’uso dell’intelligenza artificiale nelle imprese: l’analisi di Eurostat

Nel 2025, il 19,95% delle imprese dell’Unione europea con almeno 10 addetti o lavoratori autonomi ha utilizzato almeno una tecnologia di intelligenza artificiale. Si tratta di un balzo in avanti di 6,47 punti percentuali rispetto al 2024, a conferma di una diffusione sempre più rapida dell’AI nei processi aziendali

Le grandi imprese guidano l’adozione

La dimensione aziendale resta un fattore decisivo. Nel 2025 utilizza l’AI il 55,03% delle grandi imprese europee, contro il 30,36% delle medie e il 17% delle piccole. Il divario è spiegabile con economie di scala, maggiore capacità di investimento e complessità organizzativa più adatta all’integrazione di soluzioni avanzate.

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Un’Europa a più velocità

Tra i Paesi UE emergono forti differenze. La quota di imprese che utilizzano AI varia dal 5,21% della Romania al 42,03% della Danimarca. Seguono Finlandia e Svezia, mentre Polonia e Bulgaria restano in coda. In 26 Stati membri l’adozione è comunque aumentata rispetto al 2024, con i progressi più marcati ancora una volta nei Paesi nordici. L’Italia occupa il diciottesimo posto.

I settori più avanzati

L’intelligenza artificiale non è distribuita in modo uniforme tra le attività economiche. Nel 2025 il settore dell’informazione e comunicazione è in testa, con il 62,52% delle imprese che usano AI, seguito dai servizi professionali, scientifici e tecnici (40,43%). In tutti gli altri settori la quota resta sotto il 25%, con l’edilizia ferma al 10,79%.

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Nessuna tecnologia dominante, ma priorità diverse

Non esiste una singola tecnologia AI predominante. Le più diffuse sono quelle per l’analisi del linguaggio scritto (11,75%), seguite dalla generazione di immagini, video e audio e dalla generazione del linguaggio naturale.

Nelle grandi imprese, però, il text mining e la generazione automatica di testi e codice superano il 30%, mentre le tecnologie per il movimento autonomo dei macchinari restano marginali.

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A cosa serve l’AI nelle aziende

Le imprese europee usano l’AI soprattutto per marketing e vendite (34,7%) e per l’organizzazione dei processi amministrativi e gestionali (31,05%). Le differenze dimensionali sono marcate: nelle grandi aziende l’AI è molto più presente nella sicurezza ICT, nella gestione e nei processi produttivi rispetto alle piccole.

Chi pensa all’AI, ma non la usa

Tra le imprese che nel 2025 non adottano ancora l’AI, il 14,21% ha comunque valutato di farlo. La quota sale al 36,54% tra le grandi imprese. Anche in questo caso, informazione e comunicazione e servizi professionali sono i settori più interessati a un’adozione futura.

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Gli ostacoli: competenze e regole

Perché molte imprese rinunciano all’AI? Il principale freno è la mancanza di competenze adeguate, indicata dal 70,89% delle aziende che avevano considerato l’adozione. Seguono l’incertezza sulle conseguenze legali e i timori legati a privacy e protezione dei dati. Solo una minoranza ritiene l’AI semplicemente inutile.

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Verso gli obiettivi del “decennio digitale”

I dati Eurostat si inseriscono nel quadro delle priorità UE 2024-2029, che puntano a rafforzare competitività e produttività attraverso la diffusione delle tecnologie digitali. L’obiettivo è chiaro: entro il 2030, tre imprese europee su quattro dovranno utilizzare cloud, big data o intelligenza artificiale.

AI nelle imprese: l’adozione raddoppia, ma restano forti divari. Lo studio dell’Istat

Nel 2025 l’intelligenza artificiale accelera nelle imprese italiane, raddoppiando in un anno la diffusione e coinvolgendo oltre metà delle grandi aziende. Lo attesta il report 2025 dell’Istat. Crescono cloud e analisi dei dati, migliorano i target UE 2030, ma competenze carenti e incertezze legali frenano soprattutto PMI e investimenti strutturati.


L’intelligenza artificiale corre nelle imprese italiane

L’adozione dell’intelligenza artificiale segna un salto significativo: nel 2025 il 16,4% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza almeno una tecnologia di AI, il doppio rispetto all’8,2% del 2024 e più del triplo rispetto al 2023. La crescita è trainata soprattutto dalle grandi imprese, che superano il 53%, ampliando il divario con le PMI, ferme al 15,7% pur in forte aumento.

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Competenze e regole frenano gli investimenti

Nonostante il boom, l’AI resta un terreno complesso. Quasi il 60% delle imprese che ha valutato investimenti rinuncia per mancanza di competenze adeguate. Pesano anche l’incertezza normativa e le conseguenze legali, citate dal 47,3% delle aziende, una quota in aumento rispetto al 2023. Privacy, qualità dei dati e costi elevati completano il quadro degli ostacoli.

Digitalizzazione più diffusa, ma a due velocità

Nel 2025 quasi l’80% delle imprese con almeno 10 addetti raggiunge un livello “base” di digitalizzazione, mentre il 38% si colloca su livelli almeno alti. Le grandi imprese restano nettamente avanti: oltre l’81% raggiunge livelli elevati, contro una quota molto più contenuta tra le PMI. Il divario si riduce su cloud e analisi dei dati, ma si amplia sull’AI.

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Cloud, software gestionali e data analytics in crescita

L’utilizzo di servizi di cloud computing intermedio o avanzato sale al 68,1% delle imprese. Anche i software gestionali continuano a diffondersi: il 56% delle aziende utilizza ERP, CRM o strumenti di Business Intelligence. Le imprese che svolgono analisi dei dati passano dal 26,6% al 42,7% in due anni, sempre più spesso con competenze interne.

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Oltre metà sperimenta l’AI generativa

Tra le imprese che adottano l’AI, oltre la metà utilizza tecnologie di AI generativa, soprattutto per l’analisi di testi, linguaggi e contenuti multimediali. Marketing e vendite, processi amministrativi e ricerca e sviluppo sono gli ambiti più coinvolti. Tuttavia cresce anche l’adozione “sperimentale”: un terzo delle imprese non associa ancora l’AI a una finalità aziendale precisa.

Target UE 2030 più vicini, ma non per tutti

L’Italia migliora il posizionamento sugli obiettivi del “Decennio Digitale”: l’88,3% delle PMI ha raggiunto un livello base di digitalizzazione, avvicinandosi al target del 90%. Avanzano anche cloud, analisi dei dati e IA, ma quest’ultima resta lontana dal traguardo del 75%, confermando che la trasformazione digitale è avviata, ma non ancora matura.

Un’adozione rapida ma ancora incompleta

Il quadro che emerge è quello di un sistema produttivo in rapida trasformazione, dove l’AI avanza più velocemente della capacità di governarla. Senza un rafforzamento deciso di competenze, chiarezza normativa e strategie di lungo periodo, il rischio è che il divario tra grandi imprese e PMI continui ad ampliarsi.

L’adozione dell’AI nelle PMI resta limitata: il quadro OCSE per il G7

Il paper OCSE per il G7 2025 analizza lo stato dell’adozione dell’AI nelle PMI ed evidenzia divari strutturali, impatti sulla produttività e priorità di policy

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L’adozione dell’intelligenza artificiale da parte delle piccole e medie imprese rappresenta una delle principali sfide per la competitività delle economie avanzate. È quanto emerge dal discussion paper “AI adoption by small and medium-sized enterprises”, pubblicato dall’OCSE nel 2025 su richiesta della Presidenza canadese del G7.

Nonostante la diffusione crescente di strumenti basati su AI, le PMI continuano a registrare livelli di adozione nettamente inferiori rispetto alle grandi imprese, con effetti potenzialmente rilevanti su produttività, innovazione e capacità di crescita.

Il paper OCSE chiarisce che il tema dell’adozione dell’AI nelle PMI non riguarda esclusivamente l’innovazione tecnologica, ma tocca direttamente la tenuta competitiva dei sistemi economici nazionali.

Nei Paesi del G7, le PMI rappresentano oltre il 90% delle imprese e una quota rilevante dell’occupazione. Un loro ritardo strutturale nell’adozione dell’AI rischia quindi di tradursi in una crescita disomogenea, con effetti sulla produttività aggregata e sulla capacità di attrarre investimenti.

Andamento dell’adozione dell’AI nelle economie OCSE

Tra il 2020 e il 2024, la quota di imprese con almeno dieci addetti che utilizza sistemi di AI è cresciuta dal 5,6% al 14% nei Paesi OCSE. La crescita risulta significativa, ma resta contenuta se confrontata con altre tecnologie digitali mature, come il cloud computing, che nel 2024 supera il 50% di diffusione media.

Nei Paesi del G7, l’adozione dell’AI cresce in tutti i contesti nazionali, ma parte da livelli bassi e rimane limitata soprattutto nelle attività core delle imprese. Nel 2024, l’uso dell’AI nelle funzioni centrali varia dall’1,9% in Giappone al 6,1% negli Stati Uniti, confermando ampi margini di espansione futura.

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L’OCSE evidenzia inoltre che una parte consistente dell’adozione recente è legata a soluzioni di AI integrate in software preesistenti, come strumenti di produttività, CRM o piattaforme di marketing. Questo spiega perché l’aumento delle percentuali non si traduce automaticamente in un utilizzo avanzato dell’AI, ma spesso corrisponde a un impiego parziale e non strategico della tecnologia.

Il divario strutturale tra PMI e grandi imprese

Il paper OCSE evidenzia un divario persistente legato alla dimensione aziendale. Nel 2024, il 40% delle grandi imprese utilizza sistemi di AI, contro il 20,4% delle medie imprese e appena l’11,9% delle piccole imprese.

Questo scarto risulta più marcato rispetto ad altre tecnologie digitali e permane anche quando si confrontano imprese appartenenti allo stesso settore o con caratteristiche simili in termini di età e dotazione di capitale. Secondo l’OCSE, le PMI utilizzano l’AI prevalentemente per attività di supporto, come marketing, comunicazione o gestione documentale, mentre l’integrazione nei processi produttivi rimane limitata.

Un ulteriore elemento critico riguarda la gestione del rischio. Le PMI mostrano una maggiore avversione all’incertezza normativa, reputazionale e operativa legata all’AI. In assenza di strutture interne dedicate alla compliance o alla governance tecnologica, molte imprese di piccole dimensioni rinviano l’adozione, anche quando i benefici potenziali risultano chiari.

Differenze settoriali nell’uso dell’AI

L’adozione dell’AI risulta fortemente concentrata in alcuni comparti. Nel 2024, il settore ICT presenta tassi di utilizzo prossimi al 45%, seguito dai servizi professionali, scientifici e tecnici, con valori superiori al 25%.

Altri settori, come costruzioni, trasporti, manifattura tradizionale e ricettività, mostrano livelli di adozione inferiori al 10%. Il report sottolinea che questi divari non dipendono solo dalla natura delle attività, ma anche dalla diversa maturità digitale, dalla disponibilità di competenze e dalla capacità di sostenere investimenti tecnologici.

Il report sottolinea che nei settori a bassa adozione non manca l’interesse verso l’AI, ma prevalgono vincoli operativi. La frammentazione delle filiere, la prevalenza di microimprese e la ridotta standardizzazione dei processi rendono più complessa l’integrazione di sistemi di AI, soprattutto quando richiedono dati strutturati o investimenti iniziali non trascurabili.

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AI e produttività: benefici potenziali e condizioni necessarie

L’OCSE rileva una correlazione positiva tra utilizzo dell’AI e produttività aziendale. Le imprese che adottano l’AI risultano mediamente più produttive rispetto alle non adottanti, con premi di produttività che in alcuni Paesi superano il 15%.

A livello macroeconomico, le stime indicano che l’AI potrebbe contribuire a una crescita annua della produttività del lavoro compresa tra 0,2 e 1,3 punti percentuali nei Paesi del G7 nel prossimo decennio. Tuttavia, il report chiarisce che tali benefici dipendono da investimenti complementari, in particolare su competenze, infrastrutture digitali e riorganizzazione dei processi.

L’OCSE avverte che, in assenza di politiche mirate, l’AI potrebbe produrre un effetto di polarizzazione. Le imprese già più avanzate dal punto di vista digitale tendono a catturare la maggior parte dei benefici, mentre le altre restano indietro. Questo rischio rafforza la necessità di interventi pubblici orientati non solo alla diffusione dell’AI, ma anche alla riduzione delle disuguaglianze tecnologiche.

La tassonomia OCSE delle PMI adottanti AI

Per supportare politiche più efficaci, il paper propone una tassonomia delle PMI basata su tre dimensioni: maturità digitale, complessità dell’uso dell’AI e ampiezza di applicazione. Da questa analisi emergono quattro profili principali:

  • Le AI Novices utilizzano l’AI in modo sporadico e non integrato, spesso tramite funzionalità già presenti in software standard.
  • Le AI Optimisers adottano soluzioni pronte all’uso in più funzioni aziendali, ottenendo benefici di efficienza.
  • Le AI Explorers sviluppano o personalizzano modelli su dati proprietari per esigenze specifiche.
  • Le AI Champions integrano l’AI in modo esteso nei processi operativi e decisionali dell’impresa.
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Secondo l’OCSE, questa classificazione consente di progettare interventi pubblici più mirati e coerenti con le reali esigenze delle PMI. La tassonomia proposta non ha solo valore descrittivo, ma rappresenta uno strumento operativo per le politiche pubbliche. Secondo l’OCSE, trattare allo stesso modo PMI con livelli di maturità digitale molto diversi riduce l’efficacia degli incentivi e rischia di concentrare le risorse sulle imprese già più strutturate.

I fattori abilitanti per accelerare l’adozione

Il report individua quattro abilitatori chiave per favorire l’adozione dell’AI nelle PMI: connettività, accesso a dati e capacità di calcolo, competenze e finanza.

Persistono divari nell’accesso a connessioni ad alta velocità, soprattutto tra aree urbane e rurali. Le PMI incontrano difficoltà nell’accesso a dati di qualità e risorse di calcolo avanzate. Le carenze di competenze rappresentano uno degli ostacoli più citati, con meno del 30% delle PMI che offre formazione specifica sull’AI. Infine, l’accesso al credito e il costo dei finanziamenti limitano gli investimenti di lungo periodo necessari per l’integrazione dell’AI.

Sul fronte delle competenze, il report distingue tra skill tecniche e capacità manageriali. Anche quando le soluzioni di AI risultano accessibili, molte PMI faticano a individuare casi d’uso concreti, a valutare il ritorno sugli investimenti e a integrare l’AI nelle strategie aziendali di medio periodo.

Le politiche del G7 a sostegno delle PMI

I Paesi del G7 stanno adottando strategie articolate per sostenere l’adozione dell’AI nelle PMI. Le misure includono voucher tecnologici, incentivi fiscali, accesso agevolato al cloud e al supercalcolo, programmi di formazione e hub territoriali di competenza.

Secondo l’OCSE, l’efficacia di queste politiche dipende dalla capacità di adattarle ai diversi livelli di maturità delle imprese e di accompagnare l’adozione dell’AI con strumenti di governance che rafforzino fiducia, sicurezza e sostenibilità.

L’OCSE sottolinea infine l’importanza del coordinamento tra politiche industriali, digitali e per l’innovazione. Gli interventi più efficaci risultano quelli che combinano incentivi economici, supporto tecnico e accompagnamento organizzativo, evitando approcci isolati o di breve periodo.

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