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AI in azienda: adozione e governance, due fattori di successo



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Solo integrando innovazione e responsabilità è possibile liberare il potenziale dell’AI, garantendo efficienza, sicurezza e fiducia. Una governance adattiva e una cultura di innovazione responsabile trasformano l’AI in vantaggio competitivo sostenibile

Pubblicato il 14 nov 2025

Monica Magnoni

Marketing & Innovation Advisor



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L’intelligenza artificiale sta ridisegnando il panorama aziendale promettendo efficienze senza precedenti, nuove opportunità di mercato e una trasformazione profonda dei modelli operativi.

Tuttavia, il suo pieno potenziale è spesso ostacolato da una duplice sfida: l’adozione efficace all’interno delle organizzazioni e la definizione di una governance robusta che ne assicuri un impiego etico e responsabile.

Per liberarne il potenziale occorrono due condizioni inseparabili: una adozione strategica e una governance solida che ne garantisca un impiego etico e sicuro.

Non si tratta semplicemente di implementare nuove tecnologie, bensì di gestire un ecosistema complesso fatto di innovazione, strategia e responsabilità. Senza governance l’AI espone l’azienda a rischi legali e reputazionali; senza una strategia di adozione la governance resta teoria.

Si tratta di due aspetti intrinsecamente legati la cui interdipendenza è cruciale per massimizzare il valore dell’AI minimizzandone i rischi associati.

Adozione dell’AI: opportunità e ostacoli

Adottare l’AI significa integrarla nelle operazioni aziendali per aumentare efficienza, produttività e innovazione. In Italia la diffusione cresce, ma solo una minoranza di imprese ha progetti realmente scalabili. Anche negli Stati Uniti, ricerche MIT Sloan parlano di “J-curve”: una fase iniziale di calo di produttività dovuta a frizioni organizzative e necessità di nuove competenze, seguita da un’accelerazione dei benefici.

Dietro l’adozione agiscono driver molto concreti: automazione delle attività ripetitive, ottimizzazione delle supply chain, sviluppo rapido di nuovi prodotti e servizi, miglioramento dell’esperienza cliente grazie a raccomandazioni e assistenti virtuali.

Harvard Business Review avverte però che, senza un disegno comune e un’adozione frammentata, ogni reparto rischia di costruire la propria AI moltiplicando costi e incoerenze.

I fattori chiave

La letteratura individua alcuni pilastri chiave per l’adozione
Strategia chiara: partire da una strategia ben definita per orientare gli investimenti e le iniziative legate all’AI. Questo include l’identificazione di obiettivi chiari e la mappatura di come l’AI possa contribuire al loro raggiungimento.

Competenze interne ed esperti : per implementare e monitorare le soluzioni adattando le strategie.

Prioritizzazione dei casi d’uso: per concentrare risorse sui progetti a maggior valore e ROI dimostrabile.

Alfabetizzazione AI e upskilling/reskilling: formare e riqualificare il personale per ridurre resistenze e facilitare il cambiamento.

Le barriere

Nonostante i benefici restano ostacoli significativi all’adozione dell’AI:

Carenza di formazione adeguata: senza una formazione adeguata l’adozione e l’utilizzo dell’AI non porteranno ai risultati sperati.

Costi elevati: alcuni progetti di AI, se non bilanciati da un chiaro valore aziendale, possono portare alla cancellazione dei progetti.

Difficoltà di integrazione: L’integrazione dei sistemi AI con l’infrastruttura IT esistente può essere complessa e richiedere risorse significative.

Qualità dei dati: i sistemi AI dipendono fortemente dalla qualità dei dati. Dati incompleti, imprecisi o non strutturati possono compromettere l’efficacia delle soluzioni AI.

Resistenza al cambiamento: la resistenza da parte dei dipendenti, spesso dovuta alla paura di perdere il lavoro o alla mancanza di comprensione, può ostacolare l’adozione e l’accettazione delle nuove tecnologie.

Il contesto italiano

Secondo lo EY Italy AI Barometer 2025, la percentuale di aziende che utilizza strumenti AI è balzata dal 12% al 46% in un solo anno. Parallelamente, il 52 % del top management ha già segnalato vantaggi concreti su costi e ricavi – sebbene permanga un divario culturale: il 74 % dei manager conosce il framework etico, contro il 47 % dei dipendenti.

Le prospettive restano ambiziose: stime EY indicano che entro cinque anni l’AI impatterà il 57 % dei processi core aziendali, con impatti particolarmente forti nei settori ICT e finanza.

Tuttavia, l’adozione è tutt’altro che uniforme: molte aziende restano in fase di sperimentazione, alcune funzioni lamentano carenza di competenze e il gap culturale interno (tra livelli manageriali e operativi) continua a essere un freno.

Governance dell’AI: imperativo per la fiducia e la sostenibilità

Quando si parla di governance dell’AI ci si riferisce a quell’insieme di processi, standard, policy e strumenti che garantiscono sistemi sicuri, etici e affidabili. Ma non si tratta solo di conformità normativa, bensì di un quadro di fiducia che permetta all’innovazione di prosperare.

Con l’entrata in vigore dell’AI Act europeo le imprese devono rispettare un quadro di regole che vieta gli usi a rischio inaccettabile, impone requisiti stringenti per i sistemi a rischio elevato e assegna responsabilità diverse a fornitori e utilizzatori

La sfida per le aziende è dunque quella di costruire una governance adattiva, un sistema di regole, controlli e procedure capace di evolvere insieme ai modelli, ai casi d’uso e ai requisiti normativi in continuo cambiamento.

La letteratura accademica parla di adaptive governance per descrivere questo approccio: policy che si aggiornano con il progresso tecnologico, controlli automatici per intercettare drift e bias, processi di revisione continui. Non basta dichiarare principi etici; serve dimostrarne l’applicazione giorno per giorno.

Una governance efficace opera su tre livelli integrati:
Strategico: definizione di ruoli, criteri di rischio e priorità.
Tecnico-operativo: pipeline di addestramento, test, rilascio, osservabilità, metriche di robustezza e fairness.
Regolatorio-etico: trasparenza, documentazione completa, supervisione umana nei processi critici.

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Cinque pilastri di un framework solido di governance dell’AI

1. Trasparenza ed explainability: i sistemi non possono essere “scatole nere” soprattutto in contesti ad alto rischio. Servono meccanismi per rendere comprensibili e tracciabili i processi decisionali, dai dati di addestramento al deployment, in linea con l’AI Act.

2. Equità e mitigazione del bias: i dati di training possono introdurre pregiudizi; la governance deve prevedere analisi e correzioni sistematiche.

3. Sicurezza e robustezza: test e standard per garantire resilienza a errori, attacchi adversarial e condizioni operative impreviste.

4. Responsabilità (accountability): definire con chiarezza chi risponde degli output: dall’ideazione al monitoraggio post-implementazione, individuando un AI System Owner.

5. Approccio umano-centrico e competenze: l’AI deve servire le persone, non sostituirle. Supervisione umana e alfabetizzazione digitale vanno progettate by-default, insieme a programmi di formazione che diffondano cultura della responsabilità.

Questi pilastri si intrecciano con i tre livelli sopra descritti, – strategico, tecnico-operativo e regolatorio – trasformando la governance da esercizio formale a capacità dinamica che abilita innovazione, sicurezza e fiducia.

Elementi chiave di un framework robusto

Per tradurre questi principi in pratica un framework di governance dell’AI dovrebbe dunque includere:

Guardrail tecnici: misure tecniche e controlli integrati nei sistemi AI per guidarne il comportamento e prevenire esiti indesiderati.

Politiche e formazione: linee guida interne chiare e programmi di formazione per i dipendenti su privacy, protezione dei dati, etica dell’AI e uso responsabile.

Valutazioni del rischio: conduzione regolare di valutazioni d’impatto e del rischio per identificare, mitigare e monitorare i potenziali pericoli associati all’uso dell’AI.

Controlli e audit: implementazione di meccanismi di controllo e audit per garantire la conformità alle politiche interne e alle normative esterne.

La cultura aziendale resta il vero acceleratore: programmi di formazione, community interne, meccanismi di feedback continuo e incentivi coerenti trasformano la governance da freno percepito a vantaggio competitivo.

Normative e compliance

Dall’estate 2025, la piena applicazione dell’AI Act europeo impone alle aziende di formalizzare processi di conformità, trasparenza e gestione dei rischi legati all’AI fin dalla fase di design. Gli audit e le verifiche richieste dalle autorità nazionali, coordinate dall’AI Office europeo, non sono più solo formalità ma diventano leva strategica per consolidare fiducia interna ed esterna. I nuovi standard ISO/IEC 42001 e 42005 supportano le aziende nella messa in pratica di framework robusti, validati a livello internazionale.

Misurare l’impatto: KPI per l’AI responsabile

Oggi le aziende all’avanguardia stanno iniziando a misurare non solo i risultati economici ma anche quelli sociali e reputazionali dell’AI.

KPI innovativi includono:

Grado di explainability: quante decisioni prese dall’AI sono spiegate e comprensibili, cioè possiamo capire e ricostruire come sono stati fatti i ragionamenti di questi sistemi.

Indice di bias mitigato: metriche puntuali rispetto a quante volte sono stati individuati e corretti eventuali pregiudizi (bias) nei dati o nei modelli AI; più alto è questo valore, più il sistema è “giusto”.

Human-AI collaboration score: indica il livello di soddisfazione e coinvolgimento degli utenti umani nei processi condivisi con l’AI.

Compliance rate: mostra la percentuale di conformità rispetto ai requisiti regolatori e di sicurezza.

La sfida dei foundation model

Con la diffusione dei foundation model (LLM multimodali, vision transformers, ecc.), il ruolo della governance evolve: le aziende sono chiamate a documentare la provenienza dei dati, le logiche di addestramento e le policy di accesso, in modo da prevenire rischi emergenti e rispondere in modo chiaro a eventuali incidenti.

Inclusione e sostenibilità

Il futuro della governance AI è anche “sustainability-driven”: sempre più imprese integrano criteri ESG (ambientali, sociali, di governance) nelle policy sull’AI, monitorando non solo l’efficienza ma l’impatto sulle persone, sulle comunità e sull’ambiente. Il coinvolgimento della leadership femminile e di stakeholder diversi emerge come fattore chiave per la creazione di AI più equa e responsabile.

La simbiosi indispensabile: come adozione e governance si rafforzano a vicenda

Adozione e governance dell’AI non sono tappe sequenziali, ma processi intrecciati che si alimentano a vicenda: l’una fornisce le condizioni perché l’altra possa crescere in modo sicuro e sostenibile.

Una governance proattiva non frena l’innovazione, anzi crea il terreno fertile su cui l’adozione può svilupparsi, fornendo regole chiare, principi etici e strumenti di controllo che rendono i progetti più robusti e credibili.

Quando le aziende adottano questo approccio integrato, si generano tre effetti virtuosi principali:

Fiducia e accettazione: sistemi trasparenti e spiegabili favoriscono l’adesione di utenti e dipendenti, riducendo resistenze e timori.

Sviluppo di sistemi affidabili: la chiara definizione delle responsabilità spinge i team a progettare modelli più robusti, equi e controllabili.

Mitigazione dei rischi: policy e guardrail tecnici aiutano a prevenire incidenti, sanzioni e danni reputazionali, accelerando il ritorno sugli investimenti.

Best practice per un approccio integrato

Per le aziende che mirano a un’adozione dell’AI di successo e sostenibile è fondamentale adottare dunque un approccio integrato che consideri adozione e governance come due facce della stessa medaglia.

Ecco alcune azioni chiave:

Comitato di governance AI multidisciplinare: istituire un comitato o un team interfunzionale che includa rappresentanti IT, legale, etica, business unit e risorse umane. Questo comitato dovrebbe essere responsabile della definizione, implementazione e monitoraggio delle politiche di governance AI assicurando che siano allineate con gli obiettivi di adozione e innovazione.

Roadmap integrata: pianificare l’adozione e la governance dell’AI in parallelo. La roadmap dovrebbe includere obiettivi chiari per entrambe le aree con KPI comuni che misurino sia il progresso nell’implementazione dell’AI sia l’efficacia dei controlli di governance. Questo assicura che le iniziative di AI siano guidate da principi di responsabilità fin dalla fase di ideazione.

Cultura di innovazione responsabile: incoraggiare una cultura che valorizzi sia l’innovazione tecnologica sia la responsabilità etica. Questo può essere raggiunto attraverso programmi di formazione continua sull’etica dell’AI, workshop sulla consapevolezza dei bias e la promozione di un dialogo aperto sulle sfide e le opportunità dell’AI. Importante il ruolo della leadership, che deve dare l’esempio, dimostrando un impegno verso l’uso responsabile dell’AI.

Ciclo di valutazione continua: i framework di adozione e governance dell’AI non devono essere statici. È essenziale implementare meccanismi di monitoraggio e valutazione continui per adattare le strategie in base all’evoluzione tecnologica, ai cambiamenti normativi e ai feedback interni ed esterni. Questo include audit regolari, revisioni delle politiche e aggiornamenti dei modelli di rischio.

Coinvolgimento di stakeholder interni ed esterni: l’adozione e la governance dell’AI hanno un impatto su un’ampia gamma di stakeholder. Coinvolgere dipendenti, clienti, partner e anche esperti esterni e organismi di regolamentazione nel processo decisionale può portare a soluzioni più robuste, accettabili e socialmente responsabili. Si tratta di portare avanti un dialogo trasparente con dipendenti, clienti, partner e regolatori per costruire consenso e fiducia.

Conclusioni

La relazione tra adozione e governance non è più un’opzione: è un binomio indissolubile che determina il successo a lungo termine e la sostenibilità dell’innovazione.

Il momento di agire è adesso: solo le aziende che sapranno integrare questi due binari – innovazione e responsabilità – trasformeranno l’AI da promessa a vantaggio competitivo sostenibile, costruendo fiducia e generando un impatto positivo e tangibile sulla società.

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