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Model Context Protocol (MCP): 10 server da provare per gli sviluppatori



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MCP sta emergendo come standard per collegare modelli linguistici e agenti AI a strumenti, API e dati in modo sicuro e governabile. Esploriamo dieci server MCP da testare subito e sei best practice per sviluppare implementazioni robuste, evidenziando l’importanza di sicurezza, auditing e interoperabilità tra sistemi AI

Pubblicato il 4 nov 2025

Giovanni Masi

Computer science engineer



Model Context Protocol MCP

Il Model Context Protocol è nato per risolvere un problema concreto: collegare i modelli linguistici e gli agenti AI a strumenti, API e dati in modo standard, osservabile e governabile. A differenza delle integrazioni ad hoc, MCP consente a client diversi (IDE, chatbot, agenti autonomi) di scoprire in modo dinamico risorse e strumenti esposti da server conformi al protocollo, con controllo dei permessi e telemetria coerente. Nel corso dell’ultimo anno MCP è passato da esperimento di integrazione a tessuto connettivo di molte piattaforme, grazie a una specifica pubblica, a SDK ufficiali e a un ecosistema di server in rapida crescita.

Ecco una selezione di dieci server MCP da installare oggi per capire il potenziale del protocollo, e una guida compatta alle migliori pratiche per costruire server sicuri, pronta per essere applicata in produzione. L’obiettivo è comporre un quadro unico, dove esempi reali e regole di progetto si rafforzano a vicenda.

Perché MCP sta guadagnando terreno

Dal punto di vista architetturale MCP introduce un linguaggio comune tra AI e sistemi esterni. Gli strumenti diventano capability dichiarative, le operazioni sono tracciate e i permessi sono negoziati in modo esplicito. Questo sblocca diversi benefici: portabilità delle integrazioni tra client differenti, riduzione del debito tecnico dovuto a connettori proprietari, possibilità di applicare policy omogenee su auditing e sicurezza, e una migliore separazione dei ruoli tra chi gestisce l’infrastruttura e chi sviluppa l’esperienza AI. Non si tratta di un “plugin system” monolitico, ma di un’“USB‑C per l’AI” che normalizza accesso a file, browser, database, servizi cloud e applicazioni d’impresa.

10 server MCP da provare

Per esplorare MCP in modo pratico abbiamo selezionato dieci server rappresentativi, coprendo automazione del browser, ricerca, sviluppo, dati e cloud. Non serve provarli tutti insieme: scegliete un caso d’uso reale e fate onboarding progressivo, misurando valore e rischi.

Cloudflare

Una suite di server remoti che consente agli assistenti di interrogare log, gestire Workers e risorse come KV, R2, D1 e AI Gateway. È un esempio maturo di esposizione granulare di strumenti, con ambienti dedicati per osservabilità, documentazione, build e persino rendering del browser. Da studiare l’impostazione delle autorizzazioni e la separazione per servizio, utile come riferimento di design.

Playwright MCP

Fornisce automazione del browser orientata ai LLM senza ricorrere a screenshot o coordinate visive, grazie all’uso coerente dell’albero di accessibilità. È deterministico, configurabile per bloccare origini o service worker e funziona sia in locale sia via trasporto HTTP. Ottimo per test funzionali guidati da agenti e per scraping controllato.

Chrome DevTools MCP

Permette a un agente di aprire, ispezionare e profilare una sessione Chrome reale, con strumenti per tracing delle performance, rete e console. Utile quando la diagnostica dev’essere fine e riproducibile, mantenendo un canale strutturato con il browser e parametri per esecuzione headless o profili isolati.

Browserbase

Espone un browser in cloud pensato per automazioni affidabili, con gestione di sessioni multiple, screenshot e funzioni di stealth e proxy a livello enterprise. È indicato quando si vuole scalare l’automazione su ambienti remoti e tracciare i costi modello per modello.

Exa

Un server orientato alla ricerca “per agenti”, con strumenti per web search, crawling e code search su larga scala. La variante per il coding riduce il contesto necessario e minimizza allucinazioni quando l’agente deve comporre codice aggiornato o esempi di API.

E2B

Consente di eseguire codice in sandbox gestite, con edizioni JavaScript e Python. È la via più semplice per restituire all’agente capacità di calcolo controllate, isolando gli effetti collaterali e mantenendo un chiaro confine tra AI e risorse host.

Supabase

Collega l’assistente a progetti Supabase con modalità in sola lettura, scoping per progetto e gruppi di funzionalità attivabili. È un caso didattico su come applicare il principio del minimo privilegio lato server, offrendo controlli attivabili da riga di comando.

GitHub MCP (remoto o locale)

Porta in MCP le operazioni GitHub più comuni, dalla lettura del codice alla gestione di issue e pull request. Esistono varianti self‑hosted e versioni ospitate direttamente da GitHub per una integrazione immediata con gli agenti in IDE e ambienti di coding.

PostgreSQL MCP

Diverse implementazioni consentono di esplorare e interrogare database Postgres. Le versioni più evolute consolidano decine di tool in insiemi intelligenti, includono modalità read‑only e introducono meta‑strumenti per la governance delle query e dei commenti sulle tabelle.

Slack MCP

Integra l’assistente con workspace Slack per leggere canali, inviare messaggi e gestire conversazioni. Esistono server che evitano la creazione di bot dedicati, ma la raccomandazione resta di adottare token copiati, ambienti isolati e politiche di rotazione.

Questa decina non esaurisce l’ecosistema. Servono però a cogliere lo spettro di applicazioni abilitato da MCP: dall’osservabilità cloud alla navigazione web, dall’accesso a basi dati all’automazione in IDE, con un filo comune di controllabilità e audit.

6 best practice per la creazione di un server MCP sicuro

1. Autenticazione e autorizzazione a prova di confusione. Evitate pattern di “token passthrough” e assicuratevi che i token accettati siano emessi esplicitamente per il vostro server, con audience corretta. Predisponete flussi OAuth moderni e, quando fate da proxy verso terze parti, proteggetevi dal “confused deputy” imponendo un consenso esplicito per ogni client dinamicamente registrato e controllando rigorosamente redirect e audience. Le richieste in ingresso vanno sempre verificate lato server, senza affidare l’identità a sessioni di lunga durata.

2. Minimo privilegio per default. Progettate strumenti e risorse in modalità “read‑only” e “project‑scoped” come impostazioni di base. Consentite l’abilitazione selettiva di gruppi di feature e richiedete motivazioni chiare per sbloccare operazioni di scrittura o amministrative. Il server Supabase offre un modello concreto con flag per sola lettura e scoping per progetto, replicabile in molti domini.

3. Gestione robusta delle sessioni e dei trasporti. Le sessioni non devono costituire meccanismi di autenticazione. Usate identificatori non deterministici, rotazione, binding a identità utente e canali sicuri. Se il server è locale preferite il trasporto stdio per ridurre la superficie d’attacco; se esponete un endpoint HTTP/SSE applicate bearer token, socket o IPC a privilegio ridotto, CORS stretti e limitate l’accesso ai soli client attesi. Considerate i rischi di hijacking e redelivery, specialmente con stream ripristinabili.

4. Isolamento, sandboxing e principi di “least capability”. I server MCP eseguiti in locale possono diventare vettori di esecuzione arbitraria. Lanciateli in sandbox con privilegi minimi, montate directory specifiche, limitate l’accesso di rete e segnalate comandi potenzialmente pericolosi. Per il codice dinamico preferite sandbox gestite come E2B o container con profili restrittivi. Documentate chiaramente quali strumenti possono toccare file, rete o processi esterni.

5. Consenso, trasparenza e auditing end‑to‑end. I client dovrebbero mostrare il comando esatto prima di configurare un server locale e chiedere conferma esplicita. Lato server implementate telemetry, rate limit, request/response logging e tracciamento degli strumenti invocati. Nelle integrazioni cloud adottate permessi granulari e scadenze brevi per i token, con rotazione automatica. L’identità dell’agente non deve essere nebulosa: collegate utenti umani, agenti e servizi a un sistema di identity centralizzato per evitare frammentazione.

6. Hardening continuo della supply chain. Evitate di dipendere da pacchetti non verificati, bloccate le versioni delle dipendenze, firmate i rilasci, applicate SCA e monitoraggio CVE. Per i server remoti definite un processo di rollout con canali “stabile/beta”, e per quelli locali indicate chiaramente l’origine del binario o del pacchetto. È buona pratica prevedere una “kill switch” per disabilitare strumenti compromessi e un elenco di allow/deny a runtime.

Dal laboratorio alla produzione: un percorso suggerito

Un’adozione prudente di MCP parte da un perimetro ridotto e ben strumentato. In un contesto applicativo è efficace iniziare con un server di automazione del browser, ad esempio Playwright o Browserbase, per prototipare forme di RPA controllata. In una fase successiva si inserisce un connettore dati in sola lettura, come PostgreSQL o Supabase, monitorando sistematicamente latenza, qualità delle risposte e tasso di errori. Con l’aumento dell’utilizzo si integrano server orientati alle piattaforme operative, come Cloudflare o GitHub, così da chiudere il ciclo tra osservazione, raccomandazione e azione. Lungo l’intero percorso rimane essenziale una pipeline di sicurezza che verifichi credenziali, scopi, log e impatti.

La forza di MCP risiede nella composizione. Gli agenti possono combinare più server all’interno di una singola sessione, circostanza che accresce l’importanza di policy coerenti su identità, consenso e tracciamento. La maturità non dipende dall’accumulo di integrazioni, ma dalla capacità di disattivarle o restringerle quando necessario, mantenendo una mappa chiara di responsabilità e permessi.

Conclusioni

Il modello mentale giusto è considerare MCP come uno standard di integrazione con opinioni forti sulla sicurezza, non come un canale “magico” per l’AI. I dieci server proposti mostrano come il protocollo renda pratiche attività che prima richiedevano gomitoli di API e script fragili. Le sei best practice delineano le condizioni per farlo in modo responsabile, con controlli di identità, permessi stretti, isolamento, audit e igiene della supply chain. La combinazione di questi due piani consente di passare da demo spettacolari a sistemi affidabili e governabili.

Appendice: scenari veloci e suggerimenti operativi

Un team di prodotto che vuole accelerare l’analisi competitiva può abbinare Exa per la ricerca con Browserbase per la verifica manuale dei risultati, registrando nel log dell’assistente le fonti citate e i passaggi di navigazione. In ambito DevOps, l’accoppiata GitHub + Cloudflare consente di aprire una pull request, verificare l’impatto su Workers e interrogare la telemetria, il tutto dentro un flusso conversazionale ma con credenziali e permessi separati. Un data engineer può offrire a un analista un agente con sola lettura su PostgreSQL e Supabase, limitato a uno schema, per rispondere a domande ad hoc senza esporre credenziali di produzione.

Per la qualità del software, Playwright o Chrome DevTools MCP permettono test end‑to‑end guidati da prompt, con raccolta di trace e screenshot utili in sede di debugging.

Un aspetto critico emerso nei casi d’uso reali è la gestione dell’identità. Quando più server appartengono a domini diversi, l’uso di segreti statici e privilegi permanenti moltiplica il rischio di personificazione. La mitigazione passa per un’architettura di identity unificata, con emissione di credenziali effimere, policy just‑in‑time e mapping chiaro tra utenti, agenti e servizi. Questo non solo riduce l’attrito di compliance, ma semplifica il tracciamento degli incidenti e la risposta rapida in caso di abuso.

Per la messa in produzione conviene definire un catalogo interno di server approvati, con linee guida su quando impiegarli, come parametrizzarli e quali contromisure applicare. Ogni ingresso in catalogo dovrebbe essere accompagnato da una scheda che descrive scope dei permessi, dipendenze, modello di logging, modalità di rollback e contatti di ownership. La maturità del programma MCP si misura anche dalla facilità con cui si può disattivare una capability senza bloccare l’operatività degli utenti legittimi.

Bibliografia

InfraCloud. “Securing MCP servers” (raccomandazioni operative). https://www.infracloud.io/blogs/securing-mcp-servers/

Anthropic. “Introducing the Model Context Protocol.” (newsroom). https://www.anthropic.com/news/model-context-protocol

Model Context Protocol. “What is the Model Context Protocol (MCP)?” (sito ufficiale). https://modelcontextprotocol.io/

Model Context Protocol. “Security Best Practices” (bozza della specifica). https://modelcontextprotocol.io/specification/draft/basic/security_best_practices

Model Context Protocol. “Connect to local MCP servers” (guida). https://modelcontextprotocol.io/docs/develop/connect-local-servers

The Verge. “Anthropic lancia il Model Context Protocol…” (copertura del lancio). https://www.theverge.com/2024/11/25/24305774/anthropic-model-context-protocol-data-sources

TechRadar Pro. “The 4 most critical aspects of MCP for AI‑native architectures”. https://www.techradar.com/pro/the-4-most-critical-aspects-of-model-context-protocol-mcp-for-developers-building-ai-native-architectures

TechRadar Pro. “MCP’s biggest security loophole is identity fragmentation”. https://www.techradar.com/pro/mcps-biggest-security-loophole-is-identity-fragmentation

Cloudflare. “Cloudflare MCP Server” (documentazione e lista server remoti). https://mcpservers.org/servers/cloudflare/mcp-server-cloudflare

Microsoft/Playwright. “Playwright MCP Server” (documentazione). https://mcpservers.org/servers/microsoft/playwright-mcp

Chrome DevTools Team. “chrome‑devtools‑mcp” (documentazione). https://mcpservers.org/servers/github-com-chromedevtools-chrome-devtools-mcp

Browserbase. “Browserbase MCP Server” (documentazione). https://mcpservers.org/servers/browserbase/mcp-server-browserbase

Exa. “Exa MCP Server” (documentazione). https://mcpservers.org/servers/exa-labs/exa-mcp-server

E2B. “E2B MCP Server” (documentazione). https://mcpservers.org/servers/e2b-dev/mcp-server

Supabase. “Supabase MCP Server” (documentazione). https://mcpservers.org/servers/supabase-community/supabase-mcp

GitHub. “Remote GitHub MCP Server” (documentazione). https://mcpservers.org/servers/asifdotpy/github-mcp-server-asifdotpy

Henk Dz. “PostgreSQL MCP Server” (documentazione). https://mcpservers.org/servers/HenkDz/postgresql-mcp-server

Korotovsky. “Slack MCP Server” (documentazione). https://mcpservers.org/servers/korotovsky/slack-mcp-server

WorkOS. “The complete guide to MCP security” (best practice). https://workos.com/blog/mcp-security-risks-best-practices

Stytch. “MCP authentication and authorization guide” (approfondimento). https://stytch.com/blog/MCP-authentication-and-authorization-guide

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