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Large Action Model: dalla chat all’azione



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L’intelligenza artificiale sta compiendo il salto evolutivo dai modelli linguistici (LLM) ai Large Action Model (LAM), capaci non solo di generare testo ma di agire autonomamente nel mondo digitale. I LAM trasformano le intenzioni in operazioni concrete, aprendo nuove prospettive per l’automazione aziendale, ma anche sfide cruciali legate a integrazione, governance, sicurezza e responsabilità etica

Pubblicato il 20 ott 2025

Gioele Fierro

CEO e Founder Promezio Engineering



Large Action Models

Quando l’intelligenza artificiale non è più limitata al perimetro di una semplice chat o della generazione di contenuti, le potenziali applicazioni iniziano a moltiplicarsi esponenzialmente, portando con sé inevitabili rischi e profonde implicazioni etiche. I grandi modelli di linguaggio (LLM, Large Language Model), per loro natura, si limitano a produrre un output testuale o multimediale; non si spingono, da soli, all’azione concreta e autonoma. Generare una risposta coerente è strutturalmente diverso dal prendere iniziative operative nel mondo reale o digitale, come prenotare un volo, inviare un’e-mail, aggiornare un database o orchestrare un intero processo aziendale.

I Large Action Model (LAM) rappresentano il fondamentale passaggio evolutivo verso un’AI che non si limita alla generazione linguistica, ma agisce in autonomia nello spazio digitale. Questo approccio sta diventando sempre più cruciale, soprattutto in ambito aziendale, dove l’esigenza di automazione intelligente e flessibile è massima. Stabilire un orientamento pragmatico ed efficace richiede una profonda comprensione di dove poter applicare i LAM, quali opportunità offrono e quali ostacoli pongono.

Cosa sono i Large Action Model (LAM)?

I Large Action Model sono sistemi di intelligenza artificiale progettati specificamente per orchestrare azioni digitali complesse. La loro funzione primaria è interpretare un’intenzione umana espressa in linguaggio naturale e tradurla in una sequenza di passi operativi concreti all’interno di un sistema o di uno spazio digitale. Tali sistemi possono, ovviamente entro limiti controllati e predefiniti, eseguire ciò che il contesto suggerisce come necessario per raggiungere l’obiettivo richiesto.

Un LLM si ferma alla generazione: produce testo, elabora richieste, formula risposte. Quando si utilizzano modelli che, in apparenza, avviano un’azione – per esempio, inviando una mail – in realtà l’azione non viene compiuta dal modello stesso. È sempre un sistema esterno (un agente, un orchestratore o uno strumento statico) a eseguire concretamente l’operazione.

Il LAM nasce esattamente per colmare questa distanza tra linguaggio e azione. È una nuova generazione di modelli addestrati non solo per comprendere comandi o formulare risposte, ma per tradurre le intenzioni linguistiche in operazioni effettive. Mentre un LLM descrive un’azione, un LAM la compie. La differenza non è meramente terminologica, ma strutturale e architetturale.

Il LAM è addestrato per scegliere, pianificare e orchestrare azioni in ambienti reali o simulati, operando su strumenti, interfacce o API. È un modello che integra la rappresentazione simbolica dell’intenzione con la competenza pragmatica dell’esecuzione.

Un LLM collegato a un agente esterno può certamente compiere azioni, ma mantiene una minore “consapevolezza operativa” di ciò che fa. Il suo ragionamento resta ancorato al linguaggio e può facilmente generare allucinazioni comportamentali, come la descrizione di azioni inesistenti o inadeguate. Un LAM, invece, riduce significativamente questa ambiguità per natura architetturale. La sua architettura include vincoli e policy che delimitano lo spazio d’azione, rendendo ogni passo più “consapevole”, misurato e soprattutto verificabile.

Large Action Model
Immagine: Datacamp

Il flusso operativo di un LAM

Il flusso di lavoro di un Large Action Model segue questi step fondamentali, che ne evidenziano la complessità esecutiva:

1. Comprensione dell’intenzione: il modello deve interpretare l’obiettivo dell’utente in modo non ambiguo, andando oltre la superficie del linguaggio.

2. Pianificazione multi-step: l’azione richiesta quasi mai è singola, ma necessita di più passaggi coordinati. Il LAM deve orchestrare questi sotto-passaggi in modo coerente, gestendo sequenze, condizioni, eccezioni e dipendenze tra le operazioni.

3. Interazione con strumenti esterni: per eseguire realmente l’azione, il modello deve avere interfacce funzionali verso l’esterno, come API, connettori a sistemi terzi (ERP, CRM), moduli di posta elettronica o script interni che fungono da “braccia” operative.

4. Supervisione e feedback loop: ogni azione deve essere costantemente controllata e, se necessario, validata da log e supervisione umana, con la possibilità di rollback in caso di errori. Fondamentale è l’apprendimento: il modello deve imparare da azioni fallite ed errori per evitare che si ripetano in futuro (principio del Reinforcement Learning from Human Feedback applicato alle azioni).

5. Grounding (ancoraggio alla realtà): l’azione non è astratta. È necessario che il modello comprenda e rispetti le politiche aziendali, i limiti operativi, le autorizzazioni di sicurezza e il contesto specifico, evitando operazioni che violino la compliance o che siano materialmente impossibili.

Large Action Model
Immagine: Datacamp

Le architetture e i framework LAM emergenti

Le architetture LAM sono già al centro della ricerca da parte delle Big Tech e di startup innovative, che stanno sperimentando modi per dare all’intelligenza artificiale nuove e più ampie capacità operative.

  • Framework xLAM ad esempio propone una serie di modelli open-source di Large Action Model specificamente progettati per lo sviluppo di agenti autonomi capaci di utilizzare strumenti (tool use) in ambienti variabili, con particolare enfasi sulla generalizzazione delle capacità.
  • LAM SIMULATOR è un altro progetto interessante nato per affrontare direttamente il problema della scarsità di dati di addestramento di alta qualità per i LAM. Permette esplorazioni autonome in ambienti simulati complessi con feedback immediato per costruire traiettorie d’azione efficienti e di alta qualità, accelerando l’apprendimento.

Nel contesto più avanzato della multimodalità (visione + linguaggio + azione) è molto interessante il concetto di VLA (Vision-Language-Action model): modelli che, a partire da dati visivi e comandi testuali, possono eseguire e tracciare azioni fisiche (tipico nel contesto robotico).

Un esempio pratico a tal riguardo è Gemini Robotics, un modello presentato da Google DeepMind nel 2024 (e in costante evoluzione), che esprime queste capacità di percezione e azione combinata, ed è in fase di utilizzo per rendere i robot più capaci di ragionamento e manipolazione autonoma in ambienti non strutturati.

È importante sottolineare che la maggior parte delle applicazioni e dei framework menzionati sono progetti ancora in fase embrionale o di ricerca avanzata, quindi non sono pronti per impieghi industriali generalizzati su vasta scala. La ricerca è tuttora impegnata a superare sfide significative, tra cui la raccolta standardizzata di dati di azione, la gestione robusta delle eccezioni, la correttezza delle generalizzazioni e, soprattutto, la garanzia di una supervisione umana efficace (Human-in-the-Loop).

Potenzialità di sviluppo e impatto industriale

Ogni azienda gestisce una coda lunga di attività digitali ripetitive: inserimento dati, riconciliazioni, risposte a comunicazioni semplici, aggiornamento record e segnalazioni. Queste attività sono in parte digital native (eseguite su sistemi digitali) e in parte di frontiera (come l’interazione con e-mail, moduli web o interfacce datate). Un LAM può raccogliere e processare richieste ripetute semplici o comporre flussi automatizzati complessi, gestendoli con una supervisione minima.

Invece di costruire rigide pipeline di script e bot facili da “rompere” al primo cambiamento, un LAM può adattarsi flessibilmente al cambiamento del contesto (entro certi limiti), assumendo un ruolo di orchestratore intelligente.

Un Large Action Model può diventare il collante che integra piattaforme eterogenee, traducendo un input del mondo reale (es. una mail di un cliente) in comandi distribuiti tra sistemi differenti (es. CRM, gestionale e sistema di ticketing).

L’introduzione dei LAM in una pipeline aziendale porta innanzitutto a una sensibile riduzione dei costi operativi. Automatizzare i flussi ripetitivi libera tempo e risorse preziose. Ma il beneficio non è solo l’efficienza: la rapidità decisionale applicata alle azioni concrete è un vantaggio competitivo notevole. Un LAM può reagire in tempo reale a determinati input – per esempio, un cliente che chiede un rimborso o una variazione di ordine – attivando autonomamente i flussi di risposta e di esecuzione, senza la necessità di approvazioni manuali nei casi standard. Questa velocità operativa si traduce in servizi più reattivi, personalizzati e di migliore qualità.

La flessibilità è un altro dei tratti distintivi di queste nuove architetture. Un LAM può evolvere in modo più armonioso con l’ecosistema aziendale rispetto a un sistema rigido di script o di LLM agentici. Aggiornamenti di strumenti, modifiche nei processi o cambi di policy possono essere assorbiti con un minor bisogno di intervento manuale e riprogrammazione.

Sfide cruciali: integrazione, governance e sicurezza

La strada verso un’adozione matura e diffusa dei LAM è comunque complessa. Il primo potenziale ostacolo riguarda l’integrazione con i sistemi legacy: molte imprese operano ancora con gestionali o ERP datati, privi di API moderne o interfacce adeguate. Connettere un LAM a questi sistemi può rivelarsi costoso e complesso, se non impossibile in certi contesti.

A tale complessità si aggiunge la questione critica della governance e della supervisione: l’automazione che agisce concretamente sul mondo, se incontrollata, è intrinsecamente pericolosa. Sono necessarie regole chiare su chi gestisce il sistema, come intervenire in caso di errore e come monitorare le azioni automatiche con adeguati meccanismi di logging e alert che garantiscano la tracciabilità di ogni operazione.

Sicurezza, privacy e compliance sono altri temi centrali e non negoziabili. Un LAM che gestisce dati sensibili, finanziari o personali, deve rispettare protocolli rigorosi di sicurezza e tracciabilità. Errori, o peggio, fughe di informazioni o azioni non autorizzate, possono avere conseguenze legali e reputazionali estremamente gravi. Le aziende devono quindi adottare un approccio di AI responsabile sin dalla fase di progettazione.

L’AI del futuro che agisce

I Large Action Model saranno una tappa fondamentale nell’evoluzione dell’intelligenza artificiale: rappresentano il deciso passaggio dal linguaggio all’azione concreta. Le Big Tech e il mondo della ricerca stanno lavorando per portare l’AI nel mondo fisico nel minor tempo possibile, integrando in modo fluido visione, linguaggio e capacità di azione. Sebbene molte applicazioni siano ancora relegate all’ambito sperimentale, il processo di transizione è già cominciato, e l’AI ci ha abituato a progressi tangibili a una velocità straordinaria.

La domanda fondamentale, quindi, non è se i LAM arriveranno in ambienti produttivi, ma quando e come prepararsi a integrarli. Le imprese che oggi iniziano a sperimentare, ad apprendere e a integrare processi automatizzati intelligenti si troveranno in netto vantaggio.

Passare dalla generazione testuale all’azione non sarà un salto nel buio, ma un percorso graduale. Identificando da subito i processi ad alta ripetitività e massimizzando la quantità di dati azionabili raccolti, si inizia a costruire l’esperienza e la fiducia necessarie per il futuro.

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