Il vantaggio dell’AI nelle operation

Dalla gestione della produzione all’assistenza clienti, sono svariati gli ambiti in cui le imprese possono fare leva sulle soluzioni di intelligenza artificiale per ottimizzare task e processi. Ma è forse nelle procedure di autenticazione, fondamentali per dare vita a una vera digital company, che la tecnologia oggi si dimostra più utile

Pubblicato il 26 Nov 2020

Domenico Aliperto

Giornalista

Ai occupazione

Si è abituati a considerare il contributo dell’intelligenza artificiale nelle operation come uno strumento che si limita ad abilitare l’automazione di task e processi ripetitivi, a basso valore aggiunto. Premesso che forse anche parlare di “abitudine” potrebbe essere interpretato come un approccio ottimistico alla questione, visto che l’AI nelle imprese italiane sta muovendo ora i suoi primi passi, occorre in ogni caso sfatare questo pregiudizio: le piattaforme di artificial intelligence possono essere declinate su diversi ambiti aziendali ed è proprio quando vengono applicate alle attività strategiche che riescono a generare vero vantaggio competitivo. Come? Supportando i lavoratori – operatori o decisori di business che siano – a svolgere con più semplicità, efficacia ed efficienza le proprie mansioni, grazie prima di ogni altra cosa alla possibilità di interfacciarsi in modo più rapido e intuitivo con applicativi, macchinari e altri interlocutori umani coinvolti nella filiera.

Dai sistemi di onboarding per collaboratori e clienti, passando per le pratiche di cyber security fino all’ottimizzazione della user experience per servizi innovativi in ottica di customer journey omnicanale, l’intelligenza artificiale aiuta a comprendere le criticità insite nei processi e identificare soluzioni per fluidificarli in maniera dinamica. Ed è a questo punto che l’automazione sprigiona il suo massimo potenziale: imparando a riconoscere pattern ed eccezioni attraverso il machine learning, i sistemi di intelligenza artificiale riescono col tempo anche a sviluppare capacità previsionali sull’evoluzione di ciascun processo, eliminando elementi ridondanti e generando significativi risparmi di tempo e risorse nella gestione delle operation.

Così le aziende italiane si approcciano all’AI

Prima di entrare più nello specifico, vediamo qual è oggi in Italia la percezione delle potenzialità delle tecnologie di intelligenza artificiale, e soprattutto qual è il grado di adozione da parte delle imprese.

Secondo i dati a disposizione dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, il 16% delle organizzazioni non ha ancora intrapreso alcuna iniziativa e non intende farlo. Il 18% dichiara di avere programmi per il futuro in tal senso mentre l’11% del campione ha avviato almeno un progetto in fase di sviluppo. Un’impresa su quattro, e per l’esattezza il 24%, ha almeno un progetto in fase di sperimentazione, mentre nel 15% dei casi si è già oltre la fase di test e si è passati a quella di implementazione. Attualmente, quindi soltanto il 16% delle imprese italiane fa affidamento su piattaforme di artificial intelligence a regime pienamente operative.

Rispetto alle aree di implementazione delle applicazioni, è quella del factory che concentra il maggior numero roll out, trainata principalmente dai programmi dedicati all’ambiente produttivo, a partire dalle operazioni di pianificazione delle attività e monitoraggio delle prestazioni. Nell’ambito del marketing e dell’assistenza al cliente si distinguono invece le soluzioni di Dynamic Advertising e i Chatbot, mentre sul fronte del Product life cycle, specialmente nei settori chimico e farmaceutico, l’artificial intelligence si sta dimostrando utile soprattutto nei processi di Design creation e in quelli della Supply chain.

L’intelligenza artificiale al servizio dei sistemi di autenticazione

Una delle applicazioni più interessanti delle tecnologie di intelligenza artificiale è però quella legata al potenziamento dei sistemi di autenticazione, e in particolare di quelli che sfruttano il riconoscimento biometrico. Si tratta – specialmente nell’ottica di dare vita a identità digitali univoche per l’accesso ai vari network aziendali – di processi trasversali, che sottendono cioè a tutte le linee di business, e che risultano fondamentali per garantire la corretta digitalizzazione della gestione dei flussi documentali.

Il percorso di efficientamento delle operation non può infatti prescindere dalla completa dematerializzazione di tutti i task, inclusi quelli che compongono gli iter approvativi. Ed è facendo leva sull’artificial intelligence che la rete di un’impresa può registrare e riconoscere clienti, partner, collaboratori e fornitori a prescindere da dove si trovino e quale dispositivo utilizzino, fornendo accesso a documenti e applicazioni in funzione delle credenziali di cui dispongono i loro profili. Il tutto attraverso un’esperienza d’uso semplice, intuitiva e rapida. Dal Voice recognition al Face match, gli algoritmi di AI sono indispensabili sia per elaborare velocemente la mole di dati che comporta l’analisi biometrica, sia per automatizzare la procedura, rendendola trasparente per l’utente finale e limitando l’impatto computazionale sulle risorse IT.

La vision di Intesa per un’innovazione basata sull’AI

Come si ottiene quanto descritto fin qui? “Combinando l’intelligenza artificiale con un’altra tecnologia che ha raggiunto un livello sufficiente di maturazione: quella dei microservizi”, spiega Marco Broggio, Chief Innovation Officer di Intesa, società del gruppo IBM specializzata nella fornitura di soluzioni per la digital transformation delle imprese pubbliche e private.

Proprio facendo leva sull’expertise di Big Blue, Intesa punta con decisione su un portfolio che mette al centro dell’offerta l’integrazione dell’artificial intelligence e dei microservizi nei processi aziendali di riconoscimento biometrico. “L’AI non si limita a garantire una user experience all’altezza delle aspettative degli utenti”, continua Broggio. “Consente anche di sviluppare prestazioni incrementali man mano che viene sfruttato l’algoritmo: maggiori sono i volumi di dati che immagazzina la piattaforma, infatti, maggiori sono le chance che il sistema ha per allenarsi e per fornire risultati sempre più precisi e accurati. Sono però i microservizi”, aggiunge Broggio, “a rappresentare l’elemento chiave alla base di applicazioni con performance elevate, capaci di gestire carichi e picchi di lavoro dinamici in maniera automatica, rendendo i servizi disponibili 24 ore su 24, sette giorni su sette, su qualsiasi tipo di device: questo tipo di architettura permette di evitare di dover fare affidamento su processi monolitici, privilegiando microstep che possono essere attivati e riordinati in modo scalabile, con la possibilità inoltre di integrare applicativi e servizi di terze parti”.

L’innovazione, bisogna comunque precisare, non vive di sola tecnologia. E ciò è ancor più vero quando si parla di intelligenza artificiale. “Non è sufficiente trattare argomenti nuovi per considerarsi un’azienda innovativa”, chiosa Broggio. “Soprattutto quando l’obiettivo è quello di rendere le operation agili e veloci attraverso l’introduzione dell’AI in azienda, è necessario prima di ogni altra cosa essere disposti a utilizzare nel quotidiano i nuovi strumenti e acquisire nuove competenze, sia investendo in formazione sia andando sul mercato a reperire le giuste professionalità”.

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