L’AI potrebbe ricevere il premio Nobel fra 15 anni

È l’ipotesi che fa il settimanale inglese The Economist, che prevede, nel 2036, la possibilità che il prestigioso premio vada a una AI disruptive nel campo sanitario. Le implicazioni etiche e morali di questa prospettiva

Pubblicato il 18 Ott 2021

Mentre nel 2021 si premia con il Nobel un fisico italiano, Giorgio Parisi, per i suoi studi relativi ai sistemi complessi svolti all’Università La Sapienza di Roma, sembra delinearsi un futuro che porterà a sostituire i percorsi logici umani con gli algoritmi, sviluppati in funzione del “machine learning” e del “deep learning”. Il processo sta diventando sempre più veloce, per cui alcuni media, come ad esempio l’Economist, scrivono di proiezioni future che immaginano nel 2036 il premio Nobel conferito a una AI disruptive denominata YULYA. Questo scenario porterà a rivalutare tutto il patrimonio del sapere, compresi i meccanismi di apprendimento umano, in quanto la macchina diventerà un surrogato sostitutivo dell’uomo.

2036, il premio Nobel a una AI?

Quando ci sarà il giro di boa sullo studio del cervello umano, ossia ci sarà un chip ottico che imita i percorsi di apprendimento del cervello, allora potrebbe avvenire quello che molti di noi non avrebbero mai voluto che avvenisse, ossia il tanto ambito premio Nobel sarà assegnato a un algoritmo di AI. Si tratta di un futuro relativamente vicino, ipotizzato nel 2036.

Potrebbe sembrare fantascienza, ma invece è solo la proiezione prospettica dello sviluppo della tecnologia legata all’AI, che alacremente si sta portando avanti in questi anni. I sistemi di AI processano infinite moli di dati per poter arrivare nel più breve tempo possibile alla soluzione del problema, che può essere la lotta a un virus, a una malattia batterica o la realizzazione di un nuovo vaccino o un nuovo antibiotico, per cui si strutturano le capacità di ragionamento per costruire ipotesi verificabili, che sarebbero vulnerabilità accessorie.

Si evidenziano i processi logici, che sarebbero necessari per convalidare l’ipotesi, comprese le linee guida su come raccogliere il dato; quindi, si arriva a un vero e proprio programma di ricerca. Le AI sono comunemente utilizzate per prevedere l’insorgenza di malattie come l’Alzheimer, formulare raccomandazioni terapeutiche personalizzate e migliorare le capacità diagnostiche dei medici, ma anche nella scoperta di farmaci, in particolare per aiutare le aziende farmaceutiche a navigare tra i database a livello globale. Anche le più strutturate e complesse AI sono utilizzate solamente in aree molto specializzate come la realizzazione dei farmaci, dove grandi quantità di dati statistici sono associati a metriche di successo ben definite. Per cui in realtà le AI non scoprono nulla, ma realizzano delle interpolazioni algebriche, che permettono di giungere a dei risultati tangibili, che affondano le proprie fondamenta su dati manipolati statisticamente.

nobel AI

Le implicazioni morali dell’assegnazione del Nobel a una AI

Eticamente la macchina non si può sostituire all’uomo e rimane sempre uno strumento per arrivare prima e meglio all’obiettivo, però il momento in cui, come profetizza l’Economist, sarà un algoritmo di AI a raggiungere il riconoscimento umanamente più ambito nel campo della ricerca scientifica, che è il Nobel, sarà il punto di non ritorno a livello etico per poter discriminare un androide da un umano e segnerà l’inizio di un’era in cui il materiale biologico sarà integrato con materiale elettronico e si forgeranno nuovi individui dotati di potenzialità intellettive, ma anche fisiche molto maggiori, in quanto tutto sarà plasmabile e integrabile [1].

Si affronteranno i nuovi concetti legati all’identità di un’AI che ha una sua ragione di esistere come entità, alla quale è possibile assegnare un premio o un’onorificenza, come si è sempre fatto con gli uomini o le donne di nascita biologica. Sicuramente, come prevede l’Economist, tale scenario creerebbe una tensione sociale di livello notevole, perché andrebbe a sovvertire i postulati dell’etica umana, che abbracciano trasversalmente anche le religioni monoteiste, a cui si affidano tanti popoli.

Nell’ipotesi fatta dal settimanale inglese c’è una AI chiamata “YULYA“, che ha contribuito a salvare almeno 4 milioni di vite riuscendo a trovare la giusta combinazione di antibiotici per superare l’antibiotico-resistenza. Nei decenni precedenti, infatti, il ricorso massiccio agli antibiotici ha fatto emergere nuovi batteri in grado di resistere meglio a questo tipi di farmaci, rendendo sempre più difficile il trattamento di alcune malattie. Inizialmente YULYA era stata programmata per sviluppare nuovi trattamenti contro i tumori, analizzando enormi quantità di dati sui malati e unendo queste conoscenze con quelle derivanti da migliaia di ricerche scientifiche sul cancro. Ma, nel 2034 viene data a YULYA, per errore, la possibilità di accedere anche agli studi scientifici sui farmaci: l’intelligenza artificiale affina così autonomamente le proprie abilità nel trattare i casi di antibiotico-resistenza.

La scelta del comitato dei Nobel di Stoccolma sovvertirebbe molti equilibri sociali a livello globale, andando a scuotere un ordine millenario, in cui i filosofi già del tempo degli antichi Greci avevano dato il concetto di anima racchiusa in un corpo; in seguito San Agostino aveva consolidato il concetto dell’Io pensante come identità personale in cui ognuno astrattamente si identifica, dal quale discende la famosa frase cogito ergo sum di Cartesio. Partendo da questa, sembrerebbe che anche una rete neurale, dotata di un suo ragionamento insito, avrebbe il diritto di esistere e di avere una propria identità legale, oppure la stessa rete neurale sarebbe semplicemente uno strumento di matrice statistico-stocastica per trattare infinite moli di dati, che consentirebbero, ad esempio, di arrivare più velocemente a soluzioni mediche, a cui altrimenti non si potrebbe giungere? Solo il tempo risponderà a tale quesito etico e morale.

Ai nobel

L’intelligenza artificiale per migliorare le condizioni di vita umane

Attualmente, si sta pensando di impiegare l’AI in più ambiti, ad esempio per salvare il patrimonio artistico architettonico, per controllare da remoto le grandi strutture, per agire nel campo biomedico a livello sia di prevenzione e sia di operatività di tipo chirurgico di precisione, per il controllo del territorio, ad esempio ispezione di ponti o viadotti tramite sensori, senza dimenticare la valenza strategica nel campo della Difesa nei diversi contesti operativi: terra, mare, aria. Nel 2017 il leader russo Vladimir Putin diceva che chi fosse diventato leader nel settore dell’AI avrebbe da lì a poco dominato il mondo. Le tecniche di AI che comprendono il machine learning e il deep learning si stanno introducendo nella vita quotidiana tramite gli smartphone e gli accessori legati all‘Internet of Things (IoT), invadendo anche le nostre case tramite le smart tv e gli assistenti vocali tipo Google Home.

L’argomento principale da discutere in merito ai device di derivazione IoT è legato al ruolo umano rispetto a queste macchine, ossia se l’uomo sia un supervisore della macchina sulla quale prende la decisione finale, oppure il sistema sia autonomo rispetto alla decisione dell’uomo e quindi eseguirà una sua decisione secondo gli algoritmi, tramite cui è stato programmato. In realtà sarà sempre l’uomo, che imposta i processi e programma la macchina, anche se andando a sviluppare algoritmi che auto apprendono, poi l’AI si struttura secondo un proprio percorso di apprendimento, che sarà condizionato dalle esperienze, che colleziona la macchina, per cui l’algoritmo si forgia secondo le condizioni al contorno, fino ad arrivare a una sua identità, data dall’autoapprendimento [2].

In ambito sanitario la collezione di dati statistici riportati dal campo permette a un algoritmo di deep learning di arrivare a un livello sostanziale di competenza medica tale da poter diagnosticare le patologie, ma anche elaborare cure per eventuali minacce di tipo biologico come i virus di nuova generazione. In questi ambiti particolari di ricerca legati all’epidemiologia e alla virologia, gli studi su base statistica con un’immensa mole di dati sono i cardini per arrivare alla soluzione, che può essere la cura oppure la prevenzione tramite i vaccini.

La macchina dotata di AI diventa “rivale” dei medici e dei ricercatori nella competizione, ma anche un valido collaboratore e un alleato per sconfiggere le minacce biologiche.

Note

  1. “Un’occhiata alle carte di Dio, gli interrogativi che la scienza moderna pone all’uomo”, Gian Carlo Ghirardi, Il Saggiatore
  2. Ella Maru Studio and Yoon Seok Kim/Jia Liu, Deisseroth/Bao laboratories, Stanford University

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