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Fei-Fei Li, chi è la donna che guida l’intelligenza artificiale con l’etica



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La scienziata, di origine cinese ma naturalizzata negli Usa, rappresenta una delle voci più autorevoli della Silicon Valley nel promuovere un’AI ispirata alla compassione, inclusiva, rispettosa della dignità umana ed attenta agli impatti sociali

Pubblicato il 15 lug 2025

Flavia Maltoni

Data Protection Consultant



Fei-Fei Li
Fei-Fei Li

Fei-Fei Li, informatica statunitense di origine cinese, non è solo una delle figure più influenti nel campo dell’intelligenza artificiale – in particolare per la creazione del database ImageNet – ma rappresenta anche una delle voci più autorevoli della Silicon Valley nel promuovere un’AI ispirata alla compassione, inclusiva, rispettosa della dignità umana ed attenta agli impatti sociali.

Nel dibattito contemporaneo sull’intelligenza artificiale, dominato da grandi modelli linguistici, dati su larga scala e previsioni futuristiche, si rischia spesso di dimenticare un aspetto essenziale: la tecnologia è, prima di tutto, un prodotto umano. Dietro ogni sistema si celano visioni del mondo, intuizioni ed intenzioni di chi contribuisce alla sua evoluzione. In questo senso, l’AI non è soltanto una questione di calcolo, ma anche un’espressione di valori sociali, di scelte etiche e di sensibilità umana.

Dalla Cina agli Stati Uniti: la storia di una mente migrante

Immagine che contiene persona, vestiti, Viso umano, sciarpaIl contenuto generato dall'IA potrebbe non essere corretto. Fei‑Fei Li nasce il 3 luglio 1976 a Pechino, crescendo a Chengdu in una Cina ancora lontana dalla rivoluzione tecnologica che l’avrebbe investita decenni dopo. A sedici anni si trasferisce negli Stati Uniti con la madre per raggiungere il padre, stabilendosi nel New Jersey. La giovane Fei-Fei affronta il classico salto nel vuoto vissuto da molti migranti: un nuovo Paese, una lingua sconosciuta, pochi mezzi economici ma un enorme bagaglio interiore fatto di curiosità, determinazione e desiderio di riscatto.

Frequenta la Parsippany High School e lavora nel negozio di lavanderia dei genitori per contribuire al bilancio familiare, affrontando fin da subito la doppia sfida dell’integrazione e dell’eccellenza scolastica.

Si laurea in fisica con lode a Princeton nel 1999, per poi conseguire il dottorato in ingegneria elettrica al California Institute of Technology (Caltech) nel 2005, con una ricerca interdisciplinare sui meccanismi della percezione visiva, in particolare sui modelli psicofisici che descrivono come l’essere umano interpreta le immagini e sui modelli computazionali volti a replicare questi processi attraverso l’intelligenza artificiale.

Dopo aver insegnato a Urbana-Champaign e Princeton, entra a Stanford nel 2009, dove diventa professoressa ordinaria di Computer Science nel 2018. Oggi dirige lo Stanford Vision and Learning Lab ed è cofondatrice dello Stanford Institute for Human-Centered AI, volto a promuovere uno sviluppo etico e multidisciplinare dell’intelligenza artificiale.

Tra le attività più significative promosse dallo Stanford HAI c’è l’AI Index Report, una pubblicazione annuale che traccia lo stato dell’arte dell’intelligenza artificiale a livello globale; il rapporto, ampiamente utilizzato da accademici, aziende e policy-maker, fornisce dati comparabili e aggiornati su ricerca, investimenti, impatto sociale, equità algoritmica e governance, con l’obiettivo di rendere l’evoluzione dell’AI più trasparente e orientata al bene pubblico.

La sua esperienza personale, segnata da migrazione, adattamento e resilienza, ha profondamente influenzato la sua visione dell’intelligenza artificiale come strumento al servizio dell’essere umano. È questa convinzione che la spinge a fondare, come specificato nel prosieguo, l’organizzazione no-profit AI4ALL, dedicata a formare le nuove generazioni di scienziati dell’AI.

Eletta membro della National Academy of Engineering e della National Academy of Medicine, fa parte anche dell’American Academy of Arts and Sciences e dal 2023 del consiglio scientifico dell’ONU.

ImageNet: quando l’AI ha imparato a “vedere”

La svolta scientifica che ha consacrato Fei‑Fei Li come figura centrale nell’evoluzione dell’intelligenza artificiale arriva nel 2007 quando guida la creazione di ImageNet, uno dei progetti più rivoluzionari e decisivi nella storia del deep learning applicato alla visione artificiale. L’idea, in apparenza semplice ma visionaria nella sua portata, era quella di costruire un archivio immenso e strutturato di immagini etichettate, in grado di “insegnare” ai sistemi di intelligenza artificiale a riconoscere gli oggetti del mondo visivo con la stessa immediatezza e versatilità degli esseri umani.

All’epoca, le tecnologie di visione artificiale erano ancora immature: i sistemi faticavano a distinguere tra oggetti simili, erano poco adattabili a contesti diversi e si basavano su dataset limitati, spesso costruiti ad hoc per esperimenti circoscritti. Fei‑Fei Li ebbe un’intuizione chiave: non bastano algoritmi sofisticati senza dati adeguati e affinché una macchina possa “vedere”, è prima necessario fornirle un universo visuale ampio e rappresentativo da cui apprendere. Nacque così ImageNet: un database con oltre 14 milioni di immagini, suddivise in più di 20.000 categorie semantiche (sinset) derivate dalla struttura lessicale di WordNet.

Ogni immagine fu etichettata manualmente attraverso la collaborazione di migliaia di annotatori volontari, reclutati tramite Amazon Mechanical Turk, per garantire un livello di precisione e granularità senza precedenti.

Imagenet Fei-Fei Li

Nel 2010, ImageNet divenne anche la base della ImageNet Large Scale Visual Recognition Challenge (ILSVRC), una competizione annuale che spinse la comunità scientifica a sviluppare modelli sempre più avanzati di riconoscimento visivo. Fu proprio nel contesto di questa sfida che, nel 2012, un team dell’Università di Toronto guidato da Alex Krizhevsky, Ilya Sutskever e Geoffrey Hinton, utilizzò ImageNet per addestrare AlexNet, una rete neurale profonda che segnò una svolta storica: la soluzione ridusse l’errore di classificazione di oltre il 10%, dimostrando per la prima volta la superiorità del deep learning nella visione artificiale. Da quel momento, il mondo dell’AI cambiò radicalmente e si assistette ad un’accelerazione senza precedenti nello sviluppo di applicazioni intelligenti in campi come la medicina, l’automotive, la robotica, la sorveglianza e l’industria creativa.

Ma ImageNet fu molto più di un trionfo tecnico. Fin dall’inizio della sua attività, la scienziata comprese che ogni tecnologia porta con sé implicazioni etiche e sociali profonde tanto da portarla ad affermare che i dati non sono neutrali ma riflettono le strutture di potere, i pregiudizi ed anche le lacune della società. Se alimentiamo un sistema con dati parziali, distorti o discriminatori, anche l’intelligenza che ne risulterà sarà parziale e discriminatoria.

Per questa ragione Fei-Fei ha promosso una riflessione critica e costante sull’equità dei dataset, sulla trasparenza degli algoritmi e sulla necessità di una rappresentazione inclusiva e diversificata nella raccolta e annotazione delle immagini.

Intelligenza artificiale e inclusone: l’AI4ALL

Negli anni seguenti al successo di ImageNet, Fei‑Fei Li ha progressivamente spostato la propria attenzione verso la governance dell’AI. In particolare, la scienziata ha denunciato la mancanza di diversità nel settore, sottolineando che un’intelligenza artificiale progettata da un gruppo esiguo di individui– in gran parte uomini bianchi di élite – rischia di rifletterne pregiudizi e visioni limitate. «La tecnologia riflette chi la crea», ha affermato, mettendo in guardia sul fatto che se chi progetta i sistemi non è consapevole dei propri bias, questi ultimi finiranno per essere amplificati dagli algoritmi.

In risposta a tale rischio, Fei-Fei ha promosso convintamente il concetto di “human-centered AI”, ovvero di un’AI progettata non per sostituire ma per potenziare l’umanità e fondata su tre pilastri: inclusività, trasparenza e compassione. Ciò si traduce nell’integrazione di discipline umanistiche nel design tecnologico, nel dialogo con comunità vulnerabili e nella riflessione continua sull’impatto sociale degli algoritmi.

La sua etica non è solo teorica. Nel 2017, durante un anno sabbatico, assunse il ruolo di Chief scientist di AI/ML in Google Cloud, con l’obiettivo di democratizzare l’AI. Tuttavia, pochi mesi dopo, ritirò il suo sostegno al progetto Maven, un’iniziativa militare basata sull’elaborazione di immagini da droni, dichiarando che “l’AI militarizzata è profondamente contraria ai miei principi”. Il suo rifiuto simboleggia la ferma convinzione che ci siano confini tecnologici che non devono essere superati, neppure in nome del progresso.

Una nuova generazione di ricercatori

Fei‑Fei Li si è così imposta come interprete di una nuova generazione di ricercatori che ambiscono non soltanto a costruire macchine intelligenti ma anche a costruire un mondo più equo. Per lei, l’AI è uno strumento per ingrandire le potenzialità umane, purché sia guidato da principi quali il rispetto e la dignità umana.

Coerentemente a tale visione, l’impegno di Fei-Fei si è esteso anche alla giustizia di genere e alla diversità nel campo dell’AI. Consapevole di operare in un ambiente storicamente dominato da uomini caucasici, la scienziata ha scelto di agire con concretezza e nel 2017, insieme alla ricercatrice e docente di informatica presso la Princeton University, Olga Russakovsky, ha fondato AI4ALL, un’organizzazione no-profit nata per promuovere l’accesso all’AI a gruppi sottorappresentati – giovani donne, studenti di colore, figli di immigrati -, trasformando l’amore per l’insegnamento in azione educativa e culturale concreta.

Il logo dell’organizzazione AI4ALL

Grazie a campi estivi, programmi di mentoring e iniziative globali, AI4ALL ha formato centinaia di studenti in tutto il mondo, molti dei quali hanno iniziato a promuovere cambiamenti nei loro contesti locali. Fei-Fei Li è così divenuta una voce autorevole in conferenze internazionali, forum ONU e dibattiti politici, portando con sé la prospettiva di una scienziata donna e migrante, capace di trasformare la propria storia in un progetto collettivo. Il suo attivismo testimonia che insegnare è un atto rivoluzionario, capace di piantare i semi per un futuro dove l’IA non solo pensa, ma ci aiuta a pensare come società.

Conclusione: verso un’AI incentrata sull’essere umano

Fei-Fei Li ci dimostra come l’intelligenza artificiale sia molto più di un mero avanzamento tecnologico ma abbia, invece, delle implicazioni profondamente umane. La sua traiettoria ha dato forma ad una visione in cui scienza e coscienza non sono elementi separati ma le due facce della stessa medaglia. Il suo contributo tecnico, visibile nella rivoluzione visiva di ImageNet, continua ad influenzare il modo in cui le macchine apprendono dal mondo ma è il suo approccio culturale, esplicato nel libro autobiografico pubblicato nel 2023, “The Worlds I See”, ad esercitare un impatto sempre più rilevante: un richiamo costante all’etica, alla diversità e alla dignità umana.

La sua proposta di un’intelligenza artificiale “human-centered” non è un’utopia astratta ma un progetto vivo e concreto che prende forma in azioni quotidiane, programmi educativi, istituzioni di ricerca e scelte personali coerenti. Dalla creazione di AI4ALL al suo netto rifiuto dell’uso militare dell’AI, fino all’impegno costante per la rappresentanza femminile e multiculturale nel settore, Fei-Fei Li continua a delineare una visione dell’intelligenza artificiale che abbraccia il futuro senza distogliere lo sguardo dalle responsabilità sociali del presente.

Per la scienziata, l’AI non deve sostituire l’essere umano ma affiancarlo, potenziarne le capacità, contribuire ad un progresso che non sia cieco davanti all’ingiustizia o alle disuguaglianze.

Nel suo lavoro accademico, nelle aule di Stanford come nei principali forum internazionali, Fei-Fei porta avanti con determinazione l’idea che la tecnologia debba dialogare con le altre discipline, con la politica e con le comunità. In un mondo che troppo spesso rincorre l’innovazione fine a sé stessa, la sua voce resta un invito alla riflessione, alla cura e alla responsabilità condivisa.

Il suo contributo più importante non è un singolo algoritmo né un modello tecnico ma una domanda ancora aperta: non cosa può fare l’intelligenza artificiale, ma cosa dovrebbe fare, per chi e guidata da quali valori. In questa domanda si riflette la possibilità di una tecnologia davvero emancipatrice.

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