EY Italy AI Barometer 2025

AI in Italia: il 77% dei lavoratori ha avuto almeno un’esperienza diretta



Indirizzo copiato

Lo studio di EY 2025 mostra l’accelerata adozione dell’AI in Italia. Emergono però sfide critiche: divari etici, formazione insufficiente e timori occupazionali. Il rapporto propone un approccio umano-centrico, una governance trasparente e programmi di upskilling inclusivi per sbloccare il pieno potenziale dell’AI e garantire una crescita sostenibile e affidabile

Pubblicato il 2 set 2025



EY Italy AI Barometer 2025

Secondo i dati dell’EY Italy AI Barometer 2025, ben il 77% dei lavoratori italiani ha avuto almeno un’esperienza diretta con strumenti di AI. Questo dato non solo testimonia la diffusione capillare delle tecnologie intelligenti, ma rivela anche una crescente familiarità e confidenza nell’utilizzo quotidiano di tali strumenti.

L’EY Italy AI Barometer 2025 è basato su un’indagine condotta a marzo 2025 su un campione di 4.942 lavoratori e dirigenti aziendali in 22 settori e 9 paesi europei, di cui 539 in Italia, e offre una visione diretta sullo stato di adozione e integrazione dell’AI nelle imprese e nel settore pubblico. L’obiettivo di questo rapporto è sbloccare il potenziale dell’AI a beneficio delle economie e delle comunità, promuovendo un approccio responsabile e centrato sulla persona, che metta al centro la creazione di valore per tutti.

Le analisi si sono concentrate in particolare sul contesto italiano per evidenziare le specificità del sistema produttivo nazionale, le sfide emergenti e le opportunità strategiche per una trasformazione digitale inclusiva e sostenibile.

L’AI tra adozione e consapevolezza crescente in Italia

L’Italia si sta rapidamente affermando come un terreno fertile per l’adozione dell’intelligenza artificiale, mostrando chiari segnali di una crescente maturazione digitale e di una notevole apertura all’innovazione tecnologica. Sebbene il Paese abbia storicamente mantenuto una posizione più conservatrice rispetto ad altri contesti europei in ambito digitale, sta ora rapidamente colmando il divario, spinto da una consapevolezza sempre maggiore del potenziale trasformativo dell’AI.

Fino a pochi anni fa, l’adozione dell’AI era prerogativa di nicchie specialistiche o di grandi aziende con notevoli capacità di investimento. Oggi, l’intelligenza artificiale si sta integrando in modo trasversale in organizzazioni di ogni dimensione e settore, diventando una componente essenziale dei processi operativi, delle interazioni con i clienti e delle attività di supporto decisionale.

EY Italy AI Barometer 2025
Fonte: EY

Questa evoluzione riflette un profondo cambiamento culturale: l’AI non è più vista come una tecnologia distante o riservata agli esperti, ma come un alleato concreto per affrontare le sfide quotidiane, migliorare l’efficienza e stimolare nuove forme di valore. Le applicazioni più comuni, come i generatori di testi (es. ChatGPT), i chatbot (es. nei servizi clienti), gli assistenti vocali (es. Siri o Alexa) e i traduttori automatici, stanno diventando strumenti quotidiani non solo nei contesti più digitalizzati, ma anche in ambiti tradizionalmente meno tecnologici come la pubblica amministrazione, l’istruzione, la sanità e il manifatturiero.

L’AI, grazie alla sua capacità di automatizzare attività ripetitive, migliorare l’efficienza operativa e offrire supporto decisionale in tempo reale, si rivela uno strumento strategico anche per le realtà meno digitalizzate, che iniziano a riconoscerne il valore in termini di produttività, qualità del servizio e competitività.

EY Italy AI Barometer: adozione ancora disomogenea

Tuttavia, l’adozione di queste tecnologie non è ancora omogenea. Le esperienze positive sono più frequenti tra i manager (29%) rispetto ai dipendenti (16%), indicando una possibile disconnessione tra chi guida l’innovazione e chi la vive operativamente. Marcate sono anche le differenze generazionali: i giovani tra i 21 e i 35 anni mostrano un entusiasmo significativamente maggiore (circa il 70%) rispetto agli over 50 (meno del 50%), evidenziando una maggiore predisposizione delle nuove generazioni a integrare l’AI nei processi lavorativi.

EY Italy AI Barometer 2025
Fonte: EY

Dal punto di vista settoriale, i comparti chimico, assicurativo e sportivo si distinguono per un livello di soddisfazione più elevato nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, con percentuali comprese tra il 40% e il 50%. Questo risultato è attribuibile a una combinazione di fattori, tra cui una maggiore maturità digitale, una cultura aziendale più orientata all’innovazione e investimenti mirati in tecnologie emergenti. In questi settori, l’AI è spesso integrata in processi chiave come la gestione del rischio, l’ottimizzazione della supply chain, la personalizzazione dei servizi e l’analisi predittiva, generando benefici tangibili in termini di efficienza, precisione e competitività.

Questi dati suggeriscono che l’Italia si trova in una fase di transizione: l’adozione dell’AI è avviata, ma per trasformarsi in un reale vantaggio competitivo è fondamentale promuovere una cultura della consapevolezza, attraverso investimenti in formazione, strategie di inclusione digitale e una comunicazione efficace che coinvolga tutti i livelli dell’organizzazione.

EY Italy AI Barometer 2025
Fonte: EY

Etica, formazione e leadership: le sfide dell’AI in azienda

L’introduzione dell’AI Act da parte dell’Unione Europea rappresenta un passo cruciale verso un utilizzo più sicuro, trasparente e responsabile dell’intelligenza artificiale. In Italia, l’81% dei lavoratori accoglie positivamente questa normativa, riconoscendone il potenziale nel rafforzare la fiducia nelle tecnologie intelligenti. Nonostante questo entusiasmo normativo, la realtà delle pratiche aziendali quotidiane mostra un quadro meno avanzato. Solo il 36% delle organizzazioni italiane ha implementato valutazioni formali del rischio per le decisioni basate sull’AI, e un quarto dei dipendenti (25%) dichiara che la propria azienda non dispone di linee guida etiche sull’uso dell’intelligenza artificiale.

Questo dato è particolarmente rilevante, poiché la fiducia nell’AI non può prescindere da un quadro etico chiaro e condiviso.

EY Italy AI Barometer 2025
Fonte: EY

La percezione della leadership aziendale

Un altro aspetto critico riguarda la percezione della leadership aziendale. Sebbene il 55% dei lavoratori ritenga che la leadership supporti attivamente l’integrazione dell’AI, emerge un divario significativo tra la percezione del management e quella dei dipendenti. Mentre top e middle management affermano l’esistenza di policy e procedure ben definite, molti lavoratori non ne sono a conoscenza o non ne comprendono l’applicazione concreta. Questo gap comunicativo e organizzativo rischia di compromettere l’efficacia delle strategie di adozione dell’AI, generando incertezza e resistenze all’interno dell’organizzazione.

Le priorità etiche

Le priorità etiche individuate dai lavoratori italiani si concentrano su tre aspetti fondamentali:

  • la protezione dei dati personali (44%),
  • la trasparenza nei processi decisionali (40%)
  • lo sviluppo etico delle soluzioni di intelligenza artificiale (36%).

Questi elementi riflettono una crescente consapevolezza dell’impatto che l’AI può avere non solo sull’efficienza operativa, ma anche sui diritti individuali e sulla fiducia nelle tecnologie. La richiesta di maggiore trasparenza e responsabilità da parte delle organizzazioni evidenzia l’urgenza di integrare principi etici solidi nei processi di progettazione, implementazione e utilizzo dell’AI, affinché l’innovazione sia percepita come equa, sicura e orientata al bene comune.

Il nodo della formazione

Tuttavia, solo il 23% dei lavoratori ritiene di ricevere una formazione adeguata su questi temi. Il divario tra manager (61%) e dipendenti (20%) è particolarmente allarmante e sottolinea l’urgenza di un approccio formativo più inclusivo e capillare. Per affrontare queste sfide, è essenziale rafforzare la governance dell’AI all’interno delle organizzazioni, promuovendo una cultura aziendale orientata all’etica, alla responsabilità e alla trasparenza. Solo così sarà possibile costruire un ecosistema in cui l’AI non sia solo una leva tecnologica, ma anche un motore di fiducia, equità e innovazione sostenibile.

EY Italy AI Barometer 2025
Fonte: EY

EY Italy AI Barometer 2025: transizione digitale e impatto sul lavoro

Oltre alle percezioni individuali e alle policy aziendali, è fondamentale analizzare in modo approfondito gli effetti concreti che l’adozione dell’AI sta già producendo sul mondo del lavoro. In Italia, l’impatto dell’AI non è più una prospettiva futura, ma una realtà in evoluzione: il 68% dei lavoratori dichiara di prevedere un’influenza diretta delle soluzioni AI sul proprio ruolo professionale. Questo dato sale all’80% tra i manager, a riprova di una crescente consapevolezza, anche tra le figure apicali, dei cambiamenti in atto.

EY Italy AI Barometer 2025
Fonte: EY

Quali sono le funzioni più esposte all’automazione

Secondo i dati raccolti, le funzioni più esposte all’automazione sono quelle amministrative, il customer service e i ruoli tecnici, dove l’AI può già oggi sostituire o affiancare molte attività operative e ripetitive. Al contrario, i ruoli manageriali vengono generalmente considerati meno a rischio, probabilmente per la componente strategica, decisionale e relazionale che li caratterizza.

È interessante notare, tuttavia, come siano proprio i manager a riconoscere con maggiore chiarezza l’impatto dell’AI sulle proprie attività quotidiane, segnalando una crescente consapevolezza della necessità di adattarsi e ripensare il proprio contributo all’interno dell’organizzazione.

Il livello di preoccupazione dei lavoratori: il 76% pensa che l’AI porterà a una riduzione del personale

Nonostante le opportunità, il 34% dei lavoratori italiani manifesta una crescente preoccupazione per le possibili conseguenze occupazionali legate all’introduzione e alla diffusione dell’intelligenza artificiale. Questo timore è particolarmente sentito tra i dipendenti che non ricoprono ruoli manageriali, i quali percepiscono una maggiore vulnerabilità rispetto all’automazione e alla sostituzione delle mansioni umane.

A rafforzare questa percezione, il 76% degli intervistati ritiene che l’adozione dell’AI porterà inevitabilmente a una riduzione del personale, soprattutto nei settori dove i processi sono più standardizzati e facilmente automatizzabili.

Tra i comparti considerati maggiormente a rischio emergono l’energia, la finanza e la manifattura avanzata, ambiti in cui l’AI può ottimizzare operazioni complesse, ridurre i margini di errore e aumentare l’efficienza, ma anche sostituire intere fasi del lavoro umano. Questi dati evidenziano la necessità di un dialogo aperto tra imprese, lavoratori e istituzioni per affrontare in modo proattivo le trasformazioni in atto, promuovendo percorsi di aggiornamento professionale e strategie di riconversione che possano mitigare gli effetti negativi sul mercato del lavoro.

Nonostante le preoccupazioni, l’interesse per la formazione in ambito AI è in crescita. Il 57% dei lavoratori europei sta già investendo, sia in ambito privato che professionale, nel potenziamento delle proprie competenze digitali e nella comprensione dell’AI. In Italia, questa percentuale sale al 65%, un dato superiore alla media europea che testimonia una forte volontà di prepararsi al cambiamento.

Tuttavia, emerge una marcata disparità tra i livelli aziendali: il top e il middle management risultano molto più attivi nell’aggiornamento delle proprie competenze rispetto al resto dei dipendenti. Questo squilibrio evidenzia l‘urgenza di sviluppare programmi di upskilling inclusivi, accessibili e diffusi, capaci di coinvolgere l’intera forza lavoro e di prevenire l’ampliarsi del divario digitale all’interno delle organizzazioni. Come sottolineato da Giuseppe Santonato, AI leader di EY Europe West, l’AI darà origine a una categoria di lavoro umano che monitora, verifica e supervisiona l’AI, rendendo indispensabili nuove competenze e programmi di riqualificazione.

Crescita sostenibile attraverso l’intelligenza artificiale

L’adozione dell’intelligenza artificiale sta iniziando a generare benefici concreti per molte organizzazioni, soprattutto in termini economici. A livello europeo, il 56% delle aziende dichiara di aver già riscontrato un impatto positivo, sotto forma di aumento dei profitti o riduzione dei costi operativi.

In Italia, sebbene il trend sia simile, la percentuale si attesta leggermente più in basso, al 52%, segnalando un impatto economico ancora contenuto ma in crescita. I settori che stanno traendo i maggiori vantaggi dall’implementazione dell’AI sono quelli caratterizzati da un’elevata automazione e innovazione tecnologica, come la manifattura avanzata e l’agricoltura di precisione, dove l’AI contribuisce a ottimizzare i processi, ridurre gli sprechi e migliorare la produttività.

EY Italy AI Barometer 2025
Fonte: EY

Al contrario, il settore pubblico appare ancora in ritardo nell’adozione di queste tecnologie, spesso a causa di vincoli normativi, carenze infrastrutturali o resistenze culturali. Questo scenario evidenzia l’importanza di politiche di supporto e investimenti mirati per favorire una diffusione più omogenea dell’AI e massimizzarne i benefici su scala nazionale.

EY Italy AI Barometer 2025
Fonte: EY

Anche sul fronte della produttività, l’intelligenza artificiale sta iniziando a mostrare segnali positivi, sebbene con percezioni differenti tra i Paesi e all’interno delle stesse organizzazioni. A livello europeo, il 43% dei lavoratori segnala un miglioramento della produttività grazie all’introduzione dell’AI. In Italia, tuttavia, la percezione è più prudente, soprattutto tra i dipendenti che non ricoprono ruoli manageriali.

Un dato significativo è che il 46% dei lavoratori italiani riconosce un aumento rilevante dell’utilizzo dell’AI sul posto di lavoro rispetto all’anno precedente, segno di una diffusione crescente delle tecnologie intelligenti.

Tuttavia, emerge un divario evidente tra le diverse funzioni aziendali: il 55% dei manager italiani ritiene che l’AI abbia effettivamente migliorato la produttività del proprio team, mentre solo il 33% dei dipendenti condivide questa valutazione. Questo scarto di percezione suggerisce un possibile disallineamento tra chi guida i processi di trasformazione digitale e chi li sperimenta nella vita quotidiana.

Per colmare questa distanza e massimizzare i benefici dell’intelligenza artificiale, le imprese italiane devono dotarsi di strumenti avanzati di monitoraggio, integrando indicatori di performance nei propri sistemi di controllo.

Solo attraverso una misurazione trasparente, condivisa e basata su metriche oggettive sarà possibile trasformare l’AI in un vero motore di crescita sostenibile e inclusiva, capace di generare valore per l’intera organizzazione e per tutti gli stakeholder coinvolti.

Il futuro dell’AI: l’approccio olistico

Il futuro dell’AI si prospetta ricco di opportunità straordinarie, con sviluppi significativi che interessano una vasta gamma di settori e l’emergere di nuove geografie. Dalle innovazioni nell’elaborazione del linguaggio naturale alle avanzate applicazioni nella visione artificiale e nell’AI Generativa, le possibilità di utilizzo sono pressoché illimitate. Tuttavia, orientarsi in questo contesto in continua evoluzione richiede una visione lungimirante e una pianificazione strategica accurata.

EY ritiene che non esista un modello universale per l’intelligenza artificiale, ma che sia possibile creare un valore immenso adottando un approccio olistico all’AI e potenziando il potenziale umano per ottenere risultati straordinari. Un approccio centrato sull’essere umano all’AI aiuta a perfezionare la tecnologia per massimizzare il talento, promuovendo guadagni in efficienza e produttività in tutte le funzioni aziendali. I team multidisciplinari di EY, che operano nei settori del rischio, della strategia, della tecnologia e della trasformazione, collaborano con i clienti per supportarli in un processo di implementazione in linea con i loro obiettivi, la loro cultura e il loro background, affinché l’AI generi un impatto umano positivo.

Scegliere i giusti investimenti nell’ambito dell’intelligenza artificiale richiede un equilibrio tra ambizione e praticità. Concentrandosi sulla preparazione, promuovendo l’expertise e allineando le iniziative di AI con obiettivi strategici più ampi, le organizzazioni possono affermarsi come leader in un ambiente sempre più competitivo, evitando al contempo errori significativi.

Le sfide maggiori dell’adozione dell’AI

Le sfide più significative che i fornitori di AI devono affrontare oggi riguardano il rispetto di un insieme di nuove regole senza rallentare l’innovazione. Normative come l’AI Act dell’UE, le normative APAC e gli standard statunitensi richiedono che ogni fornitore dimostri con prove tangibili controlli sui bias, trasparenza del ragionamento, audit trail completi e validazione umana reale. Queste misure devono essere integrate dall’inizio, poiché aggiungerle in un secondo momento dopo il lancio è una scelta troppo tardiva e sempre costosa. I fornitori che considerano la governance come un requisito di progettazione manterranno lo slancio, mentre quelli che la mettono in secondo piano si vedranno chiudere le porte da regolatori e clienti.

L’AI offre benefici misurabili se applicata a sfide concrete, andando oltre il miglioramento dei KPI economici. Gli agenti AI – assistenti intelligenti capaci di completare compiti senza supervisione umana – sono il nuovo prodotto più promosso dell’industria AI.

Inoltre, i modelli AI si stanno spostando in discipline che sembrano distintamente umane, sviluppando una forma di “intelligenza sociale” basata sull’interazione di molti piccoli agenti con una visione locale del loro ambiente. Per ottenere il massimo, la soluzione AI sociale deve essere contestuale, duratura, intelligente, sociale e costruire fiducia.

Per migliorare i benefici dell’AI, è fondamentale la collaborazione tra organizzazioni e governi. I governi dovrebbero progettare regolamenti basati sui risultati con chiari livelli di rischio, abbinandoli a “sandbox regolatorie” per esperimenti sicuri e per facilitare la definizione di standard di implementazione, la costruzione e la manutenzione di soluzioni AI.

Regolamenti come l’AI Act e il Data Act, anche se percepiti come vincoli, faciliteranno l’istituzione di un modello di governance AI trasversale, sfruttando un “glossario” comune, un quadro di processi e ruoli organizzativi. Con l’integrazione crescente delle tecnologie AI nella vita quotidiana, l’attenzione si concentrerà sempre più sulle preoccupazioni etiche e sociali.

Accesso, equità e integrità delle informazioni

Giuseppe Santonato identifica tre principali sfide sociali con l’avanzare dell’AI: l’accesso, l’equità e l’integrità delle informazioni. L’addestramento dei modelli di frontiera richiede capitale e infrastrutture che la maggior parte delle organizzazioni non possiede, rischiando di creare un nuovo divario digitale. Dati distorti e logica opaca possono portare a discriminazioni, rendendo indispensabili test sui bias e registri di supervisione umana, come previsto dall’AI Act dell’UE.

Infine, i deepfake generativi minacciano l’opinione pubblica, rendendo essenziali watermarking, registri di provenienza e protocolli di rimozione rapida. Questi rischi sono gestibili solo se la responsabilità è condivisa tra fornitori, regolatori, imprese e utenti finali.

L’AI, inoltre, rimodellerà il mercato del lavoro; in Europa, con l’invecchiamento della forza lavoro, l’AI può mantenere l’equilibrio dell’ecosistema. Alcune competenze non saranno più necessarie, mentre altre diventeranno obbligatorie, con l’emergere di ruoli umani che monitorano e verificano l’AI. I governi sono responsabili del finanziamento di programmi di riqualificazione rapida, e le aziende devono riprogettare i lavori affinché le persone gestiscano il contesto, l’empatia e la supervisione, mentre i sistemi gestiscono i compiti di routine.

Santonato: “L’AI non automatizzerà tutto”

Giuseppe Santonato, EY

“Nei prossimi dieci anni, l’Europa affronterà la sfida più grande in termini di pensionamento della forza lavoro: l’AI sarà uno dei mezzi per mantenere il giusto equilibrio
dell’ecosistema”, afferma nel report Giuseppe Santonato. “Alcune competenze non saranno più necessarie, mentre altre nuove diventeranno obbligatorie. L’AI non automatizzerà tutto, ma darà origine a una categoria di lavoro umano che monitora, verifica e supervisiona l’AI. I governi sono responsabili del finanziamento di programmi di riqualificazione rapida e le aziende devono riprogettare i lavori in modo che le persone gestiscano il contesto, l’empatia e la supervisione mentre i sistemi gestiscono i compiti di routine. Una pianificazione proattiva della forza lavoro ora renderà la transizione più fluida e manterrà la competitività”.

Conclusioni

In conclusione, la trasformazione guidata dall’AI in Italia e in Europa è un percorso complesso ma ricco di potenziale. Per sbloccare appieno i benefici e affrontare le sfide, è imperativo adottare un approccio olistico che integri etica, formazione e leadership, con un forte focus sulla collaborazione e sull’inclusione. Solo così si potrà garantire che l’AI diventi un vero motore di progresso, equità e innovazione sostenibile per tutti gli stakeholder coinvolti.

Articoli correlati