Nel 2025 l’intelligenza artificiale on-device, ossia eseguita direttamente su dispositivi locali (smartphone, laptop, visori AR/VR, robot, ecc.) senza ricorrere al cloud, è emersa come un paradigma chiave per le imprese. Questo approccio, spesso chiamato anche Edge AI, sta ridefinendo gli equilibri tra cloud e periferia, offrendo nuovi livelli di performance, risparmio sui costi e garanzie di privacy.
I principali attori tecnologici, da Apple a Qualcomm, Intel e altri, stanno investendo in hardware specializzato e ottimizzazioni per portare modelli di AI sempre più avanzati “a bordo” dei dispositivi. Di pari passo, anche le comunità open-source contribuiscono con modelli più piccoli ed efficienti, dimostrando che molte attività di AI possono essere gestite localmente con sorprendente accuratezza.
Analizziamo l’evoluzione dell’AI on-device dal punto di vista business, esaminando le strategie dei key player nei chip con AI integrata e le implicazioni per aziende e organizzazioni in termini di costi, prestazioni (latenza), privacy/sicurezza e nuovi modelli operativi. Infine, confronteremo i vantaggi e limiti dell’AI all’edge rispetto al cloud, delineando gli scenari ibridi più probabili.
Indice degli argomenti:
L’AI integrata nei chip locali: Apple, Qualcomm, Intel e altri protagonisti
Negli ultimi anni i produttori di hardware hanno progressivamente integrato acceleratori di intelligenza artificiale all’interno dei dispositivi, rendendo possibili elaborazioni un tempo riservate ai data center.
Apple
Apple è stata pioniera in questo trend: già dal 2017 con il chip A11 Bionic ha introdotto il Neural Engine dedicato al machine learning on-device, e con la transizione ai propri SoC serie M per Mac ha spinto ulteriormente su questa linea.
Nel 2024 Apple ha presentato il chip M4 per iPad Pro, con una Neural Engine capace di 38 trilioni di operazioni al secondo (TOPS), più veloce di qualsiasi NPU per PC “AI” presente al momento, secondo l’azienda. Questo incremento (più del doppio dei ~15.8 TOPS del precedente M2) evidenzia la strategia Apple: potenziare l’AI locale per migliorare l’esperienza utente e la privacy, sostenendo che “ogni volta che è possibile, i calcoli vengono eseguiti sul dispositivo dell’utente invece che inviati a server remoti”. L’ecosistema Apple sfrutta l’AI on-device in numerose funzionalità (dal riconoscimento facciale Touch/Face ID alla dettatura vocale offline), enfatizzando benefici di reattività e tutela dei dati personali.
Qualcomm
Qualcomm, fornitore leader di chipset mobili (Snapdragon), ha puntato fortemente sull’AI “embedded” come elemento distintivo. I suoi chip Snapdragon di ultima generazione integrano potenti AI Engine (NPU/DSP) in grado di eseguire modelli di visione artificiale, linguaggio naturale e persino AI generativa direttamente sul telefono.
Già nel 2023 Qualcomm ha mostrato una demo di Stable Diffusion on-device, generando immagini 512×512 da testo in meno di 15 secondi su uno smartphone Android, senza alcuna connessione cloud. Questo traguardo dimostra come modelli di fondazione (>1 miliardo di parametri) possano operare efficientemente ai margini grazie a ottimizzazioni hardware/software e quantizzazione. Qualcomm sottolinea che l’AI eseguita sul dispositivo offre benefici in affidabilità, bassa latenza, privacy e costi operativi.
La sua visione è un “edge intelligente e connesso” in cui modelli che un tempo giravano solo su cluster cloud ora “graviteranno verso l’edge” mano a mano che hardware e algoritmi lo consentono. Oltre agli smartphone, Qualcomm vede questa scalabilità su laptop e visori AR/VR: la sua piattaforma Snapdragon XR e i chip PC Snapdragon (come lo Snapdragon X Elite del 2024) mirano a portare decine di TOPS di potenza AI anche nei notebook Windows e nei dispositivi immersivi.
Intel
Intel, storico protagonista dei PC, ha anch’essa abbracciato l’on-device AI per restare competitiva. Con l’architettura Meteor Lake (fine 2023) e la successiva Lunar Lake (2024) per laptop, Intel ha introdotto NPUs dedicate (chiamate anche VPU,Vision Processing Unit) all’interno delle CPU Core Ultra.

In particolare, Lunar Lake integra la quarta generazione di NPU Intel (“NPU 4”) capace di 48 TOPS dedicati, per un totale di ~120 TOPS combinando NPU, GPU e CPU. Questa NPU da 48 TOPS è progettata in risposta diretta alle esigenze di Microsoft Windows 11: Microsoft ha infatti richiesto ~40 TOPS di performance NPU come requisito per certificare i nuovi laptop “Copilot+”, macchine in grado di far girare localmente le funzionalità AI avanzate del Windows Copilot (l’assistente intelligente integrato).
In altre parole, Intel e Microsoft stanno collaborando per inaugurare l’era del “PC con AI”, dove molte operazioni di assistenza, produttività e sicurezza (es. il riconoscimento vocale, la cancellazione rumori, il riassunto documenti) vengono elaborate sul computer stesso sfruttando l’acceleratore AI interno, invece di dipendere da servizi cloud.
Altri player
Tra gli altri attori chiave, va menzionata AMD, che nel 2023 ha lanciato i primi processori Ryzen con modulo Ryzen AI basato su tecnologia Xilinx. Il chip Ryzen 7040 “Phoenix” integrava un NPU capace di ~10 TOPS; appena un anno dopo, i nuovi Ryzen serie 8000 con architettura XDNA 2 sono arrivati a 16 TOPS, e la roadmap 2024 (Ryzen 300 “Strix Point”) punta a oltre 50 TOPS sui modelli di punta.
Anche AMD dunque si allinea al trend, permettendo di accelerare AI su notebook consumer e business (Windows supporta nativamente queste NPU AMD per le funzionalità Copilot+).

Google dal canto suo sviluppa SoC personalizzati (Tensor sui telefoni Pixel) con unità AI dedicate a foto, voce e realtà aumentata, e promuove attivamente librerie per ML on-device (es. ML Kit) per spingere gli sviluppatori Android verso inferenze locali a bassa latenza.
Infine, aziende come Nvidia, leader nelle GPU cloud, stanno conquistando spazio anche sull’edge: i moduli Nvidia Jetson e Orin offrono supercomputer miniaturizzati per robotica, droni e IoT industriale, portando capacità di visione artificiale e deep learning direttamente “sul campo”.

Tutto ciò indica che l’intero ecosistema tecnologico, dai chip agli strumenti software, converge nel rendere l’AI “pervasiva ma locale”, integrata nei dispositivi quotidiani e nelle infrastrutture operative delle imprese.
Vantaggi dell’AI on-device per imprese e organizzazioni
Le motivazioni dietro la spinta verso l’AI all’edge non sono solo tecniche, ma fortemente economiche e organizzative. Di seguito approfondiamo i principali benefici per aziende e IT manager nel portare più capacità di AI sui dispositivi locali.
Efficienza dei costi e minore dipendenza dal cloud
Uno dei driver più immediati è il risparmio sui costi cloud. Man mano che le applicazioni AI si diffondono, fare affidamento esclusivo su servizi cloud può diventare oneroso: durante le fasi pilota i costi di API cloud per inferenze sembrano trascurabili (pochi centesimi per migliaia di richieste), ma all’aumentare degli utenti e delle funzionalità AI, il conto cloud può lievitare più velocemente dei ricavi.
Molte aziende si sono già scontrate con queste “sorprese” in bolletta: ogni nuova funzione basata su cloud (dal chatbot al riconoscimento immagini) aggiunge chiamate ai server e incrementa le spese operative.
L’AI on-device ribalta questo modello. Invece di pagare per ogni singola inferenza al fornitore cloud, i costi vengono sostenuti a monte per integrare e ottimizzare il modello sul dispositivo, dopodiché l’esecuzione locale è praticamente gratuita su larga scala (a parte il consumo energetico del device). Ciò significa che dopo l’investimento iniziale (ingegnerizzazione, potenziamento hardware e ottimizzazione modelli), il costo marginale per inferenza tende a zero, rendendo economicamente sostenibili funzionalità AI usate massicciamente dagli utenti.
Ad esempio, per un’azienda con un’app mobile AI-driven, far girare in locale le routine più comuni (classificazioni, suggerimenti, estrazione di testo, ecc.) può evitare milioni di chiamate ai server al giorno. Questo non solo riduce le spese cloud, ma limita la dipendenza da infrastrutture di terzi: l’app continua a fornire valore AI anche se l’accesso a Internet è assente o se i servizi cloud subiscono disservizi.
Naturalmente adottare l’AI on-device comporta nuove sfide (come vedremo), e non elimina completamente il cloud. Lo scenario ideale è spesso ibrido dal punto di vista dei costi: modelli locali per i task frequenti e ad ampio volume, modelli cloud per elaborazioni più pesanti o specialistiche eseguite solo occasionalmente. Così l’azienda paga il cloud solo dove serve davvero. Un attento monitoraggio dell’utilizzo (log di quando l’app passa da locale a cloud) consente di ottimizzare continuamente la strategia e tenere sotto controllo il profilo dei costi.
In sintesi, l’edge AI migliora l’economia di scala delle applicazioni AI: offre un percorso di crescita del numero di utenti e richieste senza un aumento proporzionale dei costi operativi.
In un’ottica di efficienza, CIO e CFO vedono con interesse questa opportunità di ottimizzazione dei costi IT. Non a caso, studi di settore prevedono una forte crescita degli investimenti in hardware Edge AI nei prossimi anni, con un mercato hardware edge AI stimato in 26 miliardi di dollari nel 2025 e destinato a raddoppiare entro il 2030, trainato proprio dalla domanda di elaborazione locale in tempo reale e dalla necessità di ridurre la larghezza di banda cloud utilizzata.
Latenza immediata e migliore esperienza utente
Un altro vantaggio chiave dell’AI on-device è la riduzione drastica della latenza. Quando un modello gira localmente, non c’è bisogno di inviare i dati al server e attendere la risposta: si elimina il “round-trip” di rete. Questo significa che le risposte possono essere praticamente istantanee, anche se la connessione è lenta o assente. Dal punto di vista dell’utente (sia esso un cliente che usa un’app o un dipendente che interagisce con un software aziendale), l’AI “o è immediata e utile, o è lenta e frustrante”.
Funzionalità come l’auto-completamento intelligente, i suggerimenti in tempo reale, le traduzioni o il riconoscimento vocale beneficiano enormemente dell’elaborazione locale: l’interfaccia può aggiornarsi mentre l’utente digita o parla, senza ritardi percepibili. Si evitano inoltre quei picchi di latenza imprevedibili causati da congestione di rete o carico del server, che spesso degradano l’esperienza.
Per le imprese, migliorare la reattività delle applicazioni AI significa aumentare la produttività e la soddisfazione: pensiamo a un agente di supporto clienti che ottiene suggerimenti immediati dal suo software AI durante una chiamata, o a un tecnico sul campo che utilizza un visore AR con analytics visivi in tempo reale anche offline. Nuove classi di applicazioni diventano possibili grazie all’AI on-device: micro-interazioni “intelligenti” come ricerche smart nel testo, riassunti al volo, traduzioni istantanee, overlay aumentati su video/foto in diretta. In scenari dove la connettività è limitata, cantieri, stabilimenti remoti, viaggi aerei, zone rurali,le soluzioni edge AI permettono di operare in modalità offline con gran parte delle funzionalità attive, garantendo continuità operativa. L’edge eccelle soprattutto in compiti ben delimitati e ad alta frequenza (classifiche, raccomandazioni, riconoscimento di pattern semplici) dove può fornire risposta immediata sul dispositivo.
Va notato che per elaborazioni più complesse (es. ragionamenti profondi, generazione di contenuti elaborati, analisi multi-step) spesso il cloud resta necessario. Per questo molte architetture adottano un approccio misto: sul device i task “veloci” e bounded (fissi in complessità), sul cloud quelli complessi o aperti.
Un esempio pratico di pattern ibrido è: usare modelli leggeri on-device per analizzare rapidamente l’input e capire se un task è semplice o complesso, “smistando” solo le richieste più impegnative a un modello cloud potente. Questa orchestrazione permette di coniugare il meglio dei due mondi, massimizzando reattività e esperienza utente senza rinunce in capacità.
Privacy dei dati e sicurezza informatica potenziate
Per aziende e organizzazioni, soprattutto in settori regolamentati (sanità, finanza, pubblica amministrazione), la privacy e la sicurezza dei dati sono considerazioni fondamentali quando si introduce l’AI. Ogni volta che si propone una nuova soluzione di intelligenza artificiale, emergono immediatamente domande del tipo: “Quali dati lasciano il dispositivo? Dove vengono conservati? Quali fornitori o giurisdizioni toccano? Chi potrebbe accedervi?”. Con un approccio cloud puro, spesso queste domande hanno risposte preoccupanti per i responsabili compliance. Ecco dove l’AI on-device risulta particolarmente attraente: mantenendo elaborazioni e dati localmente, si riduce drasticamente la superficie di esposizione. In pratica, se il modello gira sul dispositivo dell’utente o dell’operatore:
- le informazioni grezze (testo, immagini, audio) possono restare sul device, inviando al massimo solo risultati aggregati o anonimi al server. In molti casi nulla deve uscire: ad esempio il riconoscimento vocale offline può trascrivere un audio senza che questo lasci mai lo smartphone.
- Diventa possibile fornire garanzie chiare ai clienti o partner: “Questa funzionalità opera in locale. I tuoi dati non lasciano il telefono”. Tali affermazioni, se vere, aumentano la fiducia nell’AI e facilitano l’adozione in ambienti dove la riservatezza è cruciale.
- Si limita il coinvolgimento di terze parti nel trattamento di dati sensibili. Meno servizi esterni significano meno rischi di violazioni, accessi indesiderati o utilizzi secondari dei dati (ad es. per addestrare modelli di qualcun altro).
Apple ha fatto leva proprio su questo nei suoi messaggi di marketing: nei materiali su machine learning sottolinea spesso che l’“intelligenza sul tuo dispositivo” protegge la privacy perché riduce al minimo l’invio di informazioni a server remoti. Per alcune aziende, questa possibilità fa la differenza tra poter approvare un progetto AI o vederlo bloccato in fase di audit sicurezza. Ad esempio, una banca o un ospedale possono accettare un’app AI interna solo se garantisce che certi dati non escano dai dispositivi degli utenti; in questi casi la scelta edge vs cloud può decidere le sorti di un contratto.
Il punto di vista della cybersecurity
Dal punto di vista cybersecurity, l’AI on-device elimina molti vettori di attacco legati alla trasmissione e archiviazione cloud. Meno dati in viaggio su internet significano meno opportunità di intercettazione o manomissione. Inoltre, mantenendo le informazioni localmente, si riduce anche il rischio di grandi breach centralizzati: un conto è violare un server cloud con milioni di record, altro è dover attaccare individualmente migliaia di dispositivi protetti. Tuttavia, è importante notare che locale non equivale automaticamente a sicuro o conforme. Le organizzazioni devono comunque progettare accuratamente:
- Cosa resta in locale vs cosa nel cloud, documentandolo chiaramente per utenti e auditor.
- Strategie di fallback: se il dispositivo non riesce a gestire un certo task (per limiti computazionali), come si degrada il servizio? Si passa al cloud? E questo come impatta privacy?
- Logging e analytics rispettosi dei dati: anche le app edge inviano telemetria o errori; bisogna far sì che queste non contengano contenuti sensibili che violino la privacy.
In sintesi, l’AI on-device offre un potenziamento di privacy e sicurezza all’origine, mettendo le aziende in una posizione più solida per rispettare normative (GDPR, HIPAA, etc.) e proteggere proprietà intellettuale e dati dei clienti. È un elemento chiave per spostare l’AI dalla fase sperimentale all’operatività di produzione in contesti enterprise altamente regolamentati.
Nuovi modelli organizzativi e operativi abilitati dall’edge
L’adozione diffusa di AI on-device non è soltanto una questione tecnologica, ma implica un cambiamento nei modelli organizzativi e nelle architetture IT delle imprese. In un modello tradizionale cloud-centrico, l’intelligenza risiede principalmente in sistemi centralizzati (server o servizi cloud) a cui i dispositivi periferici fanno riferimento. Spostando più capacità di calcolo ai margini, le organizzazioni possono ripensare il modo in cui distribuiscono i carichi di lavoro e gestiscono le operations.
Innanzitutto, molti task operativi possono essere portati “a bordo” dei dispositivi usati da dipendenti e operatori sul campo. Ad esempio, nei settori manifatturiero o logistico, dispositivi edge (sensori intelligenti, controller industriali, robot mobili) dotati di AI locale possono ispezionare qualità dei prodotti, ottimizzare percorsi o monitorare condizioni di macchinari in tempo reale, senza dover inviare continuamente dati alla centrale. Ciò alleggerisce i data center aziendali e riduce il traffico di rete interno, consentendo al core di concentrarsi sull’aggregazione di insight di livello superiore. Organizzazioni distribuite,retail con molti negozi, catene di produzione su più stabilimenti, flotte di veicoli connessi,possono beneficiare di decisioni prese localmente in ogni nodo (negozio, impianto, veicolo) grazie a modelli AI addestrati centralmente ma distribuiti sugli edge. Questo porta a modelli operativi più resilienti: ogni nodo continua a funzionare autonomamente anche se cade la connessione verso il centro.
In ambito workplace e produttività, dotare i dipendenti di strumenti AI on-device (laptop con NPU, smartphone aziendali intelligenti) significa abilitare nuove modalità di lavoro. Un venditore potrebbe avere sul tablet un assistente AI che lo supporta nelle presentazioni o nelle trattative in tempo reale; un designer può eseguire prototipi di generative design sul proprio laptop senza attendere un rendering in cloud; un medico con un visore AR può ricevere analisi istantanee durante una procedura, il tutto senza ritardi né preoccupazioni di divulgare dati sensibili.
Questo spostamento del baricentro decisionale verso la periferia richiede però anche un cambiamento gestionale: i team IT dovranno gestire e aggiornare non solo server centralizzati, ma una costellazione di dispositivi intelligenti ai bordi.
Diventeranno cruciali pratiche come l’MLOps distribuito,ossia il deploy continuo di modelli AI su migliaia di endpoint e il monitoraggio della loro performance in produzione, e il mantenimento della coerenza dei modelli (aggiornando quelli locali quando il modello centrale migliora, magari tramite pacchetti OTA, Over-The-Air).
Anche la sicurezza informatica organizzativa dovrà adattarsi: con dati e modelli sparsi su molti dispositivi, serviranno politiche zero-trust estese all’edge, crittografia forte end-to-end e strumenti per prevenire manomissioni o estrazione di modelli dai device (per proteggere IP e integrità). Dal punto di vista della struttura aziendale, questo shift potrebbe favorire una collaborazione più stretta tra reparti IT e business unit operative: invece di accodarsi a lunghe code su progetti centralizzati, le unit possono sperimentare soluzioni AI localmente sui loro device (con il benestare dell’IT), in una sorta di innovazione decentrata.
In definitiva, l’on-device AI funge da enabler di nuovi flussi di lavoro più agili e autonomi, ma richiede all’organizzazione di maturare competenze e strategie per governare una intelligenza diffusa su tutti i livelli dell’infrastruttura.
Edge AI vs Cloud AI: vantaggi, limiti e scenari ibridi
Alla luce di quanto analizzato, appare chiaro che Edge AI (on-device) e Cloud AI non si escludono a vicenda, ma rappresentano due estremi di un continuum architetturale. Ciascuno presenta punti di forza e limitazioni distinti. Le imprese devono valutare attentamente il trade-off tra i due approcci in base ai propri casi d’uso e obiettivi, spesso optando per soluzioni ibride. Ecco un confronto sintetico:
- Vantaggi dell’Edge AI (on-device): latenza minima e reattività immediata, poiché l’elaborazione avviene vicino alla fonte dei dati.
- Migliore continuità operativa in caso di connettività assente o intermittente (le funzionalità AI funzionano anche offline).
- Privacy potenziata e maggiore controllo sui dati sensibili, che rimangono confinati sul dispositivo.
- Riduzione dei costi ricorrenti legati al cloud, specialmente con volumi elevati di richieste. Inoltre, l’edge evita colli di bottiglia centralizzati: la scalabilità cresce aggiungendo dispositivi, non caricando un unico backend.
- Limiti dell’Edge AI: potenza computazionale e risorse limitate su device rispetto a un data center (CPU/GPU/NPU mobile vs cluster di server). I modelli più grandi e avanzati possono essere difficili da far girare interamente in locale senza degradare prestazioni o batteria. Ad esempio, c’è un trade-off dimensione-qualità: modelli piccoli funzionano in locale ma potrebbero essere meno accurati di un modello gigante in cloud. Gli sviluppatori affrontano maggiore complessità: gestire diversi hardware, fare quantizzazione e ottimizzazioni, implementare meccanismi di fallback al cloud. Infine, distribuire modelli a migliaia di dispositivi può complicare gli aggiornamenti (bisogna assicurarsi che ogni nodo esegua la versione corretta del modello, etc.).
- Vantaggi del Cloud AI: accesso virtualmente illimitato a risorse di calcolo per eseguire modelli di grande scala (miliardi di parametri) che superano le capacità di qualsiasi singolo device. Possibilità di accentrare l’addestramento e utilizzare dataset globali unificati. Manutenzione e aggiornamento semplificati: il modello risiede su server, quindi un update si propaga immediatamente a tutti gli utenti. Maggiore facilità nel controllo centralizzato: le policy e la sicurezza possono essere applicate nel cloud in modo uniforme. Per alcuni servizi poi il cloud permette di condividere conoscenza tra utenti (es. un motore di raccomandazione cloud “impara” da tutti gli utenti, mentre su device ogni istanza sarebbe isolata).
- Limiti del Cloud AI: dipendenza dalla connettività, un problema di rete rende l’AI inutilizzabile.
- Latenza maggiore e variabile a seconda di banda e distanza dal data center, il che può compromettere usabilità in applicazioni real-time.
- Costi crescenti all’aumentare del traffico e delle chiamate API, che rendono difficile la scalabilità economica senza ottimizzazioni.
- Questioni di privacy e sovranità dei dati: inviare dati sensibili nel cloud può violare normative o incontrare resistenze da parte di clienti e stakeholder. Infine, il cloud può soffrire di colli di bottiglia centralizzati, ad esempio durante picchi di utilizzo di un servizio AI SaaS le prestazioni potrebbero degradare per tutti gli utenti.
In scenari reali, la soluzione ottimale tende a combinare edge e cloud in modo complementare. Abbiamo visto come molti approcci vincenti usano l’edge per l’inferenza quotidiana e il cloud come “cervello ausiliario” per compiti straordinari. Questo approccio ibrido massimizza l’efficienza: l’edge fornisce velocità, privacy e costi bassi sulle attività ripetitive, mentre il cloud offre potenza bruta on demand per le sfide più impegnative. Ad esempio, un’app di analisi immagini potrebbe riconoscere in locale elementi comuni in una foto (oggetti, testo) e ricorrere al cloud solo per una classificazione avanzata qualora serva un modello molto complesso.
Oppure, in un’organizzazione, n dispositivi sul campo eseguono localmente modelli personalizzati sui dati raccolti (edge learning) e solo i parametri aggiornati o i risultati sintetici vengono inviati al cloud per affinare un modello globale (federated learning), mantenendo così i dati grezzi al sicuro su ciascun dispositivo.
Conclusione
Il 2025 segna un punto di svolta in cui l’intelligenza artificiale diventa sempre più diffusa all’edge, trasformando non solo i nostri gadget, ma anche le strategie IT aziendali e i modelli di business. Le organizzazioni che sapranno sfruttare questa tendenza,adottando un mindset flessibile tra cloud ed edge, potranno beneficiare di sistemi AI più efficienti, reattivi e sicuri, ottenendo un vantaggio competitivo in termini di efficacia operativa e ottimizzazione dei costi. Al tempo stesso, rimane fondamentale un approccio equilibrato: riconoscere i limiti di ciascun modello computazionale e progettare architetture ibride intelligenti sarà la chiave per trarre il massimo dall’AI on-device, senza rinunciare alla potenza del cloud quando serve. Il futuro prossimo vede AI ovunque, ma soprattutto dove serve, quando serve, nel modo più sostenibile per il business.







