Analisi

Quantum Computing: Italia in ritardo sugli investimenti

Le grandi imprese hanno già iniziato a sperimentare ma ancora manca un approccio sistemico. Nel 2022 previsto un finanziamento di 320 milioni di euro in 3 anni, che sarà decisivo per valorizzare le iniziative pubbliche e private già presenti nel paese all’interno di una visione strategica di ecosistema

Pubblicato il 13 Dic 2022

Marina Natalucci

Direttore Osservatorio Quantum Computing & Communication, Politecnico di Milano

Quantum Machine Learning

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’accelerazione della ricerca e sviluppo sul Quantum Computing. Il tema è all’attenzione dei governi di tutto il mondo a causa dei potenziali impatti su competitività economica, mondo del lavoro e sicurezza nazionale. Si tratta infatti di una tecnologia rivoluzionaria: la capacità calcolo sarà di ordini di grandezza superiore rispetto all’attuale e si potranno risolvere problemi estremamente complessi, che oggi riscontrano dei limiti anche nei più potenti computer tradizionali. Sarà un’infrastruttura critica e le grandi potenze sono già partite per garantirsi un accesso diretto e promuovere lo sviluppo di un mercato locale. Occorrono però, anche in Italia, investimenti adeguati.

Tecnologie quantistiche, in Europa investiti 7 miliardi di euro

Nel mondo, sono stati investiti miliardi nella ricerca pubblica con orizzonti decennali. In Europa, sono stati stanziati oltre 7 miliardi di euro nelle tecnologie quantistiche, circa 1 miliardo come Commissione Europea e il resto all’interno di politiche nazionali. Per fare qualche esempio, la Germania ha allocato 2,65 miliardi di euro tra il 2018 e il 2028; la Francia 1,8 miliardi nell’orizzonte 2020-2026. Uno dei primi paesi europei a partire è stata la Gran Bretagna, attiva dal 2014 con diverse iniziative per un totale di oltre 1 miliardo di euro in un orizzonte che arriva al 2024. Guardando più lontano, la Cina è il principale attore nel mondo, con oltre 10 miliardi di dollari stanziati per un laboratorio nazionale nell’orizzonte 2018-2030. Gli Stati Uniti invece, nel 2018, hanno stanziato 1,2 miliardi di dollari, tuttavia con un orizzonte temporale di soli 4 anni. Infine, il Canada è stato uno dei precursori nel 2010 e oggi detiene tra le più grandi aziende del settore, come ad esempio D-Wave.

La tecnologia è in una fase prototipale, in cui investimenti pubblici e privati si intrecciano, promuovendo anche la creazione di startup. Infatti, secondo quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Quantum Computing & Communication del Politecnico di Milano, proprio Canada e Stati Uniti sono riusciti ad accentrare il 78% dei 3,4 miliardi di dollari investiti in startup e scale-up in questo campo negli ultimi 5 anni.

In Italia, investimento di 320 milioni di euro in 3 anni grazie al PNRR

Nello scenario internazionale del Quantum Computing, l’Italia arriva con un certo ritardo ma finalmente muove i primi passi proprio nel 2022 grazie al PNRR, con un investimento di 320 milioni di euro in 3 anni per la creazione del Centro Nazionale per High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing, che raggruppa oltre 50 membri, tra enti pubblici e aziende, con l’obiettivo di avvicinare ricerca scientifica e industriale, favorendo la sperimentazione delle tecnologie e puntando a ritagliare un ruolo per l’Italia nello sviluppo di soluzioni.

Si tratta di un segnale di attenzione importante, arrivato però con ritardo rispetto ad altri paesi europei e con una dinamica di investimento inferiore. Il ritardo accumulato ha rallentato lo sviluppo di un vero e proprio ecosistema italiano di mercato: lo scenario è caratterizzato da centri di ricerca pubblici all’avanguardia ma poco valorizzati in una visione strategica d’insieme e da aziende dell’offerta prevalentemente internazionali con team in Italia o società di consulenza. Inoltre, sono pressoché assenti startup italiane sul tema.

Lo sviluppo della tecnologia, dall’hardware al software

Ci troviamo però in un momento cruciale per lo sviluppo della tecnologia: sono ancora rilevanti le sfide tecniche da superare per ottenere un computer quantistico di dimensioni sufficienti da risolvere problemi di interesse industriale. I computer quantistici sono infatti sensibili all’ambiente esterno, qualsiasi perturbazione, come ad esempio un cambiamento di temperatura dell’ambiente di funzionamento, può portare il sistema a perdere le proprietà quantistiche, con conseguente generazione di errore. Attualmente, siamo arrivati a dei prototipi di piccola dimensione disturbati dal cosiddetto rumore, ovvero poco affidabili.

In termini di dimensione, è stata raggiunta una scala di un centinaio di qubit, il bit quantistico, per i computer quantistici general-purpose, ovvero l’analogo del nostro computer tradizionale; mentre nell’ordine delle migliaia per gli annealer, ovvero i computer con peculiarità di funzionamento che li rendono specifici per alcuni problemi di ottimizzazione. Si stima che sarebbero necessari centinaia di migliaia di qubit per risolvere problemi in contesti di business.

La partita per il raggiungimento di una maggiore affidabilità delle componenti hardware è in mano a fisici e ingegneri e, probabilmente, vedremo progressi rilevanti già nel corso del prossimo decennio. Nel frattempo, però, il mondo della ricerca pubblica e privata non è rimasto immobile ma ha già iniziato a lavorare sulle componenti software: dagli ambienti di sviluppo e middleware, fino agli algoritmi. Non si tratta solo di startup e aziende dell’offerta, ma anche di attori del mercato della domanda che, in tutti settori, hanno iniziato a lavorare all’industrializzazione di soluzioni.

Quantum BBC

Quantum computing, i dati dell’Osservatorio

Infatti, secondo quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Quantum Computing & Communication del Politecnico di Milano, 96 grandi imprese nel mondo si sono già attivate annunciando 126 progetti in questo campo, con diverse fasi di avanzamento e ambiti di sperimentazione: l’ottimizzazione (43% dei progetti identificati), che riguarda problemi volti a trovare la soluzione ottimale all’interno di una serie di possibilità, come nel caso dei percorsi in campo logistico. Segue a breve distanza la simulazione (38%), caratterizzata dalla rappresentazione e simulazione del comportamento di sistemi complessi, come le molecole e i composti chimici nella scoperta di nuovi farmaci. Sono infine meno diffusi i problemi relativi al pattern recognition, classification e clustering (19%), che si svolgono all’interno di grandi dataset con lo scopo di alimentare modelli predittivi, come nel caso del riconoscimento di frodi.

I settori più attivi sono in questo momento il mondo bancario e assicurativo (con il 21% dei progetti), seguito da chimico-farmaceutico (20%), automobilistico (18%), energetico, utility e telco (12%), aerospaziale e difesa (11%), manifatturiero (9%), logistica e retail (5%).

Questi progetti sono collaborazioni con aziende dell’offerta e, spesso, enti pubblici di ricerca e università, in uno sforzo congiunto di sviluppo di soluzioni applicative da testare progressivamente sugli hardware disponibili oggi e in futuro. A livello italiano, 3 sono i progetti annunciati pubblicamente e oltre 20 quelli rilevati dall’Osservatorio.

La necessità di un ecosistema italiano che unisca ricerca pubblica e privata

Dunque, anche in Italia, le grandi imprese all’avanguardia hanno iniziato a sperimentare nel quantum computing, con il chiaro obiettivo di ritagliarsi un vantaggio competitivo in un mercato ritenuto critico per i prossimi anni. Si tratta però di una punta di diamante in un ecosistema ancora del tutto embrionale.

Secondo la rilevazione dell’Osservatorio, il 50% delle grandi imprese non conosce il Quantum Computing. Nell’avvicinarsi a una tecnologia così di frontiera, le imprese riscontrano una serie di sfide legate principalmente alla mancanza di competenze.

Sarà infatti necessario attingere a un nuovo capitale umano, che si occuperà di sviluppare l’hardware e il software, oltre che di gestire l’operatività delle tecnologie. Le università avranno un ruolo chiave in questa direzione e, nonostante il ritardo accumulato nell’attenzione governativa al tema, l’accademia italiana si è già mossa: sono stati individuati 8 master di primo e secondo livello in Italia che trattano il Quantum Computing.

Conclusioni

Esistono dunque iniziative all’avanguardia anche nel paese sia in ambito pubblico sia privato. Finora però è mancata una visione d’insieme. Lo scenario internazionale dimostra la necessità di un lavoro di ecosistema, che in altri paesi è già iniziato da anni. Investimenti e visione arrivano con un ritardo che impone ora di accelerare, in un paese come l’Italia che, proprio in questo campo, ha prodotto tanti talenti nell’ambito della fisica, dell’ingegneria, dell’informatica, che oggi ricoprono posizioni di rilievo all’estero: in USA, Asia e altri Stati europei.

Lavorare come ecosistema tra mondo pubblico e privato sarà fondamentale per non perdere un’opportunità di competitività per l’Italia. Sono diverse le direzioni strategiche:

  • Integrare i centri di ricerca pubblici esistenti all’interno di una rete collaborativa che valorizzi competenze eterogenee verso obiettivi comuni;
  • Avvicinare le aziende agli enti pubblici per accelerare l’industrializzazione di soluzioni, portando la ricerca scientifica a rispondere alle esigenze reali delle imprese;
  • Creare percorsi di formazione universitaria coerenti con le esigenze dell’industria e valorizzare i talenti creati a livello nazionale, disincentivando la fuga all’estero.

Il PNRR e la creazione del Centro Nazionale HPC, Big Data e Quantum Computing sono un primo passo decisivo per accelerare e ritagliare all’Italia un posto di rilievo in Europa e nel mondo nello sviluppo industriale del Quantum Computing.

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