La Legge 23 settembre 2025, n. 132 arriva in un momento cruciale per il panorama professionale italiano. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una proliferazione di strumenti di intelligenza artificiale sempre più sofisticati, spesso adottati dai colleghi senza una chiara consapevolezza delle implicazioni legali, etiche e deontologiche. Questa legge-delega non solo colma un vuoto normativo, ma stabilisce principi chiari che aiuteranno a navigare la trasformazione digitale con maggiore sicurezza. L’articolo 13, dedicato proprio ai professionisti, rappresenta il cuore pulsante della riforma per quanto riguarda il settore dei commercialisti.
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Un quadro normativo atteso da tempo
Sotto il profilo giuridico, va ricordato che la Legge n. 132/2025 ha natura di legge-delega: essa affida al Governo, entro dodici mesi dalla sua entrata in vigore, il compito di adottare uno o più decreti legislativi volti a disciplinare in modo organico l’impiego dell’intelligenza artificiale nei diversi settori economici e professionali.
Pertanto, il quadro regolatorio effettivo sarà completato solo con l’emanazione dei decreti attuativi, i quali dovranno coordinarsi con il Regolamento (UE) 2024/1689 e con il principio di prevalenza del diritto dell’Unione ai sensi dell’art. 117, comma 1, Cost.
La legge-delega si inserisce nel solco tracciato dal Regolamento europeo 2024/1689 (AI Act), ma con una specificità tutta italiana: l’attenzione particolare alle professioni intellettuali.
L’intelligenza artificiale come strumento, non come sostituto
La prima considerazione che emerge dalla lettura della norma riguarda il ruolo che l’AI può assumere nel lavoro quotidiano. Il legislatore è stato categorico: l’intelligenza artificiale deve rimanere uno strumento di supporto, mai il protagonista della prestazione professionale. Questo principio, lungi dall’essere una limitazione, rappresenta in realtà una tutela sia per i professionisti sia per i clienti.
Pensiamo alle attività che caratterizzano il lavoro quotidiano dei commercialisti: l’analisi di bilanci, la predisposizione di dichiarazioni fiscali, la consulenza strategica alle imprese, la pianificazione fiscale. In ognuna di queste attività, l’AI può certamente offrire supporto prezioso – dall’elaborazione rapida di grandi quantità di dati alla generazione di bozze di documenti, dalla ricerca di precedenti normativi all’analisi comparativa di scenari economici.
Tuttavia, la valutazione critica, l’interpretazione delle norme nel contesto specifico del cliente, la capacità di cogliere le sfumature di ogni situazione aziendale rimangono prerogative esclusivamente umane.
Questa distinzione non è solo filosofica, ma profondamente pratica. Chi di noi non ha mai dovuto spiegare a un cliente che due aziende apparentemente simili possono avere strategie fiscali completamente diverse a causa di dettagli che solo l’esperienza e l’intuito professionale sanno cogliere? L’AI può processare dati, ma non può comprendere le dinamiche familiari di un’azienda a conduzione familiare, le ambizioni imprenditoriali di un giovane startupper, o le preoccupazioni di un imprenditore prossimo alla pensione.
Sotto il profilo della responsabilità, la norma conferma che la titolarità e la paternità della prestazione restano integralmente in capo al professionista, anche quando egli si avvalga di strumenti di intelligenza artificiale.
Ne consegue che eventuali errori, omissioni o danni derivanti dall’utilizzo di tali strumenti non esonerano il professionista dalla responsabilità civile, disciplinare e, nei casi più gravi, penale, ai sensi degli artt. 1176 e 2236 c.c., nonché delle regole deontologiche di diligenza e competenza previste dal Codice deontologico dei dottori commercialisti ed esperti contabili.
La trasparenza come nuovo paradigma professionale
Il secondo aspetto rivoluzionario della legge riguarda l’obbligo di trasparenza verso i clienti. L’articolo 13, comma 2, stabilisce che i professionisti devono comunicare ai clienti, con linguaggio chiaro e comprensibile, l’eventuale utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale nello svolgimento delle prestazioni professionali.
Questa disposizione trasforma quello che fino a ieri era un aspetto tecnico-operativo interno allo studio in un elemento di dialogo diretto con il cliente. Non si tratta solo di rispettare un obbligo normativo, ma di elevare il livello della relazione professionale. Spiegare al cliente come viene utilizzata l’AI significa anche educare il mercato sull’evoluzione della professione, dimostrare la capacità di stare al passo con i tempi, e rafforzare la fiducia attraverso la trasparenza.
Il dovere di trasparenza non può prescindere dal rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali.
Laddove l’AI utilizzi dati dei clienti, il professionista deve garantire la conformità ai principi del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) e del D.Lgs. 196/2003, come modificato dal D.Lgs. 101/2018, con particolare riguardo ai profili di sicurezza, minimizzazione e limitazione delle finalità.
Sarà dunque necessario integrare l’informativa privacy e, ove occorra, aggiornare il registro dei trattamenti per documentare l’impiego di tecnologie basate su AI.
Il CNDCEC ha già predisposto una clausola contrattuale tipo che può aiutare il professionista in questo percorso. Tuttavia, ogni studio dovrebbe personalizzare questa comunicazione in base alla propria specifica organizzazione e ai tools utilizzati. La trasparenza autentica richiede specificità, non genericità.
Le implicazioni operative quotidiane
Traducendo questi principi nella pratica quotidiana, emergono diverse considerazioni operative che ogni commercialista dovrebbe valutare attentamente.
In primo luogo, la scelta degli strumenti di AI da utilizzare diventa strategica. Non tutti i sistemi sono uguali in termini di affidabilità, trasparenza degli algoritmi, protezione dei dati. Dobbiamo sviluppare competenze per valutare criticamente le soluzioni disponibili sul mercato, considerando non solo l’efficienza operativa ma anche la compliance normativa e la sicurezza dei dati dei clienti.
In secondo luogo, è necessario ripensare i processi di lavoro per integrare adeguati controlli di qualità. L’AI può generare errori, omissioni, o quello che tecnicamente viene chiamato “allucinazioni” – informazioni plausibili ma completamente inventate. La recente giurisprudenza dei Tribunali di Torino, Firenze e Latina ha già sanzionato professionisti che hanno utilizzato l’AI senza adeguata supervisione, producendo documenti con errori grossolani. Questo ci insegna che l’efficienza dell’AI deve sempre essere bilanciata con rigorosi protocolli di verifica umana.
Per altro, l’uso non controllato dell’AI potrebbe inoltre configurare violazione dei doveri deontologici, in particolare dell’obbligo di competenza tecnica e di vigilanza sull’operato dei collaboratori e dei sistemi impiegati.
Gli Ordini territoriali avranno la facoltà di avviare procedimenti disciplinari ai sensi dell’art. 56 del D.Lgs. 139/2005 qualora l’utilizzo improprio della tecnologia comprometta la correttezza o la qualità della prestazione.
Le opportunità di crescita professionale
Tuttavia, sarebbe miope vedere questa legge solo attraverso la lente degli obblighi e delle responsabilità. Le opportunità che si aprono sono significative e meritano di essere colte con determinazione.
L’articolo 24 della legge prevede che gli Ordini professionali promuovano percorsi di formazione specialistica sull’uso dell’intelligenza artificiale. Questo significa che avremo accesso a formazione qualificata, probabilmente finanziata o agevolata, per sviluppare competenze che oggi rappresentano un vantaggio competitivo e domani saranno probabilmente indispensabili.
La stessa norma apre alla possibilità di modulare i compensi professionali in base alle competenze digitali acquisite e ai rischi connessi all’utilizzo dell’AI. Per i commercialisti che investiranno in formazione e tecnologia, si prospetta la possibilità di giustificare tariffe più elevate, valorizzando le competenze specialistiche sviluppate.
In prospettiva, l’attuazione della legge potrà condurre all’istituzione di un sistema di certificazione delle competenze digitali dei professionisti, ai sensi dell’art. 26 della medesima legge e del D.Lgs. 13/2013.
Tale riconoscimento ufficiale consentirà di attestare la qualificazione professionale anche ai fini dell’accreditamento presso enti pubblici e privati, rafforzando il valore contrattuale e reputazionale del commercialista esperto in tecnologie digitali.
Inoltre, l’articolo 25, che disciplina la proprietà intellettuale delle opere generate da AI, apre scenari completamente nuovi per la consulenza specialistica. I commercialisti più preparati potrebbero sviluppare competenze in aree come la consulenza per la compliance AI nelle aziende, la gestione dei diritti di proprietà intellettuale su contenuti generati da algoritmi, la consulenza per l’implementazione di sistemi di AI in azienda nel rispetto delle normative vigenti.
I rischi da governare
Non possiamo tuttavia ignorare i rischi che questa trasformazione comporta. Il primo è quello della superficialità nell’adozione della tecnologia. L’AI non è una bacchetta magica che risolve automaticamente i problemi professionali. Richiede competenza, studio, comprensione profonda dei suoi meccanismi e dei suoi limiti.
Il secondo rischio riguarda la dipendenza tecnologica. Delegare troppo all’AI potrebbe portare a un impoverimento delle competenze professionali tradizionali. È fondamentale mantenere un equilibrio che permetta di sfruttare i vantaggi della tecnologia senza perdere le competenze core della professione.
Il terzo rischio è quello della standardizzazione eccessiva. L’AI tende a produrre soluzioni ottimizzate ma standard. Il valore aggiunto del commercialista sta proprio nella capacità di personalizzare le soluzioni, di pensare fuori dagli schemi, di trovare approcci innovativi per situazioni complesse. Dobbiamo assicurarci che l’efficienza dell’AI non sacrifichi la creatività professionale.
Un ulteriore profilo da considerare è quello del rischio reputazionale, che può derivare da errori generati dall’AI utilizzata nello svolgimento della prestazione. A tal fine, sarà opportuno che i professionisti verifichino la copertura delle proprie polizze di responsabilità civile professionale, accertando che esse comprendano anche i danni derivanti da uso improprio o da malfunzionamento dei sistemi di intelligenza artificiale.
Verso una nuova identità professionale
La legge 132 costringe a riflettere profondamente sull’identità professionale. Cosa significa essere commercialista nell’era dell’intelligenza artificiale? Quali competenze dobbiamo sviluppare per rimanere rilevanti e competitivi?
La risposta, a nostro avviso, sta nell’evoluzione verso l’alto della nostra professione. Se l’AI può gestire le attività routinarie – elaborazione dati, calcoli standard, ricerche documentali – dobbiamo specializzarci in ciò che la tecnologia non può fare: l’interpretazione strategica, la consulenza personalizzata, la capacità di visione d’insieme, la gestione delle relazioni umane complesse.
Il commercialista del futuro sarà sempre meno un elaboratore di dati e sempre più un consulente strategico, un interprete della complessità normativa ed economica, un facilitatore di decisioni aziendali importanti. L’AI diventerà il nostro assistente più efficiente, liberandoci per attività a maggior valore aggiunto.
L’impatto sui rapporti con i clienti
La trasparenza imposta dalla legge avrà anche un impatto significativo sui rapporti con i clienti. Dovremo educare il mercato sull’evoluzione della nostra professione, spiegare i vantaggi dell’utilizzo dell’AI (maggiore efficienza, riduzione degli errori meccanici, possibilità di analisi più approfondite), ma anche rassicurare sulla permanenza dell’elemento umano nelle decisioni strategiche.
Questo dialogo potrebbe inizialmente creare qualche resistenza, soprattutto da parte dei clienti più tradizionalisti. Tuttavia, ritengo che nel medio termine diventerà un elemento di differenziazione competitiva. I clienti più evoluti apprezzeranno la trasparenza e l’innovatività dell’approccio, mentre quelli più conservatori potranno essere rassicurati dalla nostra capacità di mantenere il controllo umano sui processi decisionali.
Considerazioni sulla formazione continua
La legge pone implicitamente il tema della formazione continua come elemento centrale per il futuro della professione. Non si tratta solo di imparare a usare nuovi software, ma di sviluppare una vera e propria competenza digitale che comprenda la comprensione dei principi di funzionamento dell’AI, la capacità di valutare criticamente i risultati prodotti, la conoscenza delle implicazioni legali ed etiche.
Sarà necessario investire tempo e risorse in formazione specialistica, partecipare a corsi, seminari, conferenze. Ma sarà anche importante sviluppare una mentalità di apprendimento continuo, perché l’evoluzione tecnologica non si fermerà con questa legge.
Conclusioni
La Legge 132/2025 rappresenta molto più di un semplice adeguamento normativo. È il riconoscimento istituzionale che la professione di commercialista sta attraversando una trasformazione epocale, che richiede nuove competenze, nuovi approcci, nuove responsabilità.
La legge-delega, nel delineare un sistema di regole per l’impiego dell’intelligenza artificiale, riafferma il principio di centralità del professionista quale garante di legalità, correttezza e responsabilità.
In tal senso, il commercialista del futuro sarà non solo interprete della complessità economica, ma anche presidio giuridico contro i rischi derivanti dall’automazione incontrollata dei processi decisionali.
Come professionisti, quindi, abbiamo la responsabilità di guidare questa trasformazione anziché subirla. Dobbiamo essere protagonisti attivi dell’evoluzione della nostra professione, investendo in formazione, sperimentando nuove tecnologie, sviluppando nuovi modelli di servizio.
La strada non sarà priva di sfide. Dovremo imparare a bilanciare efficienza e qualità, innovazione e tradizione, tecnologia e relazioni umane. Ma siamo convinti che i commercialisti che sapranno cogliere questa sfida usciranno rafforzati e più competitivi.
L’intelligenza artificiale non sostituirà i commercialisti. Ma i commercialisti che sanno utilizzare l’intelligenza artificiale sostituiranno quelli che non lo sanno fare. La Legge 132/2025 ci offre il quadro normativo per intraprendere questo percorso in sicurezza e con chiarezza di obiettivi.
Il futuro della professione inizia oggi. E inizia da come sapremo interpretare e applicare questa legge nella nostra pratica quotidiana.






