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Gender gap: solo il 37% delle donne usa strumenti di AI generativa contro il 50% degli uomini



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L’intelligenza artificiale può ampliare o ridurre il divario di genere: se basata su dati distorti rischia di perpetuare disuguaglianze, ma se sviluppata in modo inclusivo può promuovere pari opportunità. L’adozione squilibrata dell’AI penalizza le donne, riducendo accesso, competenze e ruoli chiave, mentre politiche e governance inclusive restano cruciali per un futuro equo

Pubblicato il 24 ott 2025

Laura Borlenghi

head of Corporate Communication di Italtel



intelligenza artificiale parità di genere

L’intelligenza artificiale può avere un doppio effetto sul divario di genere: da un lato rischia di peggiorarlo, perché spesso si basa su dati che riflettono pregiudizi già esistenti, con il rischio di perpetuarli. Dall’altro lato, se sviluppata e usata responsabilmente, l’AI può diventare uno strumento potente per identificare e correggere queste disuguaglianze, e per dare alle donne nuove opportunità per percorsi professionali soddisfacenti e remunerativi.

In ambito aziendale, l’impatto è rilevante: l’adozione non inclusiva dell’AI rischia di generare effetti a catena sulle persone, sull’accesso alle competenze e, di conseguenza, sulla capacità di innovazione delle imprese.

Il rischio di un’adozione squilibrata dell’AI

L’intelligenza artificiale generativa ha il potenziale di aumentare la produttività e stimolare crescita e innovazione economica. Tuttavia, un problema importante è che l’adozione di queste tecnologie rischia di aumentare le disuguaglianze, se non procede in modo omogeneo tra i gruppi demografici.

Studi recenti rivelano che solo il 37% delle donne ha usato strumenti di AI generativa negli ultimi dodici mesi, contro il 50% degli uomini. Questo divario non sembra essere legato tanto a fattori socioeconomici, ma a una minore conoscenza della tecnologia e, in parte, a una maggiore attenzione delle donne verso i temi della privacy e della sicurezza dei dati.

Le conseguenze della minore adozione dell’AI sono un circolo vizioso in cui a perderci sono solo le donne: si riducono le opportunità di accedere a lavori più richiesti e retribuiti e la sottorappresentazione femminile nell’uso dell’AI generativa porterebbe a sistemi addestrati su dati che campionano in modo inadeguato le preferenze e le esigenze delle donne, ampliando in ultima analisi le disparità di genere esistenti nell’adozione della tecnologia e nelle opportunità economiche.

Algoritmi e bias, impatti sulle persone

I sistemi di AI riflettono spesso bias derivanti da dataset costruiti con una prospettiva prevalentemente maschile, che porta a risultati non equilibrati dal punto di vista del genere. Uno studio condotto dal Berkley Hass Center for Equity, Gender and Leadership su 133 sistemi AI ha evidenziato che quasi la metà mostra discriminazioni di genere, e un quarto ha bias sia di genere sia razziali. Questo ha impatti tangibili nel mondo del lavoro: dai sistemi di selezione e valutazione HR, agli algoritmi usati in ambito finanziario per la concessione dei prestiti al settore sanitario, dove per decenni i test medici per farmaci o apparecchiature sono stati condotti prevalentemente su uomini, cosa che ha portato a dati sbilanciati e a rischi concreti per la salute delle donne. Oggi si parla infatti di medicina di genere e sono nate associazioni guidate da primarie e professioniste della Sanità che lavorano per rivendicare uguali opportunità di affermazione professionale.

Solo il 22% di chi lavora nello sviluppo dell’AI a livello globale è donna, una percentuale che scende a meno del 15% ai livelli dirigenziali senior. Questa grave sottorappresentanza riflette e potenzialmente aggrava i pregiudizi sociali esistenti relativi al genere nei sistemi di AI. Più in generale, nel mondo accademico e della ricerca scientifica, le donne rappresentano solo il 20% dei ruoli di vertice. Aumentare la presenza femminile nello sviluppo di queste tecnologie è una strada necessaria per garantire che l’innovazione tecnologica sia davvero inclusiva.

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Le aziende di fronte al gender gap tecnologico

L’impatto delle tecnologie di AI sul mondo del lavoro potrà essere diverso a seconda dei profili e dei settori, ma certamente lascerà il segno, potenziando quei ruoli in cui le skill di AI sono necessarie, rivoluzionando quelli che l’AI tenderà a rendere obsoleti o a sostituire, isolando ruoli che hanno scarso o nullo utilizzo di competenze specifiche.

Secondo la ricerca del World Economic Forum Gender Parity in the Intelligent Age 2025, realizzata in collaborazione con Linkedin, saranno più le donne che gli uomini a svolgere lavori che subiranno un impatto negativo dalla AI generativa (57% contro 43%). Solo il 46% delle donne vedrà il proprio lavoro potenziato dalla AI contro il 54% degli uomini.

Randstad nel suo rapporto Workmonitor 2025 rileva che l’AI è indicata tra le prime tre priorità per quanto riguarda le competenze chiave per il 40% dei giovani talenti a livello globale, in aumento rispetto al 29% dell’anno precedente. Tuttavia, sono gli uomini i più propensi indicare queste competenze mentre le donne sembrano essere più caute verso nell’uso dell’AI anche se i segnali di cambiamento non mancano: se nel 2018 solo il 23,5% di coloro che hanno elencato le competenze di ingegneria dell’AI nei loro profili erano donne, nel 2025, questa percentuale è salita al 29,4%.

Donne e AI, un’occasione da non perdere

Sebbene la presenza delle donne nei settori tecnologici sia cresciuta negli ultimi decenni, oggi le donne rappresentano meno di un terzo della forza lavoro tecnologica, e molte di loro abbandonano la carriera in questi ambiti dopo pochi anni. La presenza femminile diminuisce man mano che si sale nella gerarchia, con solo il 12% delle donne STEM che arriva a ruoli dirigenziali di alto livello.

Le donne sono sottorappresentate nei ruoli STEM in tutti i settori, in particolare nelle tecnologie ICT e nei servizi professionali, dove gli uomini hanno il doppio delle probabilità rispetto alle donne di ricoprire ruoli STEM.

Il rapido progresso dell’AI generativa potrebbe rappresentare un punto di svolta, poiché la scarsità di talenti nel campo dell’AI potrebbe spingere le imprese ad ampliare il proprio bacino di talenti includendo anche le donne.

Un maggior numero di donne attive nel team e dedicate allo sviluppo dell’AI può contribuire ad amplificare la partecipazione delle donne ai processi decisionali, a eliminare i pregiudizi dagli algoritmi e garantire che prospettive diverse siano integrate nello sviluppo dell’AI. Le aziende che non riusciranno a integrare la parità di genere nella strategia di AI perderanno metà del talento disponibile, riducendo la loro capacità di innovazione e competitività a lungo termine.

Le scelte della politica

Per i responsabili politici, l’AI può essere adottata come motore della trasformazione della forza lavoro, del dinamismo economico e dell’integrazione sociale, garantendo che le economie guidate dall’AI non solo progrediscano, ma lo facciano creando valore.

Servono quindi approcci di governance sensibili alle questioni di genere per un’AI responsabile e politiche che integrino principi di uguaglianza e non discriminazione. Organizzazioni come il Consiglio d’Europa stanno lavorando proprio in questa direzione, come ha spiegato il segretario generale Alain Berset in occasione della Giornata internazionale della donna 2025: “La rivoluzione digitale e dell’AI deve essere anche una rivoluzione per la parità di genere. Insieme possiamo abbattere le barriere per costruire un futuro in cui le donne e le ragazze guidino, innovino e facciano progredire il mondo digitale”.


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