La Generative AI ha preso d’assalto il mondo degli affari. Oggi è in grado di ridefinire le modalità con cui le aziende interagiscono con i clienti, supportano i dipendenti e, a breve, scalano le proprie operazioni. Nel servizio clienti, in particolare, i primi adottanti ne stanno già sperimentando i vantaggi, uscendo dalla fase pilota e avviando implementazioni su larga scala. Secondo le previsioni, entro il 2028 la GenAI porterà una trasformazione radicale nei contact center.
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La GenAI nella customer experience
Eppure, nonostante questa accelerazione, il dibattito resta polarizzato. Da un lato c’è chi la esalta come una svolta epocale per l’efficienza e l’automazione end-to-end. Dall’altro, si teme che impoverisca il lavoro umano e abbassi la qualità del servizio. Queste narrazioni rischiano di disorientare i decisori. Proprio per questo, il white paper “Cutting through the noise: Early lessons from deploying GenAI to transform customer
experience”, di Konecta e BCG, si propone di “tagliare il rumore” e fare chiarezza sugli impatti effettivi della GenAI, a partire dall’analisi di dati concreti e testimonianze dirette di 400 agenti Konecta in America Latina e nella penisola iberica.
Mito n.1: la GenAI serve solo a ridurre i costi
Molte organizzazioni guardano alla GenAI come a uno strumento per ottimizzare l’efficienza operativa, riducendo tempi di gestione e costi per interazione. Una visione in parte confermata dai dati: BCG evidenzia incrementi di produttività tra il 15% e il 30% nelle prime adozioni. Microsoft riporta un calo del 16% nel tempo medio di gestione delle chat grazie a Copilot, mentre uno studio Stanford-MIT mostra un +14% di produttività tra gli agenti assistiti da GenAI.
Ma c’è di più. Limitarsi a una logica di risparmio rischia di oscurare benefici ben più ampi: migliore ingaggio dei clienti, empowerment degli agenti, incremento dei risultati commerciali. Lo dimostra il caso di una compagnia assicurativa europea: dopo sei settimane di utilizzo di un motore di insight GenAI sviluppato con Konecta e BCG, il tasso di conversione degli agenti è aumentato del 40% rispetto al baseline e del 12% rispetto a un gruppo di controllo.
La chiave? Affiancare alla tecnologia interventi mirati su comportamento e formazione degli agenti. Tecniche di comunicazione empatica, raccolta dati efficiente, chiusura proattiva e gestione delle obiezioni sono potenziate dalla GenAI solo se integrate con coaching e feedback strutturato. Il risultato non è solo velocità, ma qualità relazionale e performance commerciale misurabile.
Mito n.2: la GenAI peggiora la soddisfazione lavorativa degli operatori
Una delle paure più diffuse è che la GenAI riduca il ruolo umano a un semplice monitoraggio, portando all’alienazione degli operatori. Timori alimentati da narrazioni mediatiche su perdita di autonomia e pressioni crescenti. Eppure, i dati raccontano altro: se ben implementata, la GenAI può essere un alleato degli operatori, non una minaccia.
Secondo il Center for Customer Insight di BCG, il 70% dei dipendenti si dichiara entusiasta dell’uso della GenAI sul lavoro. Non solo per l’efficienza, ma per l’opportunità di apprendere e liberarsi da compiti ripetitivi. Casi come IBM e Best Buy mostrano che l’adozione di strumenti GenAI riduce il carico amministrativo e migliora la qualità del servizio. Gli agenti possono così concentrarsi su ciò che sanno fare meglio: risolvere problemi complessi, mostrare empatia, costruire relazioni.
Anche i dati Konecta lo confermano: il 95% degli operatori trova utili le soluzioni di trascrizione e ortografia automatica; l’82% apprezza gli strumenti di coaching basati su analisi conversazionali. Anche i copiloti più avanzati, pur essendo ancora in fase iniziale, sono considerati positivi dal 58% degli operatori.
Mito n.3: la GenAI compromette l’esperienza dei clienti
Molti ritengono che i clienti “non amino parlare con le macchine”. È un’eredità dei sistemi IVR e chatbot di prima generazione, spesso frustranti. Ma non è l’AI il problema: è il cattivo servizio.
La GenAI, se ben progettata, può offrire interazioni più rapide, rilevanti e personalizzate. Lo dimostra una crescita del CSAT (Customer Satisfaction Score) dal 81% all’85% dopo l’introduzione di suggerimenti comportamentali in tempo reale. E l’NPS (Net Promoter Score) ha registrato +4 punti percentuali anche nei casi con interazioni autonome.
La vera differenza sta nel “come” si implementa: scelte d’uso mirate, possibilità di escalation umana, progettazione empatica. Il cliente non rifiuta l’AI: rifiuta di non sentirsi ascoltato.

Mito n.4: basta l’algoritmo giusto per avere successo
La GenAI non è una soluzione plug-and-play. A contare non è solo la potenza del modello, ma il contesto in cui è integrato. Secondo BCG, solo il 10% del successo dipende dagli algoritmi, un altro 20% da dati e infrastrutture. Il restante 70% è determinato da persone, processi e change management.
I casi di successo di Konecta lo dimostrano: i team di implementazione sono composti in gran parte da figure non tecniche come “engagement manager” o “campaign navigator”, fondamentali per tradurre la tecnologia in risultati concreti.
Mito n.5: la GenAI sostituirà l’interazione umana
Il futuro non è “umano contro AI”, ma “umano con AI”. La GenAI eccelle nell’automatizzare attività ripetitive, lasciando agli agenti il compito di risolvere problemi complessi, trasmettere empatia, costruire fiducia.
Solo il 7% dei dirigenti, secondo l’AI Radar 2025 di BCG, prevede una riduzione del personale dovuta alla GenAI. La maggioranza vede invece un’opportunità di evoluzione dei ruoli, in un modello a tre livelli:
- insight (analisi delle interazioni),
- augmentation (supporto in tempo reale agli agenti)
- autonomy (automatizzazione di task semplici).
La sfida è orchestrare in modo intelligente la collaborazione tra agenti umani e digitali, creando un’esperienza fluida, empatica e scalabile.

Conclusioni: la vera trasformazione è nelle persone
La GenAI non è solo uno strumento di automazione: è un abilitatore di trasformazione. I leader che sapranno andare oltre i miti e adottare un approccio integrato – tecnico e umano – saranno quelli in grado di:
- Sbloccare valore commerciale, non solo risparmi;
- Aumentare la soddisfazione e le competenze degli agenti;
- Migliorare l’esperienza cliente, rendendola più veloce, empatica e coerente;
- Integrare tecnologia e change management in modo efficace;
- Costruire modelli ibridi in cui l’AI amplifica, non sostituisce, il talento umano.
In breve, l’opportunità GenAI non riguarda la sola autonomia basata sull’AI – riguarda la trasformazione del business abilitata dalla GenAI. Chi saprà metterla al servizio delle persone, e non il contrario, sarà pronto a raccogliere i frutti di un cambiamento profondo.