L’accelerazione della ricerca sull’AI generativa, soprattutto dopo il successo di ChatGPT, ha scatenato una corsa senza precedenti per assicurarsi i migliori talenti. Non si tratta più di attrarre semplici sviluppatori, ma di accaparrarsi figure di vertice che, con il loro know-how, possono cambiare gli equilibri tecnologici di intere aziende. Il fenomeno è esploso nel momento in cui l’intelligenza artificiale è diventata il cuore delle strategie di lungo periodo di ogni big tech, dalla ricerca di sistemi di Artificial General Intelligence (AGI) ai servizi consumer basati su modelli linguistici avanzati. In questo scenario, il mercato del lavoro per l’AI è diventato una vera arena, con offerte milionarie, acquisizioni lampo e manovre di poaching sempre più aggressive.
Indice degli argomenti:
Meta e il reclutamento dei “mercenari” dell’AI
Il caso più eclatante è quello di Meta, che sta cercando di costruire una divisione interamente dedicata alla cosiddetta superintelligence. Secondo fonti autorevoli, Mark Zuckerberg avrebbe approvato una strategia di reclutamento che prevede pacchetti di ingresso da oltre 100 milioni di dollari per i profili più ambiti. Questo approccio ha suscitato la reazione di Sam Altman, CEO di OpenAI, che ha accusato Meta di incoraggiare una cultura “mercenaria”, spingendo i talenti a spostarsi solo in base alle offerte economiche più alte. Nonostante le polemiche, Meta continua ad attrarre figure chiave non solo da OpenAI, ma anche da altre aziende del settore, con l’obiettivo di diventare una delle prime realtà a raggiungere l’AGI.
L’acquisizione di una quota rilevante di Scale AI, una delle principali piattaforme di data labeling, è un chiaro segnale della volontà di Zuckerberg di rafforzare ogni anello della catena produttiva dell’intelligenza artificiale, a partire dall’accesso ai dati.
L’azienda ha anche speso 650 milioni di dollari per integrare il team e la tecnologia della startup Inflection AI, consolidando così una posizione di leadership nella corsa ai modelli linguistici avanzati. Questa serie di mosse ha messo sotto pressione Google, che pur vantando ancora Gemini come piattaforma di riferimento, ha registrato un rallentamento rispetto al ritmo di crescita di ChatGPT, che oggi conta circa 600 milioni di utenti mensili, contro i 400 milioni di Gemini. 
Microsoft e l’assalto a Google DeepMind
Anche Microsoft si è mossa in maniera aggressiva, soprattutto contro Google, e in particolare contro la sua divisione DeepMind. Negli ultimi sei mesi, la società di Redmond ha reclutato almeno venti tra ingegneri, manager e figure tecniche di altissimo profilo dalla squadra di Demis Hassabis (nella foto). Uno dei nomi più noti è quello di Amar Subramanya, ex responsabile del progetto Gemini, che ha scelto Microsoft dopo anni di lavoro a Mountain View. Questi trasferimenti non sono casuali, ma rappresentano una precisa strategia coordinata da Mustafa Suleyman, co-fondatore di DeepMind, oggi a capo della strategia AI consumer di Microsoft.
OpenAI tra cultura aziendale e sfide interne
OpenAI, dal canto suo, sta cercando di contrastare l’esodo di talenti puntando su una cultura aziendale fondata sulla missione piuttosto che sul denaro. Sam Altman ha più volte dichiarato che lo sviluppo dell’AI non può essere guidato solo dai bonus milionari, ma deve mantenere una visione orientata alla sicurezza e all’impatto sociale. Nonostante ciò, OpenAI ha dovuto fronteggiare una forte concorrenza interna al settore, non solo da Meta e Microsoft, ma anche da realtà emergenti come Anthropic, che grazie a investimenti record è diventata uno degli attori più temuti.
La sfida per OpenAI è duplice: mantenere il vantaggio tecnologico di ChatGPT, che continua a dominare il mercato dei chatbot, e al tempo stesso garantire un ambiente di lavoro in grado di trattenere i ricercatori migliori senza cadere nella spirale salariale.
L’effetto domino sui salari e sul mercato del lavoro
Uno degli effetti più immediati di questa guerra dei talenti è l’esplosione dei salari. Negli Stati Uniti, le figure senior nel campo dell’intelligenza artificiale possono oggi superare i 2 milioni di dollari l’anno, senza contare i pacchetti azionari e i bonus di ingresso. Alcuni ingegneri di primo livello hanno ricevuto offerte così elevate da essere paragonati a veri e propri superatleti tecnologici, con una dinamica di mercato simile a quella delle stelle della NBA o della Premier League.
Questa inflazione salariale rischia però di penalizzare le start-up, che non possono competere con le cifre offerte dalle big tech e si trovano costrette a cedere i propri talenti ai colossi del settore. Il rischio a lungo termine è la creazione di un oligopolio dell’AI, con poche aziende in grado di controllare ricerca, sviluppo e applicazioni.
Le prospettive e i rischi futuri
La corsa verso l’AGI non mostra segni di rallentamento, ma solleva numerosi interrogativi. Da un lato, la concentrazione di competenze in poche aziende accelera i progressi tecnologici e aumenta la qualità dei prodotti disponibili sul mercato. Dall’altro, cresce la preoccupazione per l’equilibrio del settore, sia in termini di competitività che di etica. Alcuni esperti temono che questa dinamica possa ridurre lo spazio per la ricerca indipendente e limitare la trasparenza scientifica, rendendo più difficile monitorare i potenziali rischi legati all’uso improprio dell’intelligenza artificiale.
La competizione tra Meta, Microsoft e OpenAI rappresenta dunque una sfida non solo tecnologica ma anche politica ed economica, con implicazioni che si estendono alla sicurezza globale e al futuro del lavoro.






