Boston Consulting Group (BCG) è una delle principali società di consulenza strategica a livello globale – fondata a Boston nel 1963, opera in oltre 50 Paesi con più di 30.000 professionisti ed è considerata un punto di riferimento per le trasformazioni industriali e digitali – negli ultimi anni ha dedicato particolare attenzione all’impatto dell’intelligenza artificiale nei settori ad alta complessità, tra cui quello energy e utilities, dove la transizione energetica richiede innovazione rapida e scalabile.
Lo studio “A New AI Playbook for Renewable Energy Companies” rappresenta uno dei più ampi lavori condotti sul tema, con l’analisi di oltre 350 progetti di adozione dell’AI. L’obiettivo è individuare i motivi per cui molte iniziative non hanno prodotto i risultati attesi e proporre un framework per trasformare i piloti in valore industriale.
Indice degli argomenti:
Aspettative disattese: tra hype e risultati mancati
Quasi il 60% dei dirigenti del settore si aspettava benefici concreti dall’AI entro il primo anno di implementazione, ma più del 70% si dichiara insoddisfatto dei progressi. Questo divario nasce da un approccio frammentato, dove prevalgono proof of concept e sperimentazioni isolate, senza un disegno strategico complessivo.
La conseguenza è la diffusione di un “caos creativo”, in cui proliferano iniziative non coordinate che assorbono risorse senza generare ritorni. Il problema non è la tecnologia in sé, bensì la difficoltà a integrarla nei processi core, con metriche economiche e organizzative chiare.
Il potenziale reale dell’AI nel settore energy
Secondo le stime di BCG, l’AI può aumentare l’efficienza operativa tra il 15% e il 25%, migliorare la disponibilità di energia rinnovabile di 2-3 punti percentuali e generare ROI significativi in meno di cinque anni. Questi risultati derivano dall’uso dell’intelligenza artificiale in tre ambiti principali.

Il primo riguarda la riduzione dei costi, grazie a manutenzione predittiva su turbine e impianti solari, ottimizzazione della supply chain e automazione dei processi. Il secondo consiste nell’incremento dei ricavi, ottenuto tramite ottimizzazione dei flussi energetici, trading avanzato e integrazione di piattaforme di virtual power plant. Il terzo è legato al miglioramento della produttività interna, con l’automazione di funzioni in operations, amministrazione e HR.
Barriere strutturali e digital gap
Il potenziale rimane in gran parte inespresso a causa di limiti infrastrutturali e organizzativi. Molti impianti non dispongono di sistemi digitali capaci di produrre dati di qualità in tempo reale, requisito essenziale per addestrare modelli predittivi. La mancanza di interoperabilità tra sistemi OT e IT rende difficile integrare le soluzioni su larga scala.
Inoltre, il settore soffre di una forte frammentazione tra produttori, operatori di rete e autorità regolatorie, con dati incoerenti e regole di governance divergenti. A questi ostacoli si aggiungono problemi normativi, restrizioni sui dati sensibili e un gap di competenze che separa gli esperti di energia dagli specialisti AI, impedendo una collaborazione efficace.
Dal pilota al valore: la progettazione rigorosa
BCG sottolinea che le aziende devono abbandonare la logica della sperimentazione fine a sé stessa e progettare ogni iniziativa con un business case chiaro. Significa stimare fin da subito i ritorni economici, i benefici in termini di efficienza e il livello di adozione interna.
La misurazione deve essere continua, attraverso benchmark e controlli statistici che validino l’efficacia dei modelli. Solo così è possibile decidere con rapidità se un progetto va scalato, iterato o abbandonato. La progettazione rigorosa non limita l’innovazione, ma la indirizza verso risultati concreti e misurabili.
Impatto e fattibilità: i criteri di selezione dei casi d’uso
Non tutti i casi d’uso hanno lo stesso potenziale. Le aziende più efficaci sono quelle che selezionano applicazioni in grado di combinare alto impatto e fattibilità tecnica e organizzativa. I progetti prioritari sono quelli che si allineano agli obiettivi strategici, come la resilienza delle reti, la decarbonizzazione o la riduzione del LCOE.
La fattibilità dipende dalla qualità dei dati disponibili, dalla compatibilità delle infrastrutture esistenti e dalla capacità organizzativa di gestire il cambiamento. Le soluzioni trasferibili tra più impianti riducono duplicazioni e accelerano il ritorno sugli investimenti, trasformando l’AI da iniziativa locale a asset aziendale.
La regola del 70/20/10: il peso della trasformazione organizzativa
Il successo dell’AI dipende per il 70% da fattori organizzativi, per il 20% da dati e tecnologia e solo per il 10% dalla qualità degli algoritmi. Questo significa che senza un coinvolgimento dei team operativi, una sponsorship forte della leadership e lo sviluppo di nuove competenze, anche i modelli più avanzati non generano impatto reale.
BCG suggerisce la creazione di un AI change management office, che coordini roadmap, rimuova ostacoli interfunzionali e monitori i progressi. Il coinvolgimento attivo degli operatori, tramite co-design e shadowing, è fondamentale per adattare le soluzioni alle esigenze quotidiane e favorire un’adozione diffusa.
Data readiness e MLOps per la scalabilità
La transizione dall’idea alla produzione richiede un’infrastruttura dati robusta. Pipeline affidabili tra sensori, SCADA e piattaforme cloud garantiscono qualità e disponibilità dei dati, mentre la governance definisce proprietà, accessi e regole di sicurezza.
Le pratiche di MLOps permettono di gestire versioni, monitorare le prestazioni, rilevare drift e controllare i rilasci in produzione. L’integrazione con sistemi OT assicura latenza ridotta, mentre l’elaborazione edge mantiene operatività anche in scenari di connettività limitata. Solo unendo disciplina dati e governance tecnologica l’AI può diventare scalabile.
Compliance, fiducia e AI responsabile
Nel settore energy, fortemente regolato, i modelli devono essere tracciabili, spiegabili e auditabili. L’adozione di sistemi che integrano spiegazioni locali e registri delle decisioni aumenta la fiducia degli operatori e facilita la conformità normativa.
La sicurezza è altrettanto cruciale: protezione contro attacchi avversari, controlli sulla supply chain software e verifiche periodiche di compliance sono strumenti essenziali per mantenere affidabilità e integrità dei modelli. L’AI deve essere sviluppata non solo per massimizzare prestazioni, ma anche per rispettare standard etici e di governance.
Roadmap ed execution: dal pilota al prodotto
Il percorso di maturità parte da progetti circoscritti con obiettivi concreti, in cui testare impatti reali. Una volta validate le soluzioni, è necessario verificarne la portabilità in contesti diversi, per poi introdurle in produzione con SLA definiti e processi di miglioramento continuo.
La formazione degli operatori è parte integrante della roadmap: senza competenze adeguate, i modelli rischiano di restare strumenti estranei al lavoro quotidiano. La combinazione di strumenti tecnologici, governance e upskilling rende l’AI parte integrante delle operations.
Conclusioni: l’AI come componente nativa della transizione energetica
Per raggiungere gli obiettivi climatici del 2030, il settore deve triplicare la capacità installata in un contesto di supply chain fragili e costi crescenti. L’intelligenza artificiale può essere la leva decisiva per migliorare efficienza, disponibilità e ritorni economici. Tuttavia, serve una trasformazione profonda che vada oltre gli esperimenti isolati.
Solo unendo approccio organizzativo, disciplina dati e selezione rigorosa dei casi d’uso sarà possibile colmare il divario tra promesse e risultati. L’AI non deve essere trattata come un’aggiunta estemporanea, ma come una componente nativa della strategia operativa e della trasformazione energetica.
Fonti
- BCG Energy Insights
- Boston Consulting Group – A New AI Playbook for Renewable Energy Companies





