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L’onda dei tagli dei posti di lavoro nelle Big Tech: perché non c’è da preoccuparsi



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L’ultima notizia in ordine di tempo riguarda Amazon, che ha annunciato la riduzione di 14mila posizioni aziendali nel suo organico “corporate”, una mossa che riflette la spinta verso l’intelligenza artificiale come volano d’innovazione. Questo caso si inserisce in un contesto globale in cui numerose grandi aziende tecnologiche stanno rivisitando i propri piani occupazionali alla luce dell’automazione e dell’AI. Un recente studio, però, smonta le previsioni pessimistiche

Pubblicato il 28 ott 2025



intelligenza artificiale lavoro Amazon

Amazon ha dichiarato che intende ridurre di circa 14mila posti di lavoro il suo organico “corporate” (ovvero ruoli amministrativi, dirigenziali, vendita e funzioni centrali) con l’obiettivo di abbattere la burocrazia, eliminare strati organizzativi intermedi e concentrare gli investimenti nella strategia legata all’intelligenza artificiale.
È il secondo taglio più ampio nella storia recente del gruppo dopo quello del 2022, quando furono licenziati 22mila dipendenti. (Fonte: Reuters)
Alla data del 31 ottobre 2024, Amazon contava quasi 1,2 milioni di dipendenti totali, dei quali oltre 360mila nel comparto corporate.

Make Amazon Great Again

In un memo interno, Beth Galetti, vicepresidente senior per People experience e tecnologia, ha spiegato che la decisione mira a “rendere l’azienda ancora più forte”, riallocando risorse verso i “big bets” strategici, vale a dire le aree con potenziale di crescita a lungo termine. Ha riconosciuto che la scelta potrà suscitare domande, soprattutto in un momento in cui i risultati finanziari appaiono solidi, ma ha difeso il taglio come una scelta necessaria in un mondo che “cambia rapidamente”.

Galetti osserva che l’attuale generazione di tecnologie AI è la trasformazione maggiore dai tempi di Internet, consentendo alle aziende di innovare molto più rapidamente. Per questo motivo serve una struttura più snella, con meno livelli gerarchici e maggiore “ownership”, per procedere con agilità nei confronti di clienti e business.


Investimenti e struttura: l’AI come fulcro strategico

I licenziamenti arrivano proprio quando Amazon sta incrementando notevolmente i suoi investimenti in infrastrutture tecnologiche per sostenere servizi basati sull’intelligenza artificiale. Nel primo semestre del suo anno fiscale corrente, ha speso 55,6 miliardi di dollari nelle sue infrastrutture tech, in gran parte per supportare la crescita di Amazon Web Services (AWS).

Nel secondo trimestre, i ricavi totali sono saliti del 13% anno su anno, raggiungendo 167,7 miliardi di dollari, con AWS che ha contribuito per circa il 18%. (Fonte: PBS)

Il CEO Andy Jassy aveva già anticipato in giugno che, man mano che l’azienda adotterà agenti generativi e strumenti AI, alcune funzioni tradizionali corporate diventeranno obsolete e che serviranno meno persone per quei compiti, a fronte di nuove mansioni nelle aree emergenti. Ha ammesso che è difficile prevedere la contabilità netta, ma che nei prossimi anni la forza lavoro corporate totale è destinata a ridursi grazie ai guadagni di efficienza derivanti dall’adozione massiccia di AI. (Fonte: Reuters)

Sempre secondo fonte Reuters, Amazon starebbe considerando un taglio fino a 30mila posizioni in vari reparti (risorse umane, dispositivi & servizi, operazioni) per rafforzare la razionalizzazione interna.


Gestione dei dipendenti: supporto e prospettive

Amazon ha affermato che offrirà ai dipendenti colpiti 90 giorni per cercare un nuovo ruolo interno. I recruiter interni verranno indirizzati a dare priorità ai candidati interni per le nuove opportunità aziendali. Coloro che non riusciranno a essere ricollocati riceveranno un pacchetto di buonuscita (severance), supporto outplacement e benefici di copertura sanitaria per un periodo.

Galetti ha anticipato che nel corso del 2026 l’azienda continuerà a “rimuovere strati organizzativi” e “realizzare guadagni di efficienza”, pur continuando in parallelo ad assumere nelle aree chiave che Amazon considera strategiche.


Contesto globale: altri tagli legati all’AI nel settore tech

Il caso Amazon non è isolato: in diversi casi nel 2025, grandi aziende tech hanno annunciato licenziamenti, riflettendo una ridefinizione del lavoro in settori dove l’automazione e l’AI gestiscono compiti finora svolti da esseri umani. Ecco alcuni esempi recenti:

  • Meta: la divisione Meta Superintelligence Labs (MSL) ha licenziato circa 600 persone, nel contesto di una riorganizzazione per team più snelli con maggiore responsabilità individuale. (Fonte: Business Insider)
  • Microsoft: nel maggio 2025 ha tagliato circa 6.000 dipendenti (circa il 3% della forza globale), con impatti su ruoli manageriali e divisioni come Xbox e LinkedIn. Il motivo ufficiale include la necessità di snellire e riallocare risorse verso l’AI.
  • Scale AI: la società specializzata in etichettatura dati per modelli AI ha eliminato il 14% del suo staff (circa 200 persone) e 500 contratti, citando una crescita troppo rapida e inefficienze interne.
  • Handshake: startup che opera nel matching universitari-aziende ha licenziato 96 dipendenti per concentrarsi in una nuova iniziativa “Handshake AI”.
  • Smartsheet, Paycom, Applied Materials, e altre aziende figurano nei tracker di licenziamenti tech del 2025, con motivazioni legate all’automazione o al riassetto dell’engine tecnologico.

Questi casi suggeriscono che l’adozione dell’intelligenza artificiale non è solo un investimento tecnologico, ma sta ridefinendo i modelli occupazionali nelle grandi imprese digitali.


Una mappa dei grandi licenziamenti legati all’AI

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La mappa visiva sopra illustra come gli Stati Uniti siano al centro di questi fenomeni (sia per la concentrazione geografica delle Big Tech, sia per la trasparenza delle comunicazioni). Nel grafico compaiono anche altri paesi (Germania, Corea del Sud, Cina).

Questa tendenza geografica riflette il fatto che le aziende che guidano l’innovazione sull’AI sono spesso con base negli Stati Uniti, ma le ripercussioni occupazionali si estendono attraverso le loro filiali internazionali.


Implicazioni e sfide: il futuro del lavoro e dell’equilibrio sociale

I licenziamenti orchestrati da Amazon ed altri giganti del digitale aprono una serie di interrogativi profondi sul futuro del lavoro:

  • Qual è l’equilibrio tra efficienza e rischio occupazionale?
    Le aziende affermano che ridurre costi e burocrazia consente di reagire più velocemente ai cambiamenti del mercato. Tuttavia, la compressione della forza lavoro rende più fragile la stabilità sociale e genera disoccupazione tecnologica.
  • Chi si occupa della riqualificazione e del ricollocamento?
    A fronte di tali cambiamenti, aumentano le richieste di programmi pubblici e privati per la formazione e la transizione lavorativa, in particolare per ruoli che diventano obsoleti o parzialmente sostituibili da algoritmi.
  • Un lavoro ibrido uomo-macchina
    L’obiettivo ideale (nella narrativa delle aziende) è che l’AI integri e amplifichi le capacità umane, piuttosto che sostituirle del tutto. Tuttavia molte mansioni strutturate e ripetitive risultano vulnerabili all’automazione.
  • Regolazione e tutele normative
    Con tagli di migliaia di posti lavoro in nome dell’efficienza tecnologica, si pone la questione di come i governi regolino la disoccupazione tecnologica, il reddito di transizione e i diritti dei lavoratori in settori digitalizzati.
  • Disparità tra aree geografiche
    Le ripercussioni possono essere più gravi in paesi dove il mercato del lavoro è meno flessibile o i sistemi di welfare meno robusti. Mentre le grandi aziende globali traggono vantaggi da economie di scala, le comunità locali rischiano di essere lasciate alle spalle.

Come l’intelligenza artificiale ha influenzato il mercato del lavoro

Lo studio “Evaluating the Impact of AI on the Labor Market: Current State of Affairs” – the budget lab, ottobre 2025 – mostra come, da quando l’intelligenza artificiale generativa è stata introdotta per la prima volta quasi tre anni fa, i sondaggi mostrino un’ampia preoccupazione pubblica riguardo al suo potenziale di causare perdite di posti di lavoro. Sebbene sia impossibile prevedere con precisione il futuro, è possibile analizzare come l’occupazione negli Stati Uniti sia cambiata dall’uscita di ChatGPT, avvenuta nel novembre 2022.

L’analisi si affianca ad altri studi recenti che forniscono prove iniziali dei possibili impatti dell’AI su specifiche professioni e sottopopolazioni, come i lavoratori all’inizio della carriera. Lo studio ha adottato una prospettiva più ampia, estendendo l’osservazione all’intero mercato del lavoro e ponendoci due domande principali.

  • Primo: il ritmo di cambiamento del mercato del lavoro in questi 33 mesi di transizione occupazionale è diverso rispetto ai periodi passati di introduzione di nuove tecnologie?
  • Secondo: esistono evidenze di effetti sull’occupazione a livello di intera economia?
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Variazione della percentuale di lavoratori in professioni esposte all’AI

Per rispondere, i ricercatori hanno confrontato la rapidità con cui la composizione delle professioni è cambiata – secondo diversi indicatori – dal lancio di ChatGPT, mettendola a confronto con le passate ondate di trasformazione introdotte dai computer e da Internet.

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Cambiamenti nella composizione occupazionale in diversi periodi di cambiamento tecnologico

Nel complesso, le metriche indicano che il mercato del lavoro nel suo complesso non ha subito una perturbazione significativa nei 33 mesi successivi al rilascio di ChatGPT, smentendo i timori che l’automazione tramite AI stia già erodendo la domanda di lavoro cognitivo su scala economica.

Anche se questo risultato può contraddire i titoli più allarmistici, non è sorprendente se consideriamo i precedenti storici. Tradizionalmente, i cambiamenti tecnologici di vasta portata negli ambienti di lavoro si manifestano nell’arco di decenni, non di mesi o anni. I computer, ad esempio, divennero strumenti comuni negli uffici quasi dieci anni dopo la loro introduzione sul mercato, e occorse ancora più tempo perché trasformassero davvero i flussi di lavoro.

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Cambiamenti nella composizione occupazionale rispetto ai recenti valori di riferimento

Anche se le nuove tecnologie di intelligenza artificiale dovessero avere un impatto altrettanto radicale – o persino maggiore – sul mercato del lavoro, è ragionevole aspettarsi che gli effetti diffusi richiederanno più di 33 mesi per manifestarsi.

Naturalmente, questa – come altre – analisi, non pretende di prevedere il futuro. È importante ricordare che gli impatti delle nuove tecnologie sono dinamici, e una semplice fotografia del presente non è sufficiente per determinare con precisione ciò che ci riserva il futuro.

Conclusioni

Sebbene l’ansia riguardo agli effetti dell’intelligenza artificiale sul mercato del lavoro contemporaneo sia diffusa, i dati indicano che tali timori restano in gran parte speculativi.
Secondo l’analisi, l’immagine che emerge dell’impatto dell’AI sull’occupazione è quella di una sostanziale stabilità, piuttosto che di una trasformazione dirompente su scala economica generale.

L’intelligenza artificiale generativa appare destinata a entrare nel novero delle tecnologie trasformative a uso generale, ma è ancora troppo presto per stabilire quanto essa possa risultare dirompente per i posti di lavoro.
La mancanza di effetti diffusi in questa fase iniziale ricorda il ritmo con cui si verificarono i cambiamenti nei precedenti cicli di rivoluzioni tecnologiche.

L’analisi sottolinea inoltre che individuare in anticipo le aree in cui si potrebbero osservare impatti significativi e continuare a monitorare mensilmente l’evoluzione del fenomeno aiuterà a distinguere le percezioni dai fatti concreti.

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