Un dispositivo di AI senza schermo e delle dimensioni di un palmo. E’ ciò a cui starebbero lavorando OpenAI e l’ex capo designer di Apple Jony Ive (Fonte: Financial Times). Il dispositivo dovrebbe captare segnali audio e visivi dall’ambiente fisico e rispondere alle richieste degli utenti.
OpenAI ha acquisito la società di Ive, io, per 6,5 miliardi di dollari lo scorso maggio, consolidando l’entrata del gruppo nel mercato dell’hardware.
Indice degli argomenti:
Le principali difficoltà tecniche
Nonostante il team di Ive abbia già lavorato sull’hardware e disegnato componenti, rimangono difficoltà rilevanti sul fronte software e infrastrutturale.
a) La “personalità” dell’assistente
Una delle sfide è definire come il dispositivo debba parlare e comportarsi: non dovrebbe “parlare troppo”, né essere troppo diretto o troppo “ossequioso”. Come lo definisce una fonte: il dispositivo non deve essere “la tua strana fidanzata AI”, ma piuttosto “un amico che è un computer” che sappia essere accessibile senza essere invadente.
b) Privacy e ascolto “always on”
Si ipotizza che il dispositivo sarà sempre attivo (always on), raccogliendo dati durante il giorno per costruire una sorta di “memoria” contestuale.
Tuttavia, questo modello pone questioni delicate: quando intervenire, cosa registrare, come proteggere i dati sensibili.
c) Potenza di calcolo e costi
Un nodo cruciale è avere sufficiente potenza di calcolo per far girare i modelli di OpenAI su un dispositivo di massa. Una persona vicina al progetto ha affermato: “La potenza di calcolo è un altro fattore enorme per il ritardo”.
OpenAI non è l’unica a scontrarsi con questa sfida: garantire un’infrastruttura che supporti modelli generativi avanzati su larga scala è una delle barriere più complesse per chiunque entri nel mercato dell’hardware AI.
Concorrenza, precedenti fallimenti e strategie
Il progetto di OpenAI non nasce in un vuoto competitivo. Alcuni tentativi simili hanno avuto scarsa fortuna.
- Humane AI Pin, dispositivo indossabile con funzioni di assistente AI, ha ricevuto recensioni critiche e alla fine è stato ritirato dal mercato. (Fonte: Wired)
- Jony Ive stesso ha criticato dispositivi come Rabbit R1 e Humane, definendoli “prodotti molto scadenti”. (Fonte: The Verge)
La sfida sarà non solo tecnica, ma di posizionamento: questo dispositivo potrebbe competere con smartphone, speaker intelligenti e altre forme di interazione AI.
OpenAI ha già reclutato decine di ex ingegneri Apple e tecnici hardware, e lavora con produttori cinesi – ad esempio Luxshare, azienda che assemblava iPhone e AirPods, che sembra essere coinvolta nell’assemblaggio di uno dei dispositivi.
Possibile slittamento del lancio e implicazioni finanziarie
Fonti vicine al progetto suggeriscono che la data di lancio prevista per il 2026 potrebbe slittare (Fonte: Engadget).
Le incertezze sul budget per la potenza computazionale e sui costi di produzione in massa sono considerate tra le cause principali.
Il successo commerciale del dispositivo è anche cruciale per giustificare la valutazione multimiliardaria di OpenAI.
Un dispositivo hardware riuscito può espandere la “catena del valore” di OpenAI, dall’AI come servizio al canale hardware+servizio. Ma se il prodotto fallisse oppure arrivasse tardi, i rischi reputazionali e finanziari sarebbero molto elevati.
Contesto più ampio: compute, chip e infrastrutture AI
Per sostenere modelli generativi complessi, OpenAI sta attivamente cercando di assicurarsi risorse hardware: l’azienda ha avviato accordi con produttori di memoria e chip per garantire forniture stabili.
In particolare, OpenAI ha stretto partnership con Samsung e SK Hynix per garantire decine o centinaia di migliaia di wafer di memoria per i suoi datacenter, in quello che è stato definito il progetto “Stargate”.
In parallelo, OpenAI collabora con Broadcom per progettare un proprio chip AI che possa ridurre la dipendenza da GPU Nvidia.
Questi sforzi confermano che la scalabilità dell’infrastruttura è tanto centrale quanto la progettazione del device fisico.
Prospettive e scenari futuri
Se il dispositivo riuscirà a diventare realtà, potrebbe introdurre una nuova generazione di interfacce AI “ambienti”, dove l’AI dialoga con l’uomo in modo naturale senza passare da uno schermo.
Tuttavia, il precedente dei progetti falliti mette pressione: gli utenti sono esigenti, e il confine fra utilità e invasività nel comportamento dell’assistente è sottile.
Se OpenAI riuscisse a bilanciare personalità, privacy e prestazioni, il dispositivo potrebbe segnare una svolta: un assistente discreto e potente su cui fare affidamento, al di fuori del modello smartphone. Al contrario, se emergesse come invadente o poco efficace, rischierebbe di essere relegato a curiosità costosa.







