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Il MIT usa l’AI generativa per progettare nuovi robot



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Utilizzando modelli di diffusione simili a quelli di DALL-E, i ricercatori hanno ottimizzato la struttura di un robot saltatore e di un glider subacqueo, migliorandone sensibilmente prestazioni e stabilità. I risultati, ottenuti attraverso simulazioni e stampa 3D, mostrano come l’AI possa non solo affiancare l’ingegno umano, ma proporre soluzioni strutturali del tutto nuove

Pubblicato il 17 lug 2025



MIT robot AI generativa

L’intelligenza artificiale generativa sta cambiando (anche) il modo in cui si progettano i robot. Al MIT CSAIL, ovvero il Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory del Massachusetts Institute of Technology (MIT) (ovvero il Laboratorio di Informatica e Intelligenza Artificiale del MIT) i ricercatori hanno sviluppato un nuovo approccio che permette ai modelli di diffusione – come quelli alla base di DALLE – di andare ben oltre la semplice generazione di immagini o video, spingendosi fino alla creazione di strutture fisiche funzionanti.

A partire da un semplice modello 3D, è ora possibile chiedere all’AI di modificare specifiche sezioni, simulare il comportamento meccanico dei risultati ottenuti, e infine stampare direttamente il robot finale senza necessità di ulteriori ottimizzazioni manuali.

Il robot saltatore del MIT: una lezione di fisica fatta di curve e motori

In uno dei progetti principali, i ricercatori hanno chiesto al modello di AI di migliorare un robot progettato per saltare in alto. Il risultato è stato sorprendente: il robot ottimizzato saltava in media circa 2 piedi – ovvero il 41% in più rispetto alla versione progettata dagli ingegneri. Sebbene visivamente i due prototipi fossero quasi identici, entrambi realizzati in acido polilattico (PLA) e compatti quando a riposo, le differenze strutturali si rivelavano cruciali.

Using generative AI to improve robots' jumping and landing abilities

Le giunture generate dall’AI non erano più dritte e rettangolari, ma presentavano una curvatura simile a quella di bacchette da batteria, in grado di accumulare energia elastica prima del salto. Il processo di progettazione ha coinvolto la generazione di 500 varianti iniziali, da cui i ricercatori hanno selezionato le migliori 12 in simulazione per aggiornare progressivamente il modello.

Dopo cinque iterazioni, è emersa una forma che, una volta stampata e installata sul robot, ha migliorato notevolmente le prestazioni.

Per ottenere anche una maggiore stabilità in fase di atterraggio, l’AI è stata incaricata di progettare un nuovo piede, ripetendo lo stesso ciclo di ottimizzazione. Il design finale ha ridotto le cadute dell’84%, secondo quanto riportato dal co-autore Byungchul Kim, che ha sottolineato come l’uso dei modelli di diffusione permetta di trovare soluzioni non convenzionali, difficilmente immaginabili per un ingegnere umano.

AI-Enhanced Automatic Design of Efficient Underwater Gliders (Director's cut)

Un glider subacqueo ispirato alla natura e disegnato dall’AI

Nel secondo progetto, realizzato in collaborazione con l’Università del Wisconsin–Madison, l’obiettivo era creare un robot subacqueo in grado di planare sott’acqua con il minimo dispendio energetico. All’AI sono state fornite oltre 20 forme idrodinamiche ispirate a balene, squali, mante e sottomarini. Il sistema ha generato centinaia di nuove forme ibride, che sono state simulate per valutare l’efficienza fluidodinamica.

I due design scelti – uno simile a un aereo con due ali, l’altro a un pesce piatto con quattro pinne – sono stati stampati in 3D e testati con successo in vasche e tunnel d’acqua.

Secondo Peter Yichen Chen, post-doc al CSAIL e co-lead del progetto, questo approccio permette di testare forme mai esplorate prima, riducendo drasticamente il lavoro manuale necessario per creare prototipi efficienti. Le diversità morfologiche esplorate dal sistema rappresentano un nuovo paradigma per la robotica ambientale e la raccolta dati in scenari marini.

Dalla sperimentazione alla produzione industriale: uno strumento versatile

Oltre al salto e alla planata, i ricercatori stanno già esplorando nuovi scenari applicativi per questa tecnologia. Il PhD student Tsun-Hsuan “Johnson” Wang immagina un futuro in cui sarà possibile descrivere in linguaggio naturale ciò che si desidera ottenere da un robot – come afferrare una tazza o usare un trapano – e lasciare che sia l’AI a disegnarne struttura e articolazioni.

I modelli di diffusione non solo progettano le parti, ma possono valutare automaticamente le performance in simulazione, fornendo output già pronti per la stampa 3D.

Il team sta inoltre valutando l’integrazione di nuovi materiali più leggeri, che potrebbero spingere i robot ancora oltre in termini di prestazioni. In parallelo, sono in corso esperimenti per inserire più motori, migliorare il controllo direzionale dei salti e affinare ulteriormente la stabilità in fase di atterraggio.

Tutto questo dimostra come l’AI non sia soltanto uno strumento creativo, ma anche un mezzo ingegneristico di ottimizzazione, capace di accorciare radicalmente il ciclo di progettazione e prototipazione.

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