ROBOTICA

L’avanzata dei robot: dalle fabbriche agli ospedali, chi li ama e chi li teme



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Stanno trasformando industrie, luoghi di cura e ambienti urbani con soluzioni automatizzate sempre più sofisticate. Dai cobot collaborativi ai robot umanoidi e canini, fino ai dispositivi per la sanità, l’evoluzione tecnologica promette efficienza e sicurezza, ma solleva anche interrogativi su impatti occupazionali, stress psicologico e convivenza uomo-macchina

Pubblicato il 27 mag 2025



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Nel 2025, la robotica ha raggiunto un punto di svolta storico. Secondo la International Federation of Robotics (IFR), il valore globale delle installazioni di robot industriali ha toccato un massimo storico di 16,5 miliardi di dollari, con oltre 4 milioni di unità operative nelle fabbriche di tutto il mondo . Questo boom è alimentato da una crescente domanda di automazione, spinta da carenze di manodopera, esigenze di efficienza e progressi nell’intelligenza artificiale.

I robot collaborativi, o “cobot”, rappresentano una parte significativa di questa crescita, con un aumento delle vendite di oltre il 20% anno su anno. Questi dispositivi, progettati per lavorare in sicurezza accanto agli esseri umani, stanno rivoluzionando l’industria manifatturiera, rendendo l’automazione accessibile anche alle piccole e medie imprese.

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Parallelamente, i robot specializzati per compiti specifici stanno attirando investimenti significativi, grazie alla loro efficienza e costi contenuti . Mentre i robot umanoidi, sebbene ancora in fase sperimentale, promettono di affrontare le sfide legate alla carenza di manodopera in settori come la logistica e l’assistenza agli anziani .

Questa trasformazione non riguarda solo l’industria, ma si estende anche alla vita quotidiana, con robot domestici sempre più presenti nelle case e robot sanitari che supportano il personale medico negli ospedali. Tuttavia, l’adozione crescente della robotica solleva anche interrogativi su impatti occupazionali, stress psicologico e la necessità di una convivenza armoniosa tra uomo e macchina.

L’avanzata dei robot collaborativi

I cobot, o “robot collaborativi“, sono robot industriali progettati per lavorare in sicurezza a fianco degli esseri umani. A differenza dei robot tradizionali – grandi, costosi e spesso recintati per motivi di sicurezza – i cobot sono più piccoli, economici e flessibili. Dotati di bracci articolati, possono incollare, saldare, assemblare componenti elettronici o confezionare farmaci, senza richiedere la presenza di programmatori specializzati.

Fonte: IFR

Il primo cobot risale alla metà degli anni ’90, frutto del lavoro di due professori della Northwestern University, e ha trovato ampia diffusione solo un decennio dopo. Oggi rappresenta l’11% dei robot industriali installati nel 2023, secondo la International Federation of Robotics. Le vendite annue si aggirano sui 3 miliardi di dollari, con una crescita stimata oltre il 30% annuo fino al 2030.

“Ora sono molto più diffusi, li vediamo nelle PMI, nelle multinazionali, nei produttori di apparecchiature originali, in molteplici applicazioni”, afferma Ben Morgan dell’Advanced Manufacturing Research Centre (AMRC).

I cobot possono essere montati su piani di lavoro e sono dotati di sensori in grado di bloccarne il movimento se ostacolati da persone o oggetti, rendendo superflue le barriere di sicurezza. Alcuni modelli si programmano con touchscreen o con manipolazione diretta, stile stop-motion. “I cobot aiutano a migliorare produttività, qualità e coerenza con un’integrazione meno invasiva e più economica rispetto ai robot tradizionali”, spiega Susanne Bieller dell’IFR.


Robot in corsia: alleati contro la carenza di personale sanitario

Nei reparti ospedalieri americani, la carenza cronica di personale ha favorito l’introduzione di robot come Moxi, sviluppato da Diligent Robotics. Alto circa 120 cm, con un braccio e occhi LED a forma di cuore, Moxi effettua attività logistiche come il trasporto di medicinali tra reparti, liberando i sanitari da compiti non clinici.

“Stiamo solo automatizzando il passaggio di consegne tra due persone”, dice Andrea Thomaz, CEO di Diligent. Dotato di sensori, un braccio per aprire porte o premere pulsanti e scomparti di stoccaggio, Moxi è attivo in 30 ospedali USA.

Fonte: IFR

Secondo Kate McAfoose di Chang Robotics, “l’automazione di questi compiti può liberare fino al 40% della giornata di un’infermiera”. In un contesto di invecchiamento globale e aumento della domanda sanitaria, questi robot possono diventare essenziali per sostenere le strutture.

Phil Zheng, di Richtech Robotics, ritiene che nei prossimi cinque anni sarà comune vedere robot automatizzati consegnare pasti, pulire pavimenti o raccogliere rifiuti. E anche se la robotica in ambito clinico è ancora agli albori, la chirurgia robot-assistita è una realtà consolidata. “Dal punto di vista del paziente può sembrare fantascienza, ma si tratta sempre di chirurgie assistite, con un medico dietro il robot”, rassicura Mike Marinaro, vicepresidente esecutivo di Medtronic.


Robot umanoidi: promesse e perplessità

I robot umanoidi – bipedi e dall’aspetto umano – stanno emergendo come nuova frontiera per l’automazione industriale. Aziende come Agility Robotics, Boston Dynamics, Tesla e Figure li stanno testando in ambienti come magazzini Amazon e fabbriche BMW.

“Gli umanoidi collegano tra loro isole di automazione esistenti”, afferma Melonee Wise di Agility Robotics. Gli analisti della Bank of America prevedono 1 milione di umanoidi in funzione entro il 2030. Tuttavia, si discute se la loro forma sia davvero necessaria. ABB, per esempio, preferisce robot su ruote, come Yumi, che possono navigare grazie a telecamere.

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Le preoccupazioni principali riguardano l’impatto occupazionale. Secondo McKinsey, entro il 2030 tra 400 e 800 milioni di lavoratori potrebbero essere sostituiti dall’automazione, un quarto dei quali necessiterà di riqualificazione. Tuttavia, in settori in difficoltà come la manifattura, la carenza di manodopera rende questi robot preziosi. “Gli umani scarseggiano”, sottolinea Ken Goldberg dell’Università di Berkeley.

Agility offre i suoi umanoidi in modalità robot-as-a-service, abbattendo i costi iniziali. E come il robot Proteus di Amazon, questi nuovi automi possono lavorare senza barriere, grazie a visione artificiale e machine learning.


I robot cane: affidabilità su quattro zampe

I robot dog, come Spot di Boston Dynamics, si stanno moltiplicando in contesti che vanno dalle linee di produzione ai campi di battaglia. Nati come curiosità tecnologiche (vedi il Sony Aibo), oggi vengono usati per ispezioni industriali, ricerca post-catastrofe, smaltimento esplosivi e controllo ambientale.

Spot, ad esempio, viene utilizzato da GSK per monitorare serbatoi di propellente nei suoi impianti. Altri modelli operano in Cina, Singapore e negli Stati Uniti, dove sorvegliano persino resort come Mar-a-Lago. Ma l’uso militare solleva timori etici: robot canini armati sono apparsi in esercitazioni cinesi e sul campo in Ucraina.

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La tecnologia avanza: un team cinese ha creato un cane robotico anfibio capace di nuotare imitando le zampe dei mammiferi. “Questa innovazione segna un grande passo avanti nella progettazione di robot ispirati alla natura”, ha dichiarato Yunquan Li.


L’impatto psicologico del lavoro con i robot

Nonostante le promesse di alleggerire compiti gravosi, la convivenza con i robot può avere effetti psicologici negativi. Jessica, un’ex dipendente Amazon, racconta: “Fisicamente il lavoro era più leggero, ma era incredibilmente noioso e stressante”. Dopo meno di un anno in un magazzino automatizzato, ha preferito tornare in un centro meno robotizzato.

Uno studio dell’Università di Groningen ha rilevato che i lavoratori in ambienti automatizzati sentono meno significato nel proprio lavoro. “C’è un aumento di compiti monotoni e ripetitivi, con minore autonomia”, spiega Milena Nikolova, autrice della ricerca. Anche Eurofound e studi in Cina confermano un maggiore stress mentale.

“Più automatizziamo, più i ruoli rimasti tendono a perdere qualità”, osserva Matt Beane, esperto di robotics a UC Santa Barbara. Persino piloti e chirurghi riferiscono che l’uso della robotica, pur aumentando la sicurezza, rende il lavoro più noioso.

Per Nikolova, la chiave è coinvolgere i lavoratori nel design dei sistemi automatizzati e puntare su formazione e riqualificazione: “Non si tratta solo di sostituire l’uomo, ma di creare nuove sfide e opportunità che oggi nemmeno immaginiamo”.

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