Lo State of Tech Talent Report 2025 di SignalFire arriva in un momento in cui il mondo del lavoro, già in profonda trasformazione, vive un’accelerazione senza precedenti grazie all’intelligenza artificiale generativa (GenAI). Più che un semplice cambiamento, stiamo assistendo a una vera e propria ristrutturazione del sistema lavorativo: competenze, ruoli, modelli organizzativi e logiche di collaborazione vengono ridefiniti in tempo reale
Il report fornisce una fotografia nitida delle nuove dinamiche del talento nell’epoca dell’AI. Tra i molti insight, tre evidenze risultano particolarmente rilevanti per comprendere come costruire team operativi in cui umani e agenti intelligenti coesistano e collaborino efficacemente.
Indice degli argomenti:
State of Tech Talent Report 2025: retention vs. attrazione, la nuova sfida del talento AI
Un dato emblematico del report riguarda i flussi migratori tra OpenAI e Anthropic: il rapporto di 8 a 1 a favore di Anthropic indica con chiarezza che trattenere i talenti oggi è molto più difficile – e molto più strategico – che attrarne di nuovi.
E il motivo non è solo economico. I lavoratori dell’AI non si spostano unicamente per stipendi più alti, ma per autonomia professionale, chiarezza dei percorsi, cultura valoriale. Le nuove generazioni cercano ambienti meno gerarchici, dove il titolo ha meno importanza rispetto alle competenze reali e dove il pensiero indipendente è incoraggiato, non ostacolato.
Chi sviluppa AI Agent per integrarli nei team deve imparare questa lezione: la cultura aziendale deve evolversi di pari passo con la tecnologia. Gli agenti intelligenti possono aumentare la produttività e velocizzare i processi, ma non possono compensare la perdita di capitale umano strategico, soprattutto se l’ambiente di lavoro non è coerente con le aspettative professionali e valoriali delle persone.
Inoltre, i migliori strumenti di GenAI dovrebbero essere progettati non per sostituire, ma per potenziare il lavoro umano, liberando tempo dai compiti ripetitivi e a basso valore, per permettere alle persone di dedicarsi ad attività più strategiche, relazionali e creative.

Il ritorno del generalista: l’agilità come vantaggio competitivo
Dopo anni in cui l’enfasi era posta sui profili altamente specializzati, oggi il mondo del lavoro sta riscoprendo il valore del generalista: quel professionista capace di muoversi nell’ambiguità, apprendere rapidamente e soprattutto collaborare con l’AI in modo efficace e consapevole.
La GenAI ha infatti democratizzato molte competenze tecniche: scrivere codice, sintetizzare contenuti, analizzare dati – attività prima riservate agli esperti – sono ora accessibili anche a chi ha una formazione non tecnica, purché sappia come interagire con gli agenti AI.
La skill più richiesta oggi non è più solo il saper fare, ma il saper chiedere: costruire prompt efficaci, validare gli output, integrare i risultati nei processi. In questo scenario, i team più efficaci non sono necessariamente quelli con i migliori specialisti, ma quelli con generalisti agili capaci di orchestrare le capacità degli agenti intelligenti e guidare il flusso decisionale.
Adottare una logica human-first, in cui la persona resta al centro delle decisioni e l’AI agisce come amplificatore delle capacità umane, consente di riqualificare i talenti esistenti e ampliare la diffusione dell’AI in azienda, senza creare fratture culturali o operative.

Non solo ruoli persi: stanno nascendo nuove professioni
Il dibattito pubblico tende spesso a concentrarsi sul rischio di perdita dei posti di lavoro causata dall’intelligenza artificiale. Il report invita a cambiare prospettiva: non stiamo solo perdendo ruoli, ne stiamo creando di nuovi, spesso con un livello di specializzazione e responsabilità inedito.
Alcuni esempi significativi:
- AI Governance Lead: responsabile della definizione di policy etiche, audit, compliance e responsabilità delle soluzioni AI.
- Agentic AI Engineer: ingegnere che sviluppa agenti autonomi capaci di interagire con ambienti dinamici e complessi.
- Non-Human Security Ops Specialist: professionista che si occupa della sicurezza e del controllo delle attività delle AI operative.
Questi non sono ruoli futuristici, ma risposte pratiche a nuove esigenze operative. Ogni volta che un AI Agent viene inserito in un processo, è necessario che qualcuno supervisioni, controlli e adatti il suo comportamento al contesto specifico.
Ma il vero cambiamento non è solo nei job title, ma nel modello ibrido che questi ruoli abilitano: team misti, dove persone e AI lavorano fianco a fianco, con processi progettati per la co-esecuzione, non per la sostituzione. In questo nuovo paradigma, l’AI non rimpiazza il knowledge worker, ma lo potenzia, liberandolo da overload informativi, iterazioni ridondanti e task cognitivi a basso valore.
Conclusione: coltivare una nuova cultura del lavoro
Il valore della GenAI non risiede solo nella potenza del codice, ma nella capacità di integrarsi intelligentemente con il lavoro umano. I dati dello State of Tech Talent Report 2025 confermano che stiamo entrando in una nuova fase evolutiva: il talento non si misura più solo in termini di competenze tecniche, ma in base a adattabilità, collaborazione e visione sistemica.
Le evidenze che raccogliamo quotidianamente dialogando con risorse operative, manager e top executive dell’industria del software confermano quanto queste dinamiche siano particolarmente acute nel nostro settore.
L’adozione accelerata della GenAI sta ridefinendo modelli organizzativi consolidati e profili professionali in tempi record, rendendo indispensabile un approccio strategico alla gestione del cambiamento che privilegi l’evoluzione culturale rispetto alla mera implementazione tecnologica.
Il futuro del lavoro è ibrido, e costruirlo in modo sostenibile richiede:
- team progettati per la co-esistenza uomo-AI,
- governance che valorizzi l’autonomia e l’etica,
- ambienti in cui il talento venga coltivato, trattenuto e sviluppato, non semplicemente sostituito.
L’intelligenza artificiale può – e deve – diventare una leva per elevare il potenziale umano, ma ciò sarà possibile solo se le aziende sapranno evolvere le proprie culture, i propri modelli organizzativi e le proprie logiche di leadership con la stessa rapidità con cui evolve la tecnologia.






